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Prossima fermata Qatar: i messicani sono i nuovi italianiTUTTO mercato WEB
venerdì 13 dicembre 2019, 13:24Altre Notizie
di Tancredi Palmeri

Prossima fermata Qatar: i messicani sono i nuovi italiani

Quando ancora non eravamo diventati grazie a internet ognuno agenzia di viaggio di sé stesso capace di organizzare in mezzo pomeriggio una vacanza di un mese Singapore-Patagonia con 12 scali in 4 ostelli a soli 15.99 €, vigeva l’adagio “Gli italiani sono dappertutto”.
Ovvero: dovunque a ognuno capitasse di viaggiare, pure nel posto più ricercato e nella stagione più bassa di Insigne, si poteva stare sicuri che prima o poi - più prima che poi - anche in mezzo alla tribù di Indios più incontaminata, un italiano o ancora meglio una coppia di italiani sarebbe spuntata, e con molta probabilità l’uomo della coppia avrebbe portato un golfino appoggiato sulle spalle.
Sarà stato per la brillantezza economica italiana fino a metà degli anni Novanta, o perché in fondo siamo e saremo sempre santipoetienavigatori, sarà stato perché siamo meno abitudinari di altre culture anche se non sembra, ma alla fine il risultato era quello.
Adesso i tempi sono un po’ cambiati, perfino i golfini sulle spalle vanno scomparendo (lentamente eh, ma inesorabilmente), e considerato che tutti possono diventare maestri di pesca sportiva nei mari delle Galapagos senza muoversi dalla tazza del bagno di casa propria, sta di fatto che la mescolanza di provenienze turistiche è un dato assunto dappertutto - senza che questo pregiudichi il presenziassimo italiano peraltro.
C’è però un fenomeno, sempre più pervicace, e che si può dire abbia sostituito la viralità della presenza italiana: è l’esodo dei messicani.

I messicani di fatto sono i nuovi italiani.
E forse la cosa si riflette anche o soprattutto sul trend socioeconomico del paese. Ma chi scrive, parlando per esperienza personale di 4 Mondiali recenti e 3 Olimpiadi vissute dal vivo, può testimoniare come la presenza dei messicani sia costante, assoluta, immarcescibile, affidabile - e per inciso molto piacevole, perché Dio solo sa quanto siano bravi ad animare la festa.
Come capita spesso, al Mondiale per Club in Qatar è presente un club messicano in rappresentanza del CentroNord America. Anzi, sarebbe meglio dire come sempre capita: 14 delle ultime 15 edizioni della Concacaf Champions League sono state vinte da club messicani, che dunque hanno mancato la partecipazione al Mondiale per Club nuova formula solo nella prima edizione del 2005. Addirittura 10 di queste 15 finali sono state totalmente messicane, con entrambe le squadre Tricolor.
Dunque non è che sia una novità che una messicana sia al Mondiale per Club. E non è minimamente una novità che lo sia il Monterrey: quarta vittoria negli ultimi 9 anni, manco fosse il Real Madrid della Concacaf, con la differenza che il Monterrey non è nemmeno il Real Madrid messicano, visto che per seguito e storia (prima che arrivasse questo decennio) si può dire che fosse tranquillamente la settima o ottava squadra messicana, tipo una Fiorentina.
Dunque niente di straordinario la sua presenza, in teoria.
E aggiungetevi anche che è vero che i club messicani sentono l’umiliazione di non essere riusciti mai a raggiungere una finale di Mondiale per Club - impresa che con la nuova formula è riuscita a due club africani e a due club asiatici, ma di cui solo il Mazembe era squadra non ospitante - ma è altrettanto vero che proprio il Monterrey non è tra quelli che avrebbe qualcosa da rimproverarsi, visto che è stato il primo ad arrivare al terzo posto nel 2012, prima di essere eguagliato nel risultato (e superato statisticamente grazie al 4-1 finale) dal Pachuca nel 2017.
E infine, ma non minore, proprio un club messicano rischia di vedere durare pochissimo la propria avventura, in caso di uscita immediata. Dunque, il viaggio transoceanico, in Qatar come in Giappone, per loro è proprio il meno giustificato in assoluto, visto che a differenza loro i tifosi della campione sudamericana per esempio sanno di poter vedere come minimo due partite e probabilmente le più importanti.
Ma i messicani sono i nuovi italiani.
Sono dovunque ci sia un evento sportivo, la loro presenza non passa inosservata, e se si passa dal semplice pretesto al rischio di essere un poco protagonisti, allora la presenza diventa oceanica.
Proprio il Monterrey, ad esempio. Toh, proprio come la Fiorentina che menzionavamo prima, pur essendo la settima-ottava squadre messicana, ha un seguito di fedelissimi da 50mila spettatori allo stadio che la rendono il club con il record più alto di riempimento spalti nel paese.
Ma non è solo frutto magari di una furba politica di marketing come la Juventus con la ridotta capacità dello Juventus Stadium.

No: il Monterrey è anche capace di portare 25mila spettatori allo stadio ad assistere a un allenamento quando questo si svolge eccezionalmente nel campo di gioco.
E non un allenamento pre-finale, per dire, che in sé sarebbe un evento giustificato. Ma proprio un allenamento qualsiasi.
La passione dunque è unica. Ma sono i messicani a essere unici.
Unite i due fattori, ed ecco cosa succede: 3mila, dicasi, tremila tifosi messicani del Monterrey arrivati tra giovedì e venerdì a Doha. Per assistere a un torneo che nel peggiore dei casi potrebbe coinvolgerli per soli 4 giorni (e come seconda partita l’utilissima Finale per il V posto). Al modico prezzo di voli a non meno di 1500€ a testa - più tutto il resto che si aggiunge, e il Qatar non è esattamente a buon mercato.
Il giovedì e il venerdì sono le serate di nightlife in Qatar, quindi guarda caso i messicani sono riusciti ad arrivare in tempo per viverle, prima della partita. Non sappiamo se ne fossero a conoscenza, ma è evidente che i professori assoluti in materia siano loro, dunque forse non è un caso.
C’erano in città già molti tifosi dell’Esperance Tunisi, ma devono solo attraversare mezzo continente, poi qualcuno sparuto dell’arabo Al Hilal qua vicino, ma ovviamente molto pochi a causa alla tesa situazione politica.
E poi sono arrivati i messicani. Invadendo immediatamente club e locali della notte di Doha.
E quello, più che i campioni di Liverpool o Flamenco, comincia a dare al Qatar una sensazione di cosa sarà tra 3 anni ospitare il Mondiale.