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Martinho: "Anche in Brasile tutto fermo. Ma qui chi non lavora rischia di non arrivare a domani"

Martinho: "Anche in Brasile tutto fermo. Ma qui chi non lavora rischia di non arrivare a domani"TUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
sabato 18 aprile 2020, 20:53Altre Notizie
di Tommaso Maschio

L'ex centrocampista dell'Hellas Verona – ma anche di Catania, Carpi, Bari, Ascoli ed Entella – Raphael Martinho ha parlato di come sta vivendo in Brasile quest'emergenza legata al Coronavirus e di come stia male sentendo le voci che arrivano dal nostro Paese: “Ho festeggiato il mio compleanno con moglie, figli e i miei suoceri, ma non ho potuto invitare né i miei genitori né i miei amici perché bisogna evitare gli assembramenti. In questi giorni sono stato in casa allenandomi e passando il tempo cercando di intrattenere i miei bambini. È un momento un po’ pesante anche per mia moglie, ma è anche bello perché passiamo tempo insieme. Vivo vicino a San Paolo e qui il governatore ha deciso che possono rimanete aperti solo farmacie, supermercati e ristoranti che fanno servizio a domicilio, fino al 22 aprile. Rispetto all’Italia però qui è diverso, perché l’80% della popolazione ha bisogno di lavorare per arrivare a domani. Il presidente ha consigliato agli anziani e alle persone a rischio di restare in quarantena, mentre ai giovani e a chi ha bisogno di continuare a lavorare, un vero controsenso.

- continua Martinho a Calciohellas.it parlando del calcio – Un mese fa abbiamo vinto il primo turno del campionato statale e dovevamo giocare la finale, ma hanno interrotto tutto inizialmente fino al due aprile, poi hanno prolungato sospendendo anche la coppa e il Brasilerao. Il campionato statale è stato sospeso definitivamente e noi rimaniamo campioni del primo turno, l’unica cosa certa al momento che i campionati statali non si concluderanno, perché il calendario non ha date disponibili. Per quanto riguarda le altre competizioni, non sappiamo se cambieranno il format per questioni di tempistiche. Qui c'è il problema dei campionati statali che non hanno un senso logico. È come se in Italia le squadre di Serie A si sfidassero con quelle di Eccellenza. Lo scorso anno in quaranta giorni giocammo 12 partite”.

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