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Sassuolo, Zaza: "Conte diverso dal mister. Con Di Francesco ho un rapporto più intenso"

Sassuolo, Zaza: "Conte diverso dal mister. Con Di Francesco ho un rapporto più intenso"TUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
sabato 28 marzo 2015, 05:002015
di Chiara Biondini
fonte di di Piefrancesco Trocchi per Calcio2000 numero 208
Calcio Numero 208 è ora in edicola con le NUOVE interviste esclusive di Icardi e Burdisso!!

Intervista esclusiva ad uno dei giocatori più interessanti del panorama calcistico italiano, anche fuori dal campo...

"Bad boy", "L'anti-Balotelli", "Il ragazzo da sposare". Di Simone Zaza si è scritto spesso e in maniera molto variegata, una sorta di "Uno, nessuno e centomila" in chiave moderna. Del resto, è sempre difficile dare tratti realistici di un calciatore, la cui figura deve emergere e definirsi da quello che si vede, chiaramente, sul campo e da ciò che, vagamente, si può intuire del suo vivere quotidiano. Dopo i recenti scalini guadagnati in fatto di fama, l'attaccante del Sassuolo è, per continuare il parallelo pirandelliano, un Mattia Pascal. Si è lasciato alle spalle le voci, sovente ingiustificate, dei primi passi, quelle che lo volevano come il ragazzo difficile da gestire ed obnubilato da una personalità imprevedibile, dimostrando di essere ciò che i giornali non volevano: un ragazzo normale, con doti eccellenti e il fuoco dell'ambizione negli occhi. Si è finalmente iniziato a parlare del metapontino per quello che è, mettendone in risalto la semplicità e genuinità di cuore, attraverso aneddoti inusuali per un giovane giocatore di successo. Chi non ricorda la rasatura della barba su richiesta di mamma Caterina, che, evidentemente, giudicava l'aspetto del figlio un po' troppo trasandato? Noi aggiungiamo un altro episodio. In attesa dell'intervista, a Simone – che, aggirati i voleri materni, ha di nuovo guance e mento di un intenso nero corvino – gli abbiamo chiesto di posare per qualche scatto, quelli che vedete in queste pagine. Dopo diverse fotografie, Zaza sembra a disagio, quasi irritato. Non sarà mica tornato il cattivo ragazzo? No, per nulla. Il 10 neroverde si spiega: "Scusate, è che mi vergogno!". Sì, uno dei più promettenti talenti della Serie A prova un forte pudore davanti all'obiettivo di una macchina fotografica. Altroché Balotelli, viene subito da pensare. È proprio da qui che non abbiamo più dubbi interpretativi su Simone Zaza, che ci lascia affascinati e piacevolmente sorpresi per la sua sincera umanità. Il presupposto migliore per intraprendere un'intervista, dove Simone si racconta, si diverte e fa divertire anche noi.

Partiamo dalle tue origini. È difficile vedere giocatori della tua terra, la Basilicata, arrivare ad alti livelli. Tu come sei riuscito ad abbattere questa barriera ideale?
"Ci è voluta tanta fortuna, di certo. Bisogna farsi trovare pronti al momento giusto e saper sfruttare le poche occasioni che ti vengono offerte. In Basilicata non capita a tutti, quindi, oltre a considerarmi un po' bravo, mi sono sentito molto fortunato".

Giovanissimo lasci la tua terra e la tua famiglia. Quanto ti ha formato questa esperienza? È lì che è nato Simone Zaza, tutta forza e determinazione?
"Sono andato via di casa a 13 anni. Per i primi due anni mia madre mi ha seguito e pure mio padre, quando non era impegnato per lavoro, ci raggiungeva per stare un po' con noi: i miei genitori mi hanno sostenuto in maniera decisiva. Certo, ho passato quattro anni della mia adolescenza a Bergamo, un luogo che non conoscevo e dove ho dovuto imparare ad ambientarmi. Tutto sommato, però, sono esperienze che farei di nuovo".

A proposito, sul braccio hai un tatuaggio che raffigura tua madre. Ha molto colpito in passato la promessa mantenuta che le facesti riguardo alla tua barba. Deve essere forte il legame con lei…
"Ho un rapporto bellissimo con i miei genitori, con cui mi confido. Sono molto presenti, ma mi lasciano sempre libero di fare le scelte che ritengo più giuste. Mia madre e mio padre hanno rappresentato il pilastro per la mia crescita e il motivo per cui sono arrivato a giocare a questi livelli".

