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Cosa deve insegnare al calcio italiano la vittoria del Bayern in ChampionsTUTTO mercato WEB
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lunedì 24 agosto 2020, 08:15Il corsivo
di Marco Conterio

Cosa deve insegnare al calcio italiano la vittoria del Bayern in Champions

Undici vittorie in undici partite, col secondo allenatore, figlio di un esonero, che ai primi vagiti ha preso schiaffi sonori. La Champions League con Hansi Flick al timone, il Bayern Monaco all'ennesima potenza. La serata di Lisbona, la final eight e in generale tutta la stagione dei bavaresi, lasciano tracce profonde, insegnamenti importanti. Su tutte che bisogna saper spendere, e in tempi di ristrettezze, di sceicchi, di plusvalenze e di fair play, non è certo affare scontato. Il Bayern è l'unica grande coi conti in verde, in positivo. Ed è sul tetto d'Europa, dopo il Triplete. Roba da far saltare le scrivanie d'ogni amministratore delegato che ogni giorno s'arrampica tra mille strategie pur di far quadrare i conti. Il Bayern Monaco è un modello, dev'essere ora un qualcosa a cui mirare per le italiane. Perché, di fatto, domina un campionato quasi monogamo, come la Juventus, e ha una concorrente vera e credibile, il Borussia Dortmund come l'Inter. Le similitudini vanno avanti, perché ci sono squadre che talvolta s'affacciano agli alti piani, nobili decadute, chi prova a volare ma stenta pure a galleggiare. Il Bayern no, è una costante, e lo è sul campo e pure nei conti.

La vittoria in Champions League insegna che gli uomini bisogna saperli scegliere, e che il portafogli non basta. Ci sono macchine scriteriate, in giro per l'Europa, il Barcellona che per sostituire Neymar ha fallito con Philippe Coutinho, Ousmane Dembelé e con Antoine Griezmann, di fila, ne è l'apice. Però anche in Italia, di recente, gli investimenti pesanti sono macigni sulle casse dei club. Il Bayern, invece, ha imparato a perdere i campioni ma non l'amore per il risultato. Ha deciso che pochi ma buoni è una filosofia da sposare, che credere nei giovani è la soluzione, che avere basi credibili in dirigenza è la prima gettata di cemento per tirar su un impianto come quello visto a Lisbona.


Lo stadio è la traccia, il centro sportivo una meraviglia, i bavaresi hanno insegnato a grandi campioni a riconoscere una casa e a non volerla mai lasciare. Non stupisca, allora, se Manuel Neuer, Thomas Muller ma pure Robert Lewandowski, nonostante il tira e molla sul Real Madrid e sul rinnovo milionario, hanno piantato le tende in Baviera. Se è intenzionato a farlo Joshua Kimmich, poi Niklas Sule, Serge Gnabry. Hanno capito, al Bayern, che il talento è ovunque, anche in Canada, con Alphonso Davies, e che se c'è da spendere per quello che si ritiene essere l'uomo giusto, Leroy Sané, è giusto farlo. Ma anche che perdere un campione, Thiago, è sacrificio necessario. Che nessuno è incedibile ma in un progetto così, è dura che arrivino messaggi d'addio. La storia recente del club lo insegna, la notte di ieri sublima il tutto.