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#iorestoacasa - Le storie della buonanotte: Francescoli, tutta la poesia del Principe d'UruguayTUTTO mercato WEB
mercoledì 18 marzo 2020, 01:05Serie A
di Marco Conterio

#iorestoacasa - Le storie della buonanotte: Francescoli, tutta la poesia del Principe d'Uruguay

#iorestoacasa - Tuttomercatoweb.com propone ai suoi lettori delle storie di calcio per tenerci compagnia in queste giornate tra le mura domestiche
Venti da una parte e venti dall'altra. Un'orgia di futbol, di talenti, di sogni. Chi con le scarpette rotte, chi con la maglia bucata, chi con la pelota arrangiata, semmai ci fosse stata, chi con un paio di sandali. Si giocava alla meglio, con regole antiche e sempre valide: vince chi segna un gol in più dell'avversario. Poi, nelle strade e nelle piazze di Montevideo, c'era poco posto per gli arbitri. Per i talenti, sì, però. Pure per i tre figli di Don Ernesto Francescoli. Luis, Ernesto e Pablo. Ah, poi c'era quel quarto fratello. Quel piccoletto con gli occhioni grandi, con il ciuffo sbarazzino, che teneva i calzettoni abbassati e che andava sempre giù per le strade della capitale a disegnare arcobaleni con quel piedino fatato dopo il Collegio e dopo la Siesta. Era il piccolo Principe. Enzo Francescoli da Montevideo.
"È troppo piccolo, troppo magro, che torni l’anno prossimo”. Cosa vi siete persi, al Penarol. Cosa vi siete persi, al River Plate di Montevideo. E' un po' come quando ritrovate la compagna di classe delle medie, che non sembrava proprio una principessa. Fisico da urlo, gambe di venti metri e donna in carriera. Ma cosa vi siete persi? Ecco. E' un po' la sensazione di Penarol e River Plate di Montevideo, che decisero di scartare Enzo Francescoli. Dopo un provino firma con il Montevideo Wanderers Futbol Club dove la sua carriera inizia nel 1976. La squadra, letteralmente, dei bohemiens, dei vagabondi. Di chi cerca una meta con fare ciondolante, pronto ad un assolo improvviso per spezzare la monotonia della vita. Ecco, di quello, Enzo Francescoli era capace. Lo è sempre stato, sin dal giorno dell'esordio del 9 marzo 1980.

Enzo Francescoli sarà sempre conosciuto come 'Il Principe'. Un soprannome arrivato in onore di Anibal Ciocca, uno dei più grandi giocatore della storia d'Uruguay, mezzapunta Celeste tra gli anni '30 e gli anni '40. Intanto, prima di mettere la corona, Francescoli si guadagnava un altro cognome. Quello di Flaquito, perché il fisico era esile, quello di un flauto che sapeva accordare il pallone come pochi altri. Così Francescoli vola in Argentina, dove vince al primo anno il titolo di capocannoniere con il River Plate. Mica facile. Perché quello che in patria è paragonato addirittura a Schiaffino, prende in mano l'eredità dei vari Passarella, Diaz, Kempes. A scegliere i Millonarios è lo stesso giocatore, perché "il mio stile si addice bene a quello elegante del River, dove i tifosi ammettono solo chi sa giocare". La trattativa è complicata, dopo tre giorni il primo gol ed in tre stagioni vince due volte i capocannonieri, un campionato e, nel frattempo, vari titoli personali ed una Copa America con l'Uruguay che bisserà nel 1987 e nel 1995. Nel 1986, intanto, una decisione che lasciò tutti di stucco. "Me voy al Racing Club". Che non era quello di Avellaneda. Ma il Racing Club de France, modesta squadra francese. Che lo per quattro milioni di dollari, offrendogli un sontuoso contratto di cinque anni a 700 milioni di lire l’anno, più una Peugeot 205 e una bella casa in quartiere residenziale di Parigi.