Quando hai capito che avresti potuto raggiungere traguardi così alti?
"Non ho mai avuto l'ossessione di arrivare. La mia forza è stata l'incoscienza, perché quando giocavo, come in Lega Pro col Viareggio, e pure quando non giocavo, come in Serie B ai tempi della Juve Stabia, dentro di me sentivo che ce l'avrei comunque fatta, mi sentivo già forte. In un certo senso, intimamente ho sempre saputo di potercela fare".

Forse la svolta è stata Ascoli. Stagione 2012/2013, la bellezza di 18 reti in 36 presenze…
"Sì, perché ad Ascoli ho dato concretezza alle mie qualità, guadagnando l'interesse di diverse squadre di Serie A, tra cui il Sassuolo, dove sono approdato l'anno successivo".

Sassuolo, appunto. Assomiglia per tranquillità alla tua Basilicata. Forse manca solo il mare.
"Vero, anche se poi non è così lontano. È innegabile, qui a Sassuolo sto bene. Non ci sono tante pressioni, si può lavorare in maniera efficace. Troviamo le motivazioni in noi stessi e non è difficile, perché credo che chiunque vorrebbe fare bene in Serie A. Questo è il posto giusto per me, per poter crescere sempre di più".

In merito alla tua maturazione, il tuo carattere fumantino degli inizi ti aveva procurato la fama di bad boy lucano. Quando ti sei detto: "Simone, stai più tranquillo"?
"Io ero semplicemente un ragazzino vivace che giocava a calcio, ma non ho mai creato problemi, né all'interno dello spogliatoio né nello staff. Sono maturato molto rispetto a qualche tempo, ma debbo crescere ancora tanto".

In questo processo di crescita, il ruolo di Di Francesco è forte. Cosa ti lega a lui?
"Sì, ho un bellissimo rapporto con il mister. La mia carriera è ancora agli inizi, dunque non ho lavorato con molti allenatori, ma posso dire che dal punto di vista umano Di Francesco è speciale, ha la capacità di far sentire importanti tutti. Poi, nei periodi complicati sotto il punto di vista fisico, e soprattutto mentale, mi ha sempre dato forza, senza mai perdere fiducia in me stesso".

Parliamo di Nazionale. Esordio con goal contro la Norvegia, episodio che ti ha consolidato come icona della nuova Nazionale, quella che premia chi ha fame e non le copertine. Pensi che Conte possa dare l'identità mancante? Qual è il suo punto di forza?
"Conte è molto diverso dal mister. Con Di Francesco ho un rapporto più intenso, oramai ci conosciamo da due anni, parliamo molto spesso. Al contrario, ho avuto poche occasioni per approfondire il dialogo con Conte. Si è concentrato a spiegarmi soprattutto questioni tattiche e calcistiche, ma mi ha dato una mano nel periodo in cui si parlava molto di me, aiutandomi sotto diversi aspetti. Lo devo ringraziare, perché questo atteggiamento indica che crede in me".

Oramai cult è l'intervista insieme ad Immobile durante il ritiro della Nazionale dell'ottobre scorso. Ti ritrovi nella descrizione che Immobile ha fatto della vostra intesa, definendovi come "coppia ignorante", nel senso più benevolo del termine?
"Io quando gioco sono sempre un po' ignorante. Ci metto foga, cattiveria, anche se a volte forse esagero. Però, sì, secondo me, ci vuole un po' di ignoranza per fare bene (ride, ndr)".

È tempo di curiosità. Abbatti il cliché del giocatore tutto belle macchine e lusso andando ad allenamento in monopattino. Confermi?
"Sì, è vero, è capitato qualche volta. Sono, sotto certi aspetti, l'anti-calciatore. Molti miei colleghi hanno abitudini che non condivido, preferisco avere i miei passatempi".

Ecco: cosa fa Simone Zaza quando ha una giornata libera?
"Uno dei miei pochi vizi è la passione per i vestiti, quindi passo giornate intere nei negozi di abbigliamento a provare un po' di tutto e comprare. Mi piace anche mangiare, vado spesso al ristorante. Ultimamente ho iniziato ad apprezzare il sushi, ma preferisco sempre il pesce che fa mia madre (ride, ndr). Inoltre, condividendo la casa con il mio migliore amico, sono spesso insieme a lui. Ora ho anche un cane da accudire, perciò conduco una vita molto tranquilla, ma comunque molto divertente".

