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Campione, drogato, icona, uomo. Tutti parlano di Maradona: non ha bisogno dei nostri tribunali
Un minuto di silenzio in Italia. Un minuto di applausi in Inghilterra. Chissà quale dei due avrebbe preferito, forse il secondo. Ma non possiamo davvero saperlo ed è proprio questo il punto. Di Diego Armando Maradona parlano tutti. Del resto lo hanno sempre fatto, anche quando era vivo. Figuriamoci ora che non può rispondere, adesso che non può inventarsi un dribbling dei suoi. Due città non dormono da tre giorni: Buenos Aires e Napoli, le case di uno che ha fatto del mondo il proprio palcoscenico. Di Maradona parlano tutti. Offrono un ricordo, anche chi non l’ha vissuto da vicino, anche chi per ragioni anagrafiche l’ha soltanto sfiorato. Perché Maradona è entrato nelle nostre vite e non ne può uscire, che fosse una domenica allo stadio o una videocassetta dei migliori gol. Di Maradona parlano tutti, e dispensano giudizi o difese d’ufficio. Per chi l’ha amato era un campione e un’icona. Ma in tanti non l’hanno mai sofferto, e allora ecco Diego cocainomane o evasore. Quest’ultima, peraltro, una fandonia: una delle tante che lo hanno accompagnato in vita e a quanto pare anche adesso che dovrebbe riposare in pace. Di Maradona siamo pronti a parlare e sparlare, anche a costo di dire delle bestialità invereconde. Persino a rubare una foto col cadavere: perché di Maradona vogliono e vogliamo tutti un pezzo, perché è stato di tutti e ci sembra ingiusto che ora non sia più di nessuno se non della fredda terra. Con Maradona non faremo mai pace, perché non potremo mai perdonargli l’esserci stato così superiore. E per questo lo mitizziamo, nel bello e nel brutto: lo mettiamo su un piedistallo o lo buttiamo giù. Segnava con la mano e vinceva dove nessuno ha mai fatto. Litigava con i papi e faceva amicizia con Fidel Castro. Gli dedicavano film d’autore e conduceva trasmissioni trash. Dava dei corrotti ai presidenti della FIFA e ai politici, ma soltanto a quelli che gli stavano antipatici. Ha subito più falli di qualsiasi altro giocatore, più accuse di qualsiasi essere umano. Ha sbagliato, mille volte. Ha incantato, un milione di volte. Ha vissuto più vite di quante sogneremmo mai di vivere ed è per questo che non possiamo lasciarlo andare senza giudicarlo o senza difenderlo. Ma, se c’è una cosa che si può dire di Maradona, è che di giudici e difensori d’ufficio non ha mai avuto bisogno. È stato infinito perché così immenso eppure così fragile, ed è un’altra cosa sulla quale proprio non possiamo sorvolare, dal basso della nostra normalità. Non è stato una macchina e non è stato un santo, non è stato buono e non è stato cattivo: è stato un uomo. Più grande e più controverso di quello che tutte le parole di questo mondo potranno mai descrivere. E così rimane ingiudicabile da noi comuni mortali: non ha bisogno dei nostri miseri tribunali, anche se parlare di lui è tutto quel che ci rimane, né per essere messo sotto accusa né per essere difeso. Il suo unico giudice, semmai, sarà la Storia, quella con la esse maiuscola. L’ha dribblata e l’ha domata. Poi l'ha portata a una festa.
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