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esclusiva

Il tifoso Mario Ferri: "Ecco perché mi chiamano Falco"

ESCLUSIVA TMW - Il tifoso Mario Ferri: "Ecco perché mi chiamano Falco"TUTTO mercato WEB
© foto di Imago/Image Sport
lunedì 7 luglio 2014, 14:002014
di Luca Esposito

Primo luglio: Mario Ferri, il tifoso italiano di origine pescarese noto come "Falco" e conosciuto per le sue "invasioni" di campo entra in azione anche a Salvador, in Brasile, dove si sta giocando Belgio-Stati Uniti. Vuole trasmettere due messaggi di solidarietà, ci riesce, ma per lui ci sarà l'espulsione dal Paese sudamericano: non potrà rimetterci più piede per cinque anni. Le regole della FIFA sono tassative, ma il Falco non si pente degli slogan, anche se dal suo punto di vista riconosce che qualcosa avrebbe potuto essere evitato. Tuttavia alcuni attestati di stima lui li ha ricevuti: ecco le sue sensazioni rese ai microfoni di TuttoMercatoWeb.com.
Signor Ferri, a distanza di alcuni giorni è pentito del gesto che ha fatto in occasione della partita Belgio-Stati Uniti a Salvador?
"Assolutamente no, perché portavo dei messaggi che era importante far vedere alle persone che vedevano quella partita".
Ci può descrivere i messaggi che ha voluto diffondere in diretta mondiale?
"Il primo messaggio era 'Save Favelas Children', legato a una mia esperienza personale già trascorsa l'anno scorso: nelle favelas ho vissuto la povertà, ho vissuto parecchie cose che non vanno, e in questo momento sono un po' un protestatore nei confronti della FIFA, che ha calpestato la dignità dei brasiliani. Sono stati spesi tanti di quei soldi per gli stadi e la realtà è tutt'altra cosa, perché ci sono delle persone che muoiono a fianco di questi stadi. Non che io risolva qualcosa, ma un gesto goliardico (che è molto mediatico) è stato parecchio apprezzato dagli abitanti brasiliani. E poi il secondo motivo era la scritta 'Ciro Vive', che è una dedica al ragazzo che tutti conoscono: è stato vittima occasionale di un teppista, aveva la mia età, e gli ho voluto fare una dedica, cosa che magari qualche giocatore della Nazionale, o la Lega, avrebbe potuto fare. Per questo ragazzo c'è stato poco spazio, e ho voluto mandare un messaggio positivo".
Ritiene dopo questo gesto di essersi fatto più amici o più nemici?
"Ho due amici da quando avevo dieci anni, quelli rimarranno tali. Sicuramente mi sono fatto tanti amici a Napoli perché l'affetto che mi hanno dimostrato in questi giorni, soprattutto le dichiarazioni della madre di Ciro, cancellano qualsiasi tipo di parola negativa che mi possa arrivare da un giornale o da qualsiasi altra persona".
Venerdì c'è stato il processo di cui i nostri giornali hanno parlato? Dicevano che il certificato era falso.
"E' un dovere chiarirlo. Ho cercato di farlo sapere ai miei amici su Facebook: non c'è stato nessun processo, ma c'è stato l'allontanamento dal Brasile, allontanamento coatto per cinque anni, non posso tornarci più, quindi il processo non ci sarà mai. Però la questione del certificato falso da invalido e del biglietto da invalido è una bugia, posso dimostrarlo, perché ho pubblicato su Facebook le foto del biglietto che era normale. Ho sbagliato a usare una sedia a rotelle per entrare, ma ho l'attenuante di non aver tolto il posto a nessun invalido e che è stato solo per quei cinque minuti in cui ho avuto la possibilità di arrivare a bordocampo. Il documento falso è una cavolata, un'immagine fatta con Photoshop da qualcuno, perché sfido ognuno di voi a pensare che la FIFA possa accettare un documento falso o fotocopiato: esigono un documento vero. E il biglietto che avevo era normalissimo".
Le attribuiscono questa frase, "La stampa italiana si deve vergognare di aver nascosto tutti i crimini che ci sono stati in Brasile, per incentivare le persone a partire per il mondiale brasiliano": le chiedo se l'ha detto e quali sarebbero questi crimini che i giornalisti italiani non avrebbero riferito.
"Confermo quello che ho dichiarato, questi crimini sono agli occhi di tutti. Come ho detto prima, la FIFA è stata complice del governo brasiliano, ma non sono solo io a dirlo: se parlate con qualsiasi brasiliano, adesso è attualità. Hanno calpestato la dignità di quel popolo espropriando case e facendo violenza contro chi protestava in totale tranquillità.

