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Roma non fu distrutta in un sol giorno

Roma non fu distrutta in un sol giorno TUTTO mercato WEB
© foto di Alberto Fornasari
mercoledì 14 dicembre 2011, 00:002011
di Alessio Calfapietra
Sta per tornare online la tabella del calciomercato, uno strumento indispensabile per essere aggiornati h24 sui movimenti invernali!

Sin da quando ha iniziato la scalata al club giallorosso, Thomas DiBenedetto ha puntualmente rassicurato i tifosi della Roma sul fatto che la squadra sarebbe stata altamente competitiva dal punto di vista tecnico e manageriale. Lo scorso luglio, con gli osservatori un pò disorientati dal continuo slittamento della firma definitiva, il finanziere americano ha fatto presente il vecchio motto secondo il quale "Roma non fu fatta in un sol giorno". E non è stata una citazione a vuoto: visto che il lasso di tempo da quando il leggendario Romolo ha posto la prima pietra e la città che ne ha preso il nome è diventata capitale del mondo e "maestà" (come la definì E.A.Poe) non è stato certo di poche ore. Ma è vero anche il contrario, visto che Roma non è stata distrutta in un giorno, ma il suo ruolo è stato semmai deteriorato da decenni, per non dire secoli, di invasioni barbariche, amministratori inetti, imperatori fuori di testa, carestie e non da ultimo il timbro della religione cristiana. E anche se la città non è stata materialmente spazzata via, è comunque sopravvissuta come una parodia di se stessa, soggiogata da mano straniera e dal MedioEvo che da quelle parti è stato ancora piu' buio che da altre.

La Roma calcistica non si può ricondurre alla gloria della sua città, alla luce del palmares di Trigoria piuttosto esiguo a livello nazionale e praticamente vuoto in ambito internazionale, ma la società può vantare comunque il suo peso all'interno del movimento calcistico italiano. E i tifosi hanno le loro giuste e sacrosante aspettative.
Fino ad ora, il progetto americano ha dato frutti molto scadenti e non le ha certo rispettate. Travagliato sin dalla sua ideazione e dalla messa in opera, incentrato sulla questione stadio e fair play finanziario, sono stati necessari nove mesi (da novembre ad agosto) per formalizzare il passaggio di consegne e creare un assetto societario, tra l'altro già finito in discussione e pronto ad essere sensibilmente modificato nelle prossime ore.
A Roma si sono rincorsi sussurri e grida circa le dimissioni del presidente DiBenedetto, puntualmente smentite ma che danno comunque il segno di come la gestione della società sia tutt'altro che lineare. L'Unicredit, che a Trigoria fa sentire ancora la sua presenza, è contraria al ricco stipendio riservato a DiBenedetto, superiore a quello concesso a suo tempo a Rosella Sensi e già materia di fortissime polemiche.
A proposito dell'ex presidentessa, ora assessore al Comune, le sue recenti dichiarazioni (Credo di aver lasciato una Roma con debiti ma una societa' sana, con giocatori importanti) meriterebbero una riflessione a parte su come un'azienda possa essere sana e al contempo oberata di debiti - un passivo che ha rischiato di far saltare l'acquisto della cordata americana - ma non è questo il luogo.

Il duo Baldini-Sabatini è un'accoppiata vincente, ma finora lo è stato solo sulla carta. Al primo, operativo da alcune settimane, si rimproverano ancora le accuse alla pigrizia di Totti, mentre il Direttore Sportivo sta facendo i conti con una campagna acquisti dispendiosa e poco produttiva. La Sensi ha parlato di giocatori importanti lasciati in eredità, a tal proposito non era possibile rinnovare il contratto di Mexes? E' stato detto che era troppo tardi per portare avanti una nuova trattativa con il difensore francese, ma se i primi contatti fra Unicredit e Boston sono partiti nel novembre 2010, all'epoca c'era tempo e modo per iniziare un discorso sul mantenimento degli asset della squadra, ma non è stato fatto.
Così come Menez e Vucinic hanno lasciato la Capitale con troppa facilità, l'ambiente era divenuto loro ostile ma al contempo era necessario incassare piu' denaro dalla partenza di due campioni (23 milioni il totale incassato, una miseria). Sul fronte arrivi, la società ha speso 80 milioni di euro, piu' di Inter e Milan messe insieme, soltanto la Juventus ha sborsato una cifra superiore in Italia. Questa mole di denaro non ha però coinciso con risultati all'altezza sul campo. Se Osvaldo sta giustificando il costo del cartellino dal punto di vista tecnico, lo sta però svalutando con una serie di comportamenti inaccettabili, dei quali il pugno a Lamela è il caso piu' eclatante, Pjanic ha alternato buone partite ad altre incolori, Bojan sta invece alimentando il sospetto che le lodi ricevute da minorenne ne abbiano ostacolato la crescita e che il Barcellona non se ne sia liberato a caso. Le performances di Kjaer rendono giustizia agli sforzi del Wolfburg di privarsene ad ogni costo, Heinze ha confermato di essere sul viale del tramonto anche se ieri contro la Juventus ha disputato una grandissima partita. Lamela ha classe e tecnica ma è ancora acerbo e deve trattenere certi suoi atteggiamenti, in ogni caso non vale ancora i 17 milioni di euro complessivi garantiti dalla Roma al River Plate.
Dopo un buon avvio, Josè Angel sta subendo una preoccupante involuzione, Stekelenburg si sta confermando un buon portiere e Borini ha ancora moltissima strada da fare. Fernando Gago ha avuto sinora un rendimento accettabile. La Roma correggerà qualcosa a gennaio, allontanando i giocatori ai margini della squadra, Borriello su tutti pur se l'handicap di aver giocato in Coppa ne riduce sensibilmente il mercato, Simplicio, Greco e Cicinho che ha già annunciato (o forse promesso) di voler andare via. l'Amministratore Delegato Fenucci ha fatto sapere che non vi saranno prestiti semestrali, ma solo acquisti utili per il tanto decantato progetto, di certo orientati alla difesa numericamente molto limitata. I nomi ipotizzati hanno suoni esotici come Paulinho del Corinthians, un giocatore che richiama per ruolo e caratteristiche il connazionale Casemiro a lungo cercato da Sabatini, o provengono dai Balcani come Nemanja Tomic (un cognome che a Roma ha dei pessimi precedenti) del Partizan Belgrado, e il difensore croato Marko Leskovic, in questo caso il proverbiale scouting di Sabatini può fare la differenza. Il promettentissimo attaccante Nicolas Lopez, mancino uruguaiano classe 1993, è stato già acquistato nei mesi scorsi e da gennaio verrà gradualmente inserito in squadra.

