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Mai come in questo periodo, dirigenti e tifosi parlano due lingue differentiTUTTO mercato WEB
© foto di TUTTOmercatoWEB.com
domenica 5 aprile 2020, 13:21Editoriale
di Raimondo De Magistris

Mai come in questo periodo, dirigenti e tifosi parlano due lingue differenti

Nato a Napoli il 10/03/88, laureato in Filosofia e Politica presso l'Università Orientale di Napoli. Lavora per Tuttomercatoweb.com dal 2008, è il vice direttore dal 2012
Dipendesse dai tifosi, non ci sarebbe poi troppo da discutere. A ogni dichiarazione ufficiale, a tutte le prese di posizione dei presidenti, l'unico commento possibile è questo: "Ma davvero state parlando di calcio in questo momento?"
Hanno ragione, ma con che testa? Mai come in questo momento, sono molto più utili solidarietà, supporto, sostegno e silenzio. Chi gioisce o si arrabbia durante una partita, adesso ha altro a cui pensare. Il calcio, che è la più importante delle cose meno importanti, ora è superfluo. Una passione che non ci possiamo permettere.

Chi però il calcio lo dirige, in questi giorni sta affrontando il problema da un altro punto di vista. Perché questo sport ormai da tanti anni non è più solo passione, è diventato soprattutto altro. Dire che il calcio è business non è solo un'amara costatazione, è la realtà. E' anche migliaia di posti di lavoro anche se noi vediamo solo la punta dell'iceberg. Nell'ultimo anno ha contribuito a livello fiscale e contributivo per 1.2 miliardi di euro e da solo, in termini economici, ha un’incidenza del 70% rispetto al gettito fiscale complessivo generato dal comparto sportivo italiano. Cosa interessa questo al tifoso? Nulla. E che poi questa deriva piaccia o meno beh, decidetelo voi.
Sta di fatto che questo è uno dei motivi per cui il calcio sta provando ad andare avanti a tutti i costi. Partite a luglio, anche ad agosto, a patto però che la stagione si concluda e si limiti il danno economico che già così è bello cospicuo. E' il motivo per cui Ceferin ha minacciato la Federazione belga dopo la decisione (è stata la prima in Europa) di sospendere definitivamente il campionato: il 15 aprile il Club Brugge verrà proclamato campione e ci si rivede il prossimo anno. "Potremmo anche decidere di non qualificare le squadre belga alle prossime competizioni europee", la replica dell'UEFA. Perché se lo fa il Belgio, che non ha più squadre in Europa, il carrozzone è ancora salvabile. Ma se altri seguono l'esempio, il sogno di portare la stagione a conclusione svanirebbe già adesso.

La UEFA non è l'unica organizzazione a ragionare in questo modo. In Premier, c'è chi pensa a squadre isolate dal resto del mondo pur di riprendere. Chi, addirittura, di far riprendere le partite in Cina. In Bundesliga, Karl-Heinz Rummenigge pur di concludere la stagione ha proposto di utilizzare tutto il 2020 solo per finire questa Bundesliga: "E per la prossima - ha detto -, si studierà una formula ridotta". In Italia, la Lega ha stimato in 740 milioni di euro le perdite qualora la stagione dovesse finire qui. E soprattutto per questo motivo vuole provare a concludere, col pieno supporto della Federazione che dal canto suo avrebbe il compito di decidere poi sulle classifiche qualora non si riuscisse a finire. Per il Presidente Gravina, sarebbe un incubo. Vorrebbe dire trascorrere un'estate nei Tribunali tra cause e ricorsi.


Salvare il salvabile, provarci fino alla fine. Il problema però è che c'è una postilla in bella vista che tutti fanno finta di non vedere: in questo momento nessuno, nemmeno il calcio, può decidere per sé stesso. Perché la verità è che ad oggi tutti i discorsi sui nuovi calendari poggiano su castelli di carta, si fanno previsioni partendo da dati che però non alimentano chissà quale speranza. Anzi. Difficile capire quando si potrà ripartite, ancor meno chiaro il come. Con curve epidemiche diverse di regione in regione, chi si prenderà la responsabilità di far ripartire il carrozzone col rischio, magari, di contribuire a un riavvio dei contagi? Nessuno, giustamente. E se in Italia il ritorno del calcio giocato sembra lontano, in Europa addirittura lontanissimo. Da giorni - e chissà ancora per quanti giorni - siamo tutti barricati in casa. Non si può uscire nemmeno per una passeggiata. Come si può pensare che tra due-tre mesi le squadre possano tornare a viaggiare in aereo da un paese all'altro senza correre pericoli?

Insomma, pur capendo i motivi per cui UEFA e Federazioni stanno provando a salvare il salvabile, i discorsi sul riavvio, sui calendari, sul perché ognuno difende il proprio orticello - in un senso o nell'altro - sembrano tutti stonati. Fuori dal coro, fuori dalla realtà.
Da una realtà fatta di cittadini che nella maggior parte dei casi sono anche tifosi, trasformando quindi lo sport più popolare al mondo in una delle industrie più importanti. Ma questa industria non può ignorare che alla base c'è quella passione, che se è diventata così ricca e famosa è proprio perché alle spalle ci sono milioni e milioni di tifosi. E il rischio è quello di ritrovarsi senza molti di loro se, in questi giorni così tragici, si continua a portare avanti questa deriva autoreferenziale.