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È una Champions League a trazione tedesca
E' stata una lezione di calcio quella che questa sera ha impartito il Bayern Monaco al Barcellona di Quique Setien. Alla squadra di Flick è bastata mezzora, nonostante l'autorete al settimo minuto di Alaba, per liquidare avversari che si sono rivelati inferiori da tutti i punti di vista. Organizzazione, ferocia e velocità: questo Bayern è una vera e propria macchina da guerra, una corazzata che ha trasformato la ripresa in un orpello. E ha ridicolizzato una delle regine d'Europa, che pur tra mille problemi conta comunque tra le sue fila tantissimi campioni e il campione dei campioni.
Il Bayern si conferma la grande favorita per la vittoria di questa competizione. E conferma che in questo momento il movimento tedesco non è solo più tra i più all'avanguardia d'Europa, ma anche tra i più vincenti. Perché la schiacciante vittoria del Bayern Monaco arriva all'indomani della prima storica qualificazione in semifinale conquistata dal Red Bull Lipsia e due giorni dopo il passaggio tra le quattro regine d'Europa di un PSG guidato da Thomas Tuchel, manager di Krumbach che prima del trasferimento a Parigi aveva allenato il Mainz e il Borussia Dortmund.
Il Bayern si conferma la grande favorita per la vittoria di questa competizione. E conferma che in questo momento il movimento tedesco non è solo più tra i più all'avanguardia d'Europa, ma anche tra i più vincenti. Perché la schiacciante vittoria del Bayern Monaco arriva all'indomani della prima storica qualificazione in semifinale conquistata dal Red Bull Lipsia e due giorni dopo il passaggio tra le quattro regine d'Europa di un PSG guidato da Thomas Tuchel, manager di Krumbach che prima del trasferimento a Parigi aveva allenato il Mainz e il Borussia Dortmund.
Tuchel, Nagelsmann e Flick. Tre allenatori con storie diverse ma molto più simili di quel che si pensi. Poi il Lipsia e il Bayern Monaco: realtà e storie opposte accomunate però da una visione che è comune a tutto il calcio tedesco. Che si innesca nel 2006 e si perfeziona anno dopo anno. Con la velocità di chi sa cosa serve per migliorarsi anno dopo anno, col coraggio che serve per lanciare ogni anno tantissimi giovani.
Da Haaland a Davies, da Upamecano a Sancho, da Havertz a Konatè passando per Olmo, Kabak e tanti altri: la Bundesliga è ormai da qualche anno la casa dei migliori talenti d'Europa e non è certo un caso. Un esempio che dovrebbe esser preso come modello da tante realtà d'Europa, Italia compresa.
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