Queste tue abitudini confermano un'immagine pubblica "pulita", tanto che Giuliano Ferrara ha detto questo: "Se Zaza desse un'intervista in cui dichiara che gli piace Giamburrasca e il libro Cuore e non ha tempo di vedere Sex and the City, preferisce una passeggiata in monopattino, una proposta di matrimonio gay gliela farei senza indugio".
"Io non mi impegno ad essere così, sono tranquillo per natura e mi faccio i fatti miei, senza sforzi. È anche vero che, da poco tempo, la mia immagine è cambiata molto, perché qualche mese fa in pochi sapevano chi fosse Simone Zaza. Adesso, giocando nel Sassuolo, e soprattutto dopo l'esordio in Nazionale, la gente mi conosce meglio. Certo fa piacere, ma io voglio che si parli di me soltanto sotto il profilo sportivo e non per quello che riguarda la mia vita privata. Cerco di evitare qualsiasi genere di gossip, non mi piace per nulla".

Insomma, come quando scrissero che, prima di giocare nel Valdera, nel 2002 l'Empoli ti scartò perché ritenuto grasso.
"Ho sentito anche io questa storiella, ma non è così. Mi scartarono perché probabilmente non mi ritenevano all'altezza, ma sono sempre stato molto magro. È il semplice effetto dei pettegolezzi, appunto".

La tua è una scelta controcorrente rispetto a quella di molti calciatori famosi. Come riesci a mantenere attentamente separate la tua fama e la tua vita privata?
"Io ho assolutamente bisogno di dividere le due cose. Appena finisco di allenarmi, devo dimenticare il calcio, stare con i miei amici e non pensare a nulla, sennò impazzirei. Del resto, se uno inizia ad essere sulla bocca di tutti, è facile che i giornali sfruttino l'occasione ed enfatizzino alcuni episodi. A maggior ragione, bisogna stare attenti e, al posto di fare qualche "cavolata", evitare di ritrovarsi in situazioni che potrebbero creare problemi".

Inizia il quiz. C'è un goal a cui sei più affezionato?
"Il prossimo! (ride, ndr)".

E la rete contro la Norvegia? Dove la mettiamo?
"A parte gli scherzi, direi proprio quella, non ci credevo nemmeno io. È stata un'enorme soddisfazione e nemmeno mi sarei aspettato che la mia vita potesse cambiare da una settimana all'altra. Oltre a quel goal, a livello di sensazioni direi anche la doppietta con la Roma del dicembre scorso, perché stavo passando un momento particolare, con prestazioni globalmente deludenti. Ricordo che i miei amici e i miei compagni di squadra mi aiutarono tantissimo per affrontare quella partita nel miglior modo possibile, non posso che ringraziarli".

Tra 5 anni ti alzi una mattina: cosa vorresti trovare nella tua vita sportiva?
"Sicuramente voglio già aver vinto qualcosa, possedere qualche trofeo in bacheca. In più, avere sempre segnato tanto nelle stagioni precedenti e giocare in una grande squadra".

Hai chiamato tu stesso questa domanda: qual è la big in cui ti vedresti meglio in questo momento e dove un giorno speri di giocare?
"Adesso il top è sicuramente il Real Madrid, anche se sarei indeciso, perché ci sono squadre come il Barcellona… Forse meglio il Real, perché il Barça ha delle punte molto diverse da me, basse di statura e molto tecniche. Il Real, invece, ha Benzema, che mi somiglia di più per caratteristiche, anche se non c'entro niente con lui, eh (ride, ndr). Sì, sceglierei Real Madrid".

Il prototipo di calciatore perfetto per Simone Zaza: testa di? Cuore di? Piedi di?
"Testa… Beh, direi la mia, perché penso di avere l'approccio corretto. Non sono un professionista disinteressato, per nulla, ma non sono nemmeno come i giocatori che curano il proprio mestiere in maniera maniacale. Poi, userei il cuore di Gattuso e Magnanelli: il capitano ha una grinta unica, che riesce a trasmettere a tutti noi. Infine, i piedi e la tecnica di Ibrahimovic. E anche di Van Basten, dai (ride, ndr)".

Van Basten è uno dei tuoi idoli, appunto. Una sera sei libero a casa e ti invitano a cena sia Van Basten sia Rihanna: sei obbligato a scegliere soltanto uno dei due. Con chi vai? Vediamo se sei davvero un bravo ragazzo. "Scelgo Van Basten, lascio Rihanna a casa. Anzi, facciamo così: cena con Van Basten e dopocena con Rihanna (ride, ndr)".

