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Carrozzieri, dal pallone alla ristorazione: "Non mi riconosco più in questo calcio"

Carrozzieri, dal pallone alla ristorazione: "Non mi riconosco più in questo calcio"
mercoledì 22 aprile 2020, 05:50Che fine ha fatto?
di Gaetano Mocciaro

Dal calcio alla ristorazione. Moris Carrozzieri ha cambiato vita, abbandonando un modo nel quale non si riconosce più. Ai microfoni di Tuttomercatoweb ci racconta la sua nuova vita: "A San Benedetto del Tronto ho un ristorante, che si chiama 'Rigatoni'. Essendo amico del gestore del famoso locale di Formentera mi ha dato il permesso di chiamarlo così. E poi ho due bar. Alla gestione ci pensa mia sorella Emanuela a cui sono molto legato. Si occupa di tutto, dalla gestione dei dipendenti alla contabilità. E ho un socio, Antonio Esposito, anch'egli proveniente dal mondo del calcio".

Come mai hai scelto proprio San Benedetto del Tronto?
"Pur essendo abruzzese è una città alla quale sono legato, dove ho tanti amici e ricordi d'infanzia. È un lavoro che mi piace e mi permette di stare in mezzo alla gente. Mi è capitato di organizzare eventi proprio qui come la 'Bobo Summer Cup' dove c'erano ex calciatori come Delvecchio, Zambrotta, Ventola. E ovviamente Vieri".

Ti manca il calcio?
"Ogni tanto sì, ma non posso dire di esserne uscito del tutto. Tutto sommato sono rimasto amico con molti. Anche recentemente abbiamo fatto una cosa per Palermo con Balzaretti, Nocerino, Amauri".

Cosa ti ha portato a smettere?
"Non è più il calcio di una volta, quello dei miei tempi. C'è una altro approccio e il problema principale è che non si curano più i settori giovanili. Molte società campavano con i settori giovanili, ora si punta a prendere i giocatori dall'estero e i ragazzi non crescono più. Mancano gli investimenti, e anche a livello comunale non vedo volontà. E anche nelle scuole calcio vedo che insegnano persone che non hanno mai tirato un calcio ad un pallone".

Eppure c'è stato un momento in cui sei rimasto in questo mondo
"Avevo iniziato a fare il direttore sportivo a Mantova, dove ho preso Juric come allenatore. Abbiamo fatto la Serie C, salvandoci. Poi sono cambiate le cose in società e sono andato a Giulianova, in D. Poi la società è sparita, non c'era più niente".

È stato lì che hai visto che il calcio era cambiato?
"Non mi rispecchiavo nei ragazzi, non mi ci rivedevo. Ragazzi che si sentivano fenomeni quando ai miei tempi a quelle categorie testa bassa e pedalare. L'ho notato tanto a Giulianova che a Mantova. Su 20 giocatori ce n'era uno che aveva fame, gli altri 19 no. E al primo ostacoli si bloccavano".

Altri tempi rispetto ai tuoi. Sei stato uno dei pochi a fare il salto dalla C alla A
"Giocavo nel Teramo, che a quei tempi aveva gente come Simone Pepe, Biso, Terlizzi, Molinari. Mi prese la Samp per fare il quinto centrale di difesa. Pensavo di non avere chance e di andare a giocare in prestito altrove, ma Novellino fu colpito da me in ritiro e dopo le prime due partite di campionato in tribuna mi lancia titolare a San Siro: sono passato di colpo dal giocare davanti a 5mila persone a uno stadio da 80mila persone.".

Una carriera fatta di sliding doors. La prima nel 2006, dove sei stato vicino alla Juventus
"Avevo fatto molto bene ad Arezzo e avevo parlato con Luciano Moggi: tutto fatto, fermato un pre-accordo e appuntamento alla nuova stagione. Arrivò Calciopoli e tutto ciò che ne ha comportato: cambiò la dirigenza della Juventus e i nuovi dirigenti fecero saltare tutto".

Anche col Milan c'eravamo quasi
"Feci una tournée di 25 giorni a Shanghai e Hong Kong con i rossoneri. Venivo da una stagione alla Sampdoria dove avevo fatto 30 partite da titolare. Era il 2004 e finì lì. Anni dopo si presentò l'occasione di firmare per il Milan, ma quando sembrava fatta arrivò la squalifica per doping. E saltò tutto".

Rimpianti?
"Uno solo, che mi è costato la squalifica per doping. Un errore che ho fatto e ne ho pagato le conseguenze".

Sfatiamo un mito: il tuo nome, Moris, non è l'italianizzazione di Maurice?
"No, la storia di Maurice divenuto Moris non è vera. I miei genitori dovevano chiamarmi Fabio ma mio padre si sbagliò e all'ufficio anagrafe mi fece registrare Moris".

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