Poi arriva un momento in cui dire basta alla pensione anticipata e tornare a giocare a calcio. oddio, il Principe, che pure a Parigi ha segnato 32 gol diventando il miglior giocatore della modesta storia di un modesto club, vola all'Olympique Marsiglia. Ecco, in quella città, a quegli allenamenti, c'è anche un altro esile e magro ragazzetto, a bordo campo, con gli occhi sognanti, E' di origine algerina, si chiama Zinedine e, per omaggiare Francescoli, un giorno chiamerà suo figlio proprio Enzo. All'OM, però, non ha la fiducia del presidente Tapie. Lui, che è per l'Uruguay quel che Platini è per la Francia, è in un groviglio inatteso della sua carriera. Poteva andare al Milan, doveva andare alla Juventus. Nel 1990, nonostante di questo e per questo venisse sconsigliato, finisce in Italia. Al Cagliari, in Sardegna, insieme a Herrera e Fonseca. C'è Ranieri in panchina, lui arretra il baricentro e finisce a danzare dieci passi più indietro a centrocampo piuttosto che da dieci coi calzettoni abbassati. Con Cagliari è amore, reciproco. La piazza non è quella giusta per vincere, ma per far gonfiare i cuori ed alzare la pressione. Per far nascere un amore. Bello, bellissimo. Il Principe di Sardegna. Enzo Francescoli. Un amore così grande che quella domanda che si facevano i Clash, neanche barcollava nella testa del Principe di Montevideo.

Tra gli incontri più importanti di Enzo Francescoli c'è quello con un burbero signore di Roma.
Carlo Mazzone, che gli fa capire l'importanza delle piccole cose. Dei trionfi di ogni giorno. "Il Cagliari è la mia Nazionale", dirà il Principe. Perché dopo 21 gol in 63 partite con la Celeste, una ogni 3 gare e non sono certo numeri da poco, il rapporto con Cubillas è ai minimi storici. Quello che Gianni Mura definiva il 'Condorito', per il suo aspetto aquilino, finisce poi al Torino. Qui gioca un anno, ma non è certo la sua stagione migliore. Con il Cagliari arriva addirittura in Coppa Uefa, segna gol strabilianti e fa giocate pazzesche. All'ombra sbagliata della Mole, visto che ben più giovane il Principe poteva e voleva finire alla Juventus, il Flaco non brilla. E' triste, leader voluto ma mancato. Per questo, nel 1994, non può che fare una cosa. Tornare nel club che lo capiva meglio. Quello dei giocatori eleganti. Quello dei giocatori di stile. Non poteva che tornare al River Plate, senza dire molto altro.


Enzo Francescoli torna al River Plate con gli occhi lucidi e con un 32 sulla carta d'identità. "No, non posso più aspettare", dice. Non può più aspettare. Così decide di diventare quel leader che fose non è mai stato. Di trasformare quella classe al servizio degli esteti, quel suo fare vagabondo, quel suo ciondolare da errante coi calzettoni abbassati, in un passo da leader. Non più Bukowski, ma condottiero e trascinatore. Mai come adesso, dal 1994 al ritiro nel 1997, Francescoli è vincente. Tre volte l'Apertura, due la Clausura, la terza Copa America ed una Libertadores. Sì, una la perde contro la Juventus e manca la qualificazione ai Mondiali di Francia '98 che potevano essere la sua ultima thule. Però Francescoli è grande, fino al momento in cui appenderà le scarpette al chiodo. Fin quando continuerà a suonare la sua opera calcistica.

Il passo ciondolante, lo sguardo del bandolero triste e stanco e quegli occhi profondi come il mare d'inverno. Parlare di Diego Milito è parlare di Enzo Francescoli, gocce d'acqua, gemelli diversi. Il soprannome 'Principe', per la storica punta dell'Inter, vien da sè. E se come detto, Zidane ha chiamato Enzo proprio in nome del suo idolo uruguaiano, Francescoli deve il suo soprannome a Víctor Hugo Morales. Che così lo battezzò negli anni 2000, per poi chiamarlo anche InmEnzo Francescoli o 'el Principe del FrancesGoles'. Un altro soprannome che sempre e da sempre l'ha contraddistinto è quello di 'Flaco'. E proprio per la figura esile, ma anche per il 10 sulle spalle e per esser stato suo punto di riferimento, Javier Pastore così è e sarà sempre conosciuto. Enzo Francescoli è stato poi dirigente del River Plate, genio e scopritore di talenti. Con una passione speciale per i 10. Per quello che è stato. Uno degli ultimi romantici del futbol.

A Enzo Francescoli è stata dedicata una struggente poesia da parte dei tifosi del River Plate. Dell'avventura che ne ha dipinto la vita ha detto. "Non sarà il calcio a lasciarmi, non mi troverà seduto. Quando arriverà quel giorno vorrei si dicesse: Che gran calciatore, sì, ma che bella persona. Che Beto Alonso possa dire: Ho giocato con Francescoli e non sapete che gran tipo era. Che quando tra trent’anni incontrerò Pumpido o Gallego per la strada, possa salutarli con un abbraccio. Perché non esiste solo il calcio. Bisogna pure prepararsi per dare un buon consiglio e avere l’animo di una brava persona”. Principe. Per sempre.
Enzo Francescoli