Risposta impeccabile. Dal Cigno di Utrecht passiamo nuovamente all'attualità: qual è il giocatore con cui ad oggi scambieresti la maglia?
"L'ho già scambiata con Balotelli ancor prima di conoscerlo, con Chiellini, Tevez, Pirlo e Osvaldo. Senza dubbio, la scambierei con Ibrahimovic, è uno dei miei miti, tanto che ho già una sua maglietta del PSG indossata. Poi, naturalmente, il desiderio più forte è quello di avere la maglia di Cristiano Ronaldo, a chi non piacerebbe? Significherebbe che gioco in Champions League, no? (ride, ndr)".

Coppa dalle grandi orecchie, campioni di classe mondiale… Zaza dove si mette? Dove potrà arrivare?
"Non mi pongo limiti. Magari dirò cose scontate, lo so, ma il vero sogno è quello di vincere un Mondiale o la Champions League con il mio club, ma mi sa che debba fare ancora tanta strada (ride, ndr)".

L'ultima domanda è un "Giù dalla torre": Champions da protagonista o Mondiali?
"Mondiali con l'Italia. Anzi, li vinco tutti e due (ride, ndr)".

La risposta finale è il perfetto compendio di Simone, dove convivono ambizione, intelligenza ed ironia, oltre ad acclarate qualità di calciatore. I suoi 23 anni non possono che essere linfa per il suo enorme talento, gestito, come ha già dimostrato, con criterio proficuo e lungimiranza. Non possiamo che augurargli un futuro ricco di traguardi raggiunti, di vivi stimoli e sorrisi, non soltanto professionali. Ci auspichiamo, allo stesso modo, che una società coraggiosa, dai saldi principi sportivi e umani come il Sassuolo possa rendere il proprio futuro ancor più confortante di quanto non lo sembri già ora. Ci accodiamo al motto neroverde: Forza Sasòl!

LA PASTA DEL CAPITANO
Dici Francesco Magnanelli, dici Sassuolo. Il capitano dei neroverdi, vero perno della squadra, ha vissuto per intero, dal 2005 ad oggi, la meravigliosa cavalcata della società emiliana.

Sei emiliano di adozione. Cosa ti lega così tanto a Sassuolo?
"La cosa più importante è che siamo riusciti a crescere assieme, lottando sempre per vincere: questo è ciò che ci accomuna tutti. Dalla C2 siamo partiti con entusiasmo, con momenti straordinari ed altri più difficili. Sono rimasto perché mi hanno sempre fatto sentire importantissimo".

Avevi mai pensato di poter diventare capitano di una squadra di Serie A?
"A dire la verità, no, ma, quando mi sono confrontato con la B , ho apprezzato il potenziale di questa società ed ho pensato che mancasse solo l'ultimo gradino, come poi è stato. Bellissimo, perché sono arrivato in Serie A con le mie gambe e questo mi riempie di orgoglio".

Quando avete capito di poter diventare il Sassuolo di ora?
"In una crescita così lunga è difficile individuare un solo momento. Credo che la positività e la tranquillità trasmesse a tutti noi dal dottor Squinzi e dalla Mapei siano state fondamentali, perché ha sempre detto di volere vincere e l'ha dimostrato con i fatti".

Tra il Magnanelli della C2 a quello della A cosa è cambiato?
"Sotto certi punti di vista è cambiato tantissimo, c'è stata una maturazione completa. Ora, finalmente, mi sento un giocatore importante per questa società. Quello che è rimasto uguale è lo spirito, so da dove sono venuto e so dove appigliarmi in determinate situazioni".

Quali allenatori ti hanno segnato maggiormente?
"Credo che Allegri, sotto il punto di vista della gestione e della mentalità, sia stato il migliore che abbia mai incontrato. Pioli è un uomo vero, oltre ad essere un allenatore completo. Mandorlini ha un grande carisma, sa trasmettere determinati valori. Di Francesco, infine, è stato il più importante, perché ha stravolto allenamenti e modo di pensare: ci ha permesso di diventare grandi".

Il futuro ti vede ancora qui? "Sassuolo è una tappa fondamentale della mia vita e qui, dove è anche nata mia figlia, mi vedo ancora per tanto tempo. Vogliamo scalare posizioni di anno in anno e chissà come andrà a finire. Cresciamo insieme!".

CARNEVALI, IL TUTTOCAMPISTA IN SCRIVANIA
Amministratore Delegato e Direttore Generale degli emiliani da questa stagione, Giovanni Carnevali è il trait d'union, tra l'anima sportiva e quella aziendale del Sassuolo.

