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Italia femminile e la lezione tedesca. Giugliano? Non giudicatela dall'altezza

Italia femminile e la lezione tedesca. Giugliano? Non giudicatela dall'altezzaTUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
martedì 13 novembre 2018, 08:002018
di Tommaso Maschio

Questa non è una sconfitta, è una lezione. Dopo l'amichevole dell'Italia contro la Germania – finita 5-2 per le teutoniche – è stato questo il refrain più usato dalle azzurre per descrivere quanto avvenuto ad Osnabruck e se ci si ferma a leggere solo il risultato o le fredde statistiche questa frase assume ben poco senso, appare quasi una giustificazione per quella che è, nei numeri, una delle peggiori sconfitte dell'Italia contro la Germania. Se invece si analizza, come si dovrebbe, la prestazione complessiva delle azzurre la frase assume tutto un altro significato. Di fronte a quella che è una delle grandi del panorama mondiale, fra le favorite del prossimo Mondiale la squadra italiana ha giocato con coraggio riuscendo, dopo un avvio difficoltoso, anche a recuperare due reti nel finale di primo tempo grazie a giocate di qualità e a una determinazione che è la grande forza, assieme alla coesione e unità d'intenti, di un gruppo che abbiamo imparato a conoscere sempre nell'ultimo anno e che ha portato l'Italia a vincere sette gare su otto nelle qualificazioni staccando uno storico biglietto per la prossima Coppa del Mondo in programma in Francia la prossima estate.

“Ho detto alle ragazze che queste partite ci servono per capire dove dobbiamo migliorare. Quando incontri una squadra così forte, che gioca con grande intensità, esce fuori inevitabilmente qualche limite”, queste le parole di Milena Bertolini al termine dell'incontro. Parole da cui si evince la consapevolezza che sopratutto a livello fisico e atletico l'Italia paga ancora lo scotto contro le Nazionali di quei paesi più evoluti che da tempo hanno investito nel calcio femminile e permesso alle calciatrici di poter fare solo quello nella vita, di allenarsi in maniera continua, con strutture adeguate e respirare l'aria di una società professionistica (in molti casi queste calciatrici sono professioniste a tutti gli effetti). Cose che in Italia stanno avvenendo solo negli ultimi anni per merito dei club maschili che hanno iniziato, sotto la spinta decisiva della Federazione, a investire anche nell'altra metà del pallone. “A livello italiano negli ultimi tre anni stiamo riuscendo ad avere calciatrici che si allenano 5-6 volte a settimana e nel pomeriggio, mentre all'estero questa è la norma da molto più tempo, c'è un gap temporale da recuperare e in queste occasioni si vede in maniera evidente”, queste la frase usata dal tecnico della Fiorentina Antonio Cincotta nella sua analisi dopo la sconfitta in Champions League contro il Chelsea. E qui sta tutta la differenza che ancora ci separa dalle altre nazioni e Nazionali. Per questo queste amichevoli, come quella vinta contro un'altra big come la Svezia, sono utilissime per il ct e le ragazze. Servono per testare i nostri limiti, per trovare le accortezze tattiche per limitare squadre che fisicamente ci sovrastano, per cercare di affinare quelle qualità tecniche, che non difettano affatto alle azzurre, con cui possiamo avere la meglio nello scontro singolo anche partendo da sfavoriti sulla carta.

A tal proposito due parole vanno spese per Manuela Giugliano, centrocampista del Milan e della Nazionale, una delle più talentuose calciatrici italiane della nuova generazione (si tratta di una classe '97) che il telecronista durante la partita ha descritto come “un bambino piccolo in mezzo al campo”. Tralasciando, per modo di dire, che si tratta di una ragazza e non di un ragazzo, una frase del genere denota una poca conoscenza non solo della calciatrice in questione, ma anche del calcio in generale. Giugliano sarà pure meno dotata fisicamente delle compagne o delle avversarie, ma lo stesso si potrebbe dire di Andres Iniesta o di Marco Verratti per restare nel ruolo. Calciatori che hanno dimostrato di poter raggiungere grandi traguardi anche se fisicamente minuti rispetto ad altri colleghi. Quello che fa la differenza sono le qualità tecniche, la visione di gioco, la grinta e la determinazione e queste caratteristiche certo non difettano alla nostra regista che spesso e volentieri, in campionato col Milan (e prima il Brescia) e in campo internazionale con l'Italia, giganteggia in mezzo al campo come solo i grandi campioni e le grandi campionesse sanno fare.