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Claudio Nassi: "Romano Fogli, un campione e un uomo riservato"
Ci ha lasciato Romano Fogli. Provo un grande dolore. Persona squisita, gentiluomo di antico stampo, oltre ad essere stato un signor calciatore. Mi è piaciuto il titolo de La Nazione: "Addio Fogli, fuoriclasse della porta accanto". Complimenti. Dice tutto, dell'atleta e dell'uomo. Non ho sentito una persona muovere un appunto a Romano. Rientra tra i pochi che non hanno nemici. Impossibile non apprezzarlo sotto ogni punto di vista. Arrivai al Torino nel '58. Era stato ceduto al Bologna per 80 milioni. Aveva lasciato un grande vuoto. Tutti parlavano di lui. Una grave perdita e l'allora Talmone Torino retrocesse. A Bologna rimase dieci anni e tutti lo ricordano per la tecnica, l'eleganza, la continuità di rendimento e per una frase di Bulgarelli: "In quella squadra Romano era il migliore tecnicamente". Se pensate che nell'undici giocavano Giacomo e Haller, tirate le conclusioni. Poi fu apprezzato nei due anni al Milan, prima di chiudere a Catania.
Sono in difficoltà quando provo a tracciare un ricordo di persone che ho sempre stimato. Non posso fare a meno di tornare a Burgnich. Anche Tarcisio aveva punti di contatto con Romano. La riservatezza prima di tutto, il non voler scavalcare chicchessia, unite alla consapevolezza della propria forza e del proprio valore. Così diversi sotto il profilo fisico: uno marcatore spietato, prima di chiudere da eccellente libero, e l'altro mediano dalla tecnica sopraffina. Insuperabile. Verratti sul piano tecnico non si discute, ma si compiace di saper far tutto con la palla; Fogli sapeva far tutto, ma sempre in funzione della squadra. Metteva il compagno nella situazione migliore e dice tutto una sua frase: "La giocata di cui vado più orgoglioso è l'assist a Nielsen per il secondo gol dello scudetto, nello spareggio con l'Inter del '64".
Avrei voluto ci fossero ancora Aldo Bardelli e Gianfranco Civolani per leggere che cosa avrebbero scritto. Certamente pezzi eccezionali. Così come mi ha fatto piacere l'e-mail dell'amico Agroppi: "Come calciatore non aveva l'eguale, un pittore, un incanto che non passava inosservato. Anche il pallone rideva per come veniva accarezzato. Armonioso, tecnicamente giocava nelle braccia di Dio. L'uomo immenso. Averlo vissuto mi rende orgoglioso".
Sono in difficoltà quando provo a tracciare un ricordo di persone che ho sempre stimato. Non posso fare a meno di tornare a Burgnich. Anche Tarcisio aveva punti di contatto con Romano. La riservatezza prima di tutto, il non voler scavalcare chicchessia, unite alla consapevolezza della propria forza e del proprio valore. Così diversi sotto il profilo fisico: uno marcatore spietato, prima di chiudere da eccellente libero, e l'altro mediano dalla tecnica sopraffina. Insuperabile. Verratti sul piano tecnico non si discute, ma si compiace di saper far tutto con la palla; Fogli sapeva far tutto, ma sempre in funzione della squadra. Metteva il compagno nella situazione migliore e dice tutto una sua frase: "La giocata di cui vado più orgoglioso è l'assist a Nielsen per il secondo gol dello scudetto, nello spareggio con l'Inter del '64".
Avrei voluto ci fossero ancora Aldo Bardelli e Gianfranco Civolani per leggere che cosa avrebbero scritto. Certamente pezzi eccezionali. Così come mi ha fatto piacere l'e-mail dell'amico Agroppi: "Come calciatore non aveva l'eguale, un pittore, un incanto che non passava inosservato. Anche il pallone rideva per come veniva accarezzato. Armonioso, tecnicamente giocava nelle braccia di Dio. L'uomo immenso. Averlo vissuto mi rende orgoglioso".
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