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TMW RADIO - Lerda: "Cairo ha finito il credito a Torino. Con Ursino a Crotone è calcio vero"

TMW RADIO - Lerda: "Cairo ha finito il credito a Torino. Con Ursino a Crotone è calcio vero"TUTTO mercato WEB
© foto di Sarah Furnari/TuttoLegaPro.com
mercoledì 29 luglio 2020, 08:27Altre Notizie
di Dimitri Conti
Archivio Stadio Aperto 2020
TMW Radio
Archivio Stadio Aperto 2020
Franco Lerda intervistato da Francesco Benvenuti e Dimitri Conti
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L'allenatore Franco Lerda si è così collegato in diretta con TMW Radio, intervenendo in diretta nel corso della trasmissione Stadio Aperto, ai microfoni di Francesco Benvenuti e Dimitri Conti, iniziando nella sua riflessione dallo stato di salute della Serie C: "I playoff appena conclusi hanno sancito, anche meritatamente, la promozione della Reggiana: il Bari aveva fatto una bella cavalcata, ma non ha avuto tempo. Si aggiungono a Monza, Vicenza e Reggina: compagini di blasone e spessore, con proprietà di valore alle spalle. Non solo Berlusconi, anche il Vicenza ha in Rosso un imprenditore importante a livello mondiale, così come il nuovo patron della Reggina che ha quattrini da investire. La C continua a vivere ma è già da qualche anno che fatica: il Covid ha dato un po' il colpo di grazia, ora ci vogliono riforme e un intervento dello Stato a dare ossigeno, o i prossimi campionati saranno sempre più difficili".

Il segreto, farebbe pensare anche la Juve, è avere una proprietà solida alle spalle?
"Non bastano solo i soldi, ma servono anche quelli per vincere. La società è quella che dà input a tutto e tutti, se non ha solidità puoi fare bene un anno o due, o sei mesi, ma poi finisce tutto: è un castello di sabbia. Ci vogliono tante cose, ma alla base una solidità economica della società".

Il Torino non ha vissuto una bella stagione. Ci si può ricollegare al discorso societario?
"Io ci ho fatto il settore giovanile con Vatta, poi ci ho esordito e ci sono tornato ad allenare: conosco il mondo granata. Cairo, dopo un paio d'anni dopo il suo arrivo e la vittoria del campionato con De Biasi, ha consumato da lì in avanti il suo credito. Torino non è una piazza facile... In generale fare calcio è sempre più difficile: Torino vive di un passato straordinario, pesante da caricarsi sulle spalle. Mazzarri aveva fatto bene con Cairo, poi quando doveva ripetersi, con un investimento anche importante, non è successo. Serve che tutte le componenti funzionino, io non ricordo un'annata così difficile... Il Torino la solidità economica ce l'ha, ma ci vuole anche qualcos'altro, perché il gruppo sopperisca ai temporali, che quando arrivano a Torino sono davvero forti. Ve lo dico perché ci ho allenato in uno dei momenti meno felici, e le ambizioni sono da grandissima piazza".

Eppure si partiva con prospettive europee. Cosa non ha funzionato, forse troppo poco mercato?
"Di fronte a una stagione così non esiste un solo motivo. Anche solo doversi preparare in anticipo, avendo vacanze più corte: non siamo culturalmente abituati. Questo già può aver inciso, ma poi la realtà è una, che ci sono mille sfaccettature comprensibili solo se si è lì dentro".

Lei ha allenato Falco: la sua affermazione in Serie A una delle note migliori della stagione a Lecce?
"Veniva da un campionato discreto nel Pavia, aveva fatto qualche gol. Lecce in Serie C è come se fosse la Juventus in Serie A... E si ritagliò un gran bello spazio: era già abile tecnicamente, ora è anche più uomo caratterialmente, all'epoca non aveva neanche 20 anni e doveva ancora maturare. Io però lo usavo sia dietro la punta che alto a destra nel 4-2-3-1, per via delle sue capacità tecniche. A livello muscolare lo vedo più solido e strutturato, ma anche negli atteggiamenti lo vedo che sta facendo bene".

Un suo ricordo di Sergio Vatta?
"Andai a Torino che avevo undici anni... I primi due facevo la scuola a Cuneo, poi mi trasferii nel pensionato per l'alloggio: sono cresciuto lì. A 16 anni ho iniziato ad andare in Primavera con lui, ed era il personaggio non solo di spicco del settore giovanile, ma dell'intero calcio italiano. Era un insegnante di vita, duro ma sensibile a crescita e sviluppo del ragazzino che si apprestava a diventare uomo: dopo due anni della sua palestra, uscivi dal Filadelfia che eri pronto. Difficilmente non faceva bene chi era stato con lui, ricordo che negli anni Ottanta facevamo training autogeno... Prima della partita si parlava di tutt'altro così da arrivare concentrati, oppure alla ripresa degli allenamenti si riguardava la partita e rielaboravano concetti che ancora non c'erano. Avevamo la palestra proprio dove si allenava il Grande Torino, e vedere Pulici e Graziani era uno stimolo particolare. Un grande personaggio, sono molto dispiaciuto per la sua scomparsa. Ho un grandissimo ricordo: tante sgridate e molti complimenti, tutti sinceri. Lo vedevo ancora maestro di vita anche quando lo rincontravo sui campi italiani, sempre moderno e all'avanguardia anche se non era più giovanissimo".

Lei che l'ha conosciuto, quanto c'è del lavoro ultra-ventennale del direttore Ursino nelle ultime stagioni del Crotone?
"La stagione con me (2009/10, ndr) non fu buona, bensì ottima. Facemmo un campionato importante, anche perché eravamo appena stati promossi dopo che la società veniva da un periodo non felicissimo, e una retrocessione che costò un sacco di quattrini. A Crotone fanno calcio vero, e lo facevano già allora. Ursino, insieme a Gianni Vrenna e suo figlio, sta crescendo molto: c'è una proprietà molto solida, e una società organizzata, in cui ognuno sa cosa deve fare. Beppe Ursino si guarda un sacco di partite e di giocatori durante la settimana, è uno attivo, una persona perbene, equilibrata. Nato e cresciuto a Crotone, una città in cui chi fa il calciatore sta bene, meno difficile da vivere. Nelle difficoltà Ursino sta sempre a fianco dell'allenatore, ogni settimana c'è un incontro con Vrenna e i suoi uomini in cui si mettono i problemi sul tavolo. Si fa calcio vero. L'anno scorso hanno sbagliato, ma si sono subito ripresi: sanno dove andare a toccare".

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