Al suo arrivo, l'anno passato, dice di aver trovato "una grande famiglia, un ottimo ambiente, con persone capaci, che lavorano intensamente per poter migliorare e rafforzare le strutture necessarie per consolidarsi in un ambiente ostico come la Serie A". La passione vivace di Squinzi ha particolarmente impressionato Carnevali: "Squinzi è un uomo di sport, tutta la sua famiglia è amante delle discipline sportive. Si è preso a cuore questa società, si dimostra molto interessato ad ogni aspetto del nostro lavoro". La vera forza è quella di avere "una struttura ben definita, con responsabilità diverse per ognuno. Il programma di lavoro viene determinato dalla società, condiviso con tutti gli operatori e poi portato avanti con determinazione". L'AD ha chiare le metodologie di gestione del Sassuolo e delle sue risorse: "Una società sportiva deve essere gestita come un'azienda, ovvero, prima di tutto, deve avere un bilancio positivo ed un profilo economico solido"; una mentalità corroborata dalla proprietà, "sempre molto presente e vicina a noi", spiega. I progetti sono ambiziosi, come quelli legati all'acquisto dello stadio di Reggio Emilia, ora Mapei Stadium, "che ci dà grandi opportunità. Dobbiamo programmare i lavori per renderlo adatto alla Serie A e ancora più bello ed appetibile per i grandi eventi". Ma non solo: "Ci impegneremo nel settore giovanile per migliorarlo; inoltre, implementeremo l'efficacia delle aree sportiva, gestionale e di quella deputata alla comunicazione". Una visione globale, che comprende una priorità assoluta quale la valorizzazione dei giovani, "per diventare una piazza interessante ed intrigante per i ragazzi, con l'obiettivo di contare sempre meno "anziani" in squadra". Dove il DG sassolese vede i neroverdi tra qualche anno? "Una cosa è certa: il nostro traguardo immediato è quello della salvezza, ma" – specifica – "sappiamo che, continuando a lavorare in questa maniera, in futuro potremo toglierci qualche soddisfazione in più". Insomma, "poche idee, ma chiare", chiosa Carnevali.

IL DIRETTORE MASCHERATO

Non si vede spesso, ma c'è, eccome. Stiamo parlando di Nereo Bonato, Direttore dell'area tecnico-sportiva del Sassuolo dalla stagione 2004/2005. Non è un caso se, da quel momento, i neroverdi non si sono più fermati.

Lei ha vissuto per intero la crescita del Sassuolo.
"Il fattore fondamentale è stato quello di avere una proprietà seria, intenzionata a costruire qualcosa di duraturo. Dalla C2, passo a passo, si è cercato di mirare all'obiettivo possibile. Abbiamo cercato di dare una connotazione tattica ben definita, ovvero il 4-3-3, quindi sul mercato abbiamo individuato giocatori che potessero inserirsi al meglio in questo assetto e allenatori che avessero nel proprio DNA tale modulo".

Poche operazioni di mercato, ma mirate.
"Negli anni, la capacità della società è stata quella di adattarsi alle necessità ed effettuare le scelte sugli uomini, sui professionisti, con molto criterio. Abbiamo fatto soltanto un paio di rifondazioni: oltre a quella iniziale, una dopo l'annata difficile in Serie B e una l'anno scorso nel salto dalla B alla A".

Avete preso decisioni importanti anche in termini economici. Qual è il vostro obiettivo?
"Il nostro obiettivo è quello di confermarci nella categoria. Per quanto riguarda gli investimenti, è vero che sono stati sostanziosi, ma siamo convinti che siano, appunto, investimenti e non costi, perché sono stati effettuati su giocatori molto giovani cui offriamo una possibilità prima del salto in un top club. L'obiettivo è quello di affermarci come realtà che si consolidi nel panorama della Serie A e monitorare i giovani, salvaguardando il risultato sportivo".

Su una rosa di 28 giocatori, 25 sono italiani. Scelta cercata? Quali sono i vantaggi?
"Assolutamente. È un grande vantaggio in una realtà come Sassuolo, dove non c'è grande pressione ed è necessario avere un gruppo coeso. Lavorare con ragazzi che conoscano questa realtà e il campionato italiano è importante, perché bisogna essere consci della realtà in cui si va a calarsi".

In definitiva, possiamo dire che c'è tanto di Bonato in questo Sassuolo.
"Con umiltà e lavoro, sono sempre stato il punto di riferimento tecnico e mi fa piacere veder confermata la bontà delle scelte fatte".

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© foto di Federico De Luca