Ma sono discorsi che vanno a scontrarsi con il vero nervo scoperto, vale a dire il rinnovo di Daniele De Rossi. Baldini ha da poco spiegato che non è il momento per parlare di questo contratto, però siamo a metà dicembre e le parti non registrano un significativo avvicinamento. Il centrocampista, tornato ai suoi standard dopo un anno abbondantemente sotto tono, è stanco dell'ambiente romanista ed è combattuto dall'amore che prova per la piazza e i colori che lo hanno lanciato nel grande calcio. Dall'altra parte della Manica, il Manchester City ha già predisposto per lui un contratto da nove milioni a stagione, una cifra che sedurrebbe qualunque giocatore al mondo, Roberto Mancini vuole fortemente De Rossi e non si arrenderà. Qualunque sia la conclusione della vicenda, una grande squadra, o una che aspira a diventarlo, non può ridursi agli ultimi giorni per decidere il destino di uno dei suoi elementi piu' rappresentativi, o "Capitan Futuro", il soprannome che lo rincorre sin da quando ha esordito in prima squadra nell'ormai remoto 2003, dovrà presto cambiare nome.
Non abbiamo dimenticato Luis Enrique, il tecnico giunto nella Capitale per stupire tutti e portare il verbo catalano nel vecchio e mai innovato calcio tricolore. Con una certa presunzione, l'asturiano ha piu' volte ripetuto che mai e poi mai avrebbe cambiato la sua idea di calcio offensivo e il mantra catalano del 4-3-3 di base. E infatti la Roma si è presentata con 16 formazioni diverse - andando oltre quanto imposto dai vari infortuni - e almeno sei elementi hanno cambiato ruolo tre volte. Quando i giallorossi hanno impostato un gioco d'attacco secondo il credo dell'allenatore, ne è scaturito un calcio per lo piu' sterile e ragionato, quando invece si è provato a impostare una gara sulla difensiva come al Friuli, l'Udinese ha vinto giocando di rimessa. La vetta dista 12 lunghezze, i cugini laziali dieci, anche se nessuno ha preteso nè promesso una lotta al vertice sin dal primo anno perchè con la linea verde, per definizione, è difficilissimo vincere.
E' curioso notare come un altro giovane allenatore, Vincenzo Montella, ha ottenuto con il Catania, il cui organico costa circa un ventesimo di quello capitolino, gli stessi punti della Roma, e che esattamente sei mesi fa Montella è stato lasciato andare via senza nessuna remora da Trigoria per inseguire oltre confine il sogno blaugrana. Nonostante tutto, il motto ricorrente del non essere mai schiavi del risultato, ha prodotto una grande tolleranza da parte del pubblico romanista, accompagnata al larghissimo credito concesso alla nuova dirigenza. Ma la pazienza dei tifosi è sulla via dell'esaurimento, come la fiducia quasi universale riversata nella società. Perchè i modelli sono difficilmente esportabili, e qui in ballo ve ne sono due. La managerialità statunitense, fino ad ora contraddetta dai fatti, e il calcio secondo l'insegnamento del Barcellona. L'Italia, nel bene o nel male, è un'altra cosa, e sarà meglio che il trend cambi quanto prima perchè "Roma non fu distrutta in un sol giorno", ma con il tempo e gli sbagli strutturali, il rischio che venga deposto l'ultimo imperatore romano potrebbe riaffacciarsi di colpo.