La FIFA è secondo me una mafia, perché è l'unica che ha guadagnato in questo Mondiale: non c'è un solo brasiliano che sia contento".
Non teme che il suo gesto possa aver inficiato anche l'immagine degli italiani all'estero in generale? Già non siamo molto ben visti a causa di vari luoghi comuni...
"Penso che non sia così: del mio gesto si è parlato in Italia ma se n'è parlato ancora di più in Brasile. Da una parte c'era il governo brasiliano, o chi doveva decidere la mia punizione, ma dall'altra parte c'erano anche le persone che avevano protestato e che stanno male, ed erano dalla mia parte. Una persona è partita dall'Italia e ha fatto un gesto per loro. Di certo l'Italia non è che abbia un'immagine sbagliata all'estero per colpa mia, magari ce l'ha per la mafia, per i nostri politici che ci prendono in giro... Non certo per un ragazzo di ventisei anni che ha fatto un gesto spontaneo, di felicità, giusto o sbagliato che sia. Non si deve fare, ma non è una cosa così grave da vederla in maniera così negativa".
Checché se ne dica, è pur sempre un Paese turistico il Brasile. Non so se lei dopo la fine dei cinque anni di espulsione un giorno ci ritornerà...
"Assolutamente sì. Il Brasile ha delle donne bellissime, è un posto favoloso, lo consiglio a tutti quanti, però ricordatevi questo: se dopo un anno che ero stato lì per vedere le favelas ho deciso di fare questa dedica, in molti che sono stati in Brasile capiranno la sofferenza del popolo brasiliano. Non ho avuto il coraggio di entrare, pensavo alle conseguenze, però la forza di fare quel gesto me l'hanno data proprio i messaggi che ho voluto lanciare".
Per quale squadra fa il tifo?
"Sono un milanista sfegatato. Sono molto amico di Cassano, ma il mio idolo di sempre è Pippo Inzaghi, tanto che nelle altre invasioni ho messo la sciarpa del Milan a Messi, portai la sciarpa rossonera in occasione della partita tra Inter e Mazembe; ma logicamente simpatizzo anche per la squadra della mia città, che è il Pescara".
Ci sono altre quattro partite prima della fine del Mondiale, le seguirà tranquillamente da casa davanti alla tv?
"Sì, questo sì. Anche se non nascondo che ho un biglietto per la Finale di Rio... Comunque la 'vera invasione' ci doveva essere sabato, perché mi aspettavo che si giocasse un quarto di finale tra Olanda e Italia. Invece contro l'Olanda è arrivata la Costa Rica. Volevo colpire in quella eventuale occasione, ma siccome l'Italia è uscita, ho deciso per Belgio-Stati Uniti. Mi trovavo lì".
Chi le ha dato il soprannome "Falco"?
"E' stato dato per qualità calcistiche. Ho fatto il calciatore, anche se non da professionista: ho messo insieme pure una decina di presenze in Serie D, quando ero piccolo si usava spesso dire 'il gol da falco', 'il falco d'area di rigore', 'entra come un falco', e io ero un attaccante. Ho giocato anche nel Castel di Sangro, una realtà che però adesso si trova tra i Dilettanti, ma il soprannome è calcistico".

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