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La storia non si congeda

La storia non si congedaTUTTO mercato WEB
© foto di Giuseppe Celeste/Image Sport
lunedì 24 ottobre 2011, 19:302011
di Alessio Calfapietra

E' sin troppo facile sostenere che chiunque ami il bel calcio sia allo stesso tempo un ammiratore di Alessandro Del Piero, ma si tratta della pura e semplice verità. Colui che l'avvocato Agnelli svariati anni fa soprannominò "Pinturicchio" in omaggio al pittore rinascimentale, riesce a mettere d'accordo anche i piu' feroci avversari della Juventus, perchè anche chi odia i colori bianconeri è costretto ad ammettere che Del Piero è un grandissimo giocatore. L'unanimità dei consensi diventa assoluta se si considera il suo carattere e il comportamento mostrato in tutti questi anni. Mai una parola fuori posto o un comportamento inadatto, nessun pettegolezzo sulla vita privata. E' impossibile provare antipatia per l'uomo Del Piero, e nel vasto mare affollato di campioni altezzosi e irritanti, il numero dieci bianconero costituisce la mosca bianca per eccellenza.
Se quel maledetto pomeriggio di Udine di quasi 13 anni Del Piero non avesse subìto un gravissimo infortunio al ginocchio sinistro, la sua carriera sarebbe stata ai livelli di fuoriclasse assoluto.
L'Alex nazionale è stato bravissimo nel recuperare, là dove molti si sarebbero arresi, ma il lungo periodo di riabilitazione ed il lento ritorno alla normalità ne ha forse compromesso l'ascesa al Gotha calcistico, anche se come giustamente nota il diretto interessato, da allora la sua media realizzativa è aumentata ed alla fine anche lui ha smesso di chiedersi "perché sono andato su quella palla, a Udine, e capisco che in fondo doveva andare così".
Abbiamo spesso ripetuto che nel calcio il passato conta relativamente e di certo non quanto il presente e sopratutto il futuro. Nessuna società deve sentirsi obbligata a tenere in organico un campione dal curriculum lussuoso ed il rendimento in picchiata, la riconoscenza non ha troppo spazio in un mondo dove gli interessi economici sono ingenti. Ma non è questo il caso, perchè Del Piero può ancora dare molto alla squadra e non si limiterebbe ad una sbiadita rappresentazione di se stesso nelle vesti di testimonial del nuovo stadio. Lascia dunque perplessi l'annuncio di Andrea Agnelli sull'ultimo anno in bianconero del calciatore. Per la tempistica, per il modo, per la sostanza. Non bastano gli omaggi formali alla carriera di Alex, visto che l'unico omaggio comprensibile sarebbe stata la sua conferma ad oltranza. I sei minuti concessi contro il Genoa ricordano tanto - pur con i dovuti distinguo - il celebre minutaggio di Rivera durante la finale di Città del Messico nel 1970. "La storia non si congeda" è una delle molte frasi d'amore che i tifosi hanno rivolto alla dirigenza torinese, una storia lunga 18 anni e che nemmeno la retrocessione ha interrotto, iniziata il 12 settembre 1993 (giorno del debutto in serie A contro il Foggia) e che deve essere al di sopra di qualsiasi opera di svecchiamento. Questa Juventus che aspira legittimamente a riprendersi la serie A non può infatti prescindere da Del Piero, nonostante le 37 primavere incombenti e il naturale declino fisico che ne suggerisce un utilizzo meno costante. Dall'alto della sua classe dentro e fuori dal campo, Del Piero non ha ancora rilasciato commenti sulla vicenda, e abbiamo potuto ascoltare la sua voce solo in occasione del tristissimo messaggio per la morte di Simoncelli. Il suo futuro è lontano dall'Italia, perchè un ritorno a Padova è improponibile ed all'estero la figura di Del Piero riscuote un successo enorme, come per esempio negli Usa e in Giappone. Il giocatore saprà gestire al meglio questo lungo arrivederci alla "Vecchia Signora" e non farà mancare il suo contributo in un attacco dalle troppe voci che fa media con una difesa a dir poco sguarnita.

Ha un anno in meno, di professione non fa l'artista ma piuttosto il bomber spietato, e nel suo ruolo è tra i migliori visti in Italia nell'ultimo decennio. Anche Parma si interroga sul destino di Hernan Crespo, un altro campione dalla carta di identità severa ma che conserva ancora molta benzina nel serbatoio. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un professionista esemplare accompagnato ad un carattere ben al di sopra della media delle solite star capricciose e indolenti. Gli spazi per lui in prima squadra si stanno riducendo considerevolmente, sino all'esclusione contro l'Atalanta capitata dopo - semplice coincidenza temporale - le sue dichiarazioni, e lo stesso argentino sta valutando l'ipotesi di salutare la società a lui piu cara in Europa per andare a confrontarsi in campionati meno impegnativi. Il legame tra Crespo e il Parma è forte e duraturo, in questo caso è il giocatore a volersi smarcare per ragioni anagrafiche, ma prima di allora non mancherà di regalare alla piazza il centesimo goal con la maglia crociata, l'ultimo gesto prima di un arrivederci proiettato a breve termine, visto che per lui è pronto un posto da dirigente nel club ducale da occupare fra un paio d'anni.

Dopo avervi parlato di due campionissimi che hanno allietato le domeniche calcistiche di molti tifosi, concludiamo accennando ad un ragazzo che di platee ne ha infiammate ben poche e che probabilmente non sarà mai in grado di farlo. Nel 2003 l'informazione sportiva di tutto il mondo era letteralmente impazzita nel seguire le sorti di Freddy Adu, ragazzino 14nne di origini ghanesi che aveva appena esordito nella Major League americana e che, stando alle cronache di allora, praticamente ogni grande squadra voleva ingaggiare a tutti i costi.
Basta dare una rapida occhiata ai media dell'epoca per leggere l'aggettivo "fenomeno" associato all'imberbe trequartista praticamente ovunque. Viene da chiedersi chi fra quei giornalisti avesse realmente visto giocare Adu e chi si limitasse a seguire la moda del momento in un perverso gioco mediatico che, ad oggi, può essere considerato una vera e propria montatura. Una volta mi presi la briga di guardare il novello Ronaldo in azione negli States, e rimasi abbastanza turbato dal fatto che questo presunto fenomeno non avesse toccato palla nel corso dell'intera partita. Come è noto, non si può guidicare un calciatore da una sola gara, e infatti, al momento del tanto sospirato arrivo in Europa nel 2007, prima il Benfica (a parte qualche isolato sprazzo), poi - in un vorticoso giro di prestiti - Monaco, Belenenses, Aris Salonicco (che lo mette fuori rosa per sei mesi) e infine il Rizespor nella serie B turca, hanno avuto modo di verificare come Adu fosse quanto di piu' lontano possibile dal concetto di fenomeno, tanto che la scorsa estate il club lusitano lo ha svincolato senza batter ciglio permettendogli di tornare in America. Forse Adu è un acuto studioso di lingue, difatti in greco antico il termine "fenomeno" indica qualcosa che appare e si manifesta. Adu è stato oggetto di un gigantesco battage pubblicitario, e in questo senso ha avuto modo di apparire e di essere, a suo modo, un fenomeno della comunicazione di massa.