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Il più grande terremoto della storia recente del calcio. Anzi, del soccer
Superlega o Champions League? Da che parte stare, lo indica il cuore. Però il calcio d'oggi è pure azienda, è soprattutto business. E poi, nel football che viviamo, di romantico c'è ben poco. Plusvalenze e oligarchie, petroldollari e stipendi da faraone. Raccontare che i campionati nazionali, che questa Champions siano la massima espressione di una democratica lotta aperta a tutti, significa appellarsi all'utopia. Il calcio oggi è di pochi, il problema è che trasformarlo in quello di un'elité, dove si è iscritti per censo, per palle sullo stemma e non per nobiltà acquisite con sudore e progetto, è svilire il senso stesso della competizione.
L'altare del bilancio È notte fonda mentre scrivo e molti scopriranno solo dopo l'alba che qualche minuto dopo la mezzanotte, dodici grandissime società europee hanno deciso di fondare la Superlega. Non più Champions e competizioni UEFA, sì al campionato nazionale ma addio a quella che è stata la rincorsa al trono di Maradona, di Di Stefano, di Zidane. Solo che un tempo era quella del campione, uno per nazione, poi pure lei s'è svilita sul trono di un'apparente democrazia ma in verità di un più largo consenso. Più ricchi in circolazione significa più denaro che passa da un conto all'altro, sicché dalla Coppa Campioni alla Champions League. La Superlega ne è la sua sublimazione, freddo calcolo sull'altare del bilancio. La pandemia ha forse accelerato il processo, ma la decrescita dei conti delle grandi rischiava di farle rapidamente implodere e di far saltare in aria il sistema.
Da che parte stare? Crediamo nei miracoli, sicché evviva l'Atalanta. Crediamo nelle storie, dunque sia benedetto il Leicester. Solo che questi racconti non sono la regola ma sparute eccezioni. Il calcio, i trofei, sono di quelle dodici e di altre a rotazione, grandi tedesche e francesi da aggiungere alla lista. La cerchia è quella, non c'è da stupirsi che portino il pallone, i milioni e che vogliano decidere loro le regole. Le grandi proprietà statunitensi sono cresciute col modello MLS, dove investitori acquistano franchigie che adesso hanno capito come far fruttare. Senza il rischio di retrocedere, peraltro. Dunque ora potremo guardare al pallone americano con ottica diversa: volevamo cambiarlo, renderlo europeo. Forse, dovremo cambiargli pure nome. Da calcio a soccer. Quello dei milionari.
L'altare del bilancio È notte fonda mentre scrivo e molti scopriranno solo dopo l'alba che qualche minuto dopo la mezzanotte, dodici grandissime società europee hanno deciso di fondare la Superlega. Non più Champions e competizioni UEFA, sì al campionato nazionale ma addio a quella che è stata la rincorsa al trono di Maradona, di Di Stefano, di Zidane. Solo che un tempo era quella del campione, uno per nazione, poi pure lei s'è svilita sul trono di un'apparente democrazia ma in verità di un più largo consenso. Più ricchi in circolazione significa più denaro che passa da un conto all'altro, sicché dalla Coppa Campioni alla Champions League. La Superlega ne è la sua sublimazione, freddo calcolo sull'altare del bilancio. La pandemia ha forse accelerato il processo, ma la decrescita dei conti delle grandi rischiava di farle rapidamente implodere e di far saltare in aria il sistema.
Da che parte stare? Crediamo nei miracoli, sicché evviva l'Atalanta. Crediamo nelle storie, dunque sia benedetto il Leicester. Solo che questi racconti non sono la regola ma sparute eccezioni. Il calcio, i trofei, sono di quelle dodici e di altre a rotazione, grandi tedesche e francesi da aggiungere alla lista. La cerchia è quella, non c'è da stupirsi che portino il pallone, i milioni e che vogliano decidere loro le regole. Le grandi proprietà statunitensi sono cresciute col modello MLS, dove investitori acquistano franchigie che adesso hanno capito come far fruttare. Senza il rischio di retrocedere, peraltro. Dunque ora potremo guardare al pallone americano con ottica diversa: volevamo cambiarlo, renderlo europeo. Forse, dovremo cambiargli pure nome. Da calcio a soccer. Quello dei milionari.
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