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Dal calcio alle sanificazioni, la nuova vita di Cristian Baglieri

Dal calcio alle sanificazioni, la nuova vita di Cristian Baglieri
mercoledì 27 maggio 2020, 06:00Che fine ha fatto?
di Gaetano Mocciaro

Quasi 300 partite fra i professionisti e gol distribuiti dalla B alla C2, contribuendo alle promozioni di Padova e Mantova. L'esordio in Serie A col Napoli di Careca e le giovanili a osservare Diego Armando Maradona. Le tappe in Puglia sotto la guida di tecnici emergenti come Delio Rossi e Giampiero Ventura e la favola Castel di Sangro. Cristian Baglieri ha girato l'Italia a suon di gol e assist, prima di appendere le scarpe al chiodo e cambiare mestiere. Ai microfoni di Tuttomercatoweb ci racconta la sua nuova vita e i ricordi del suo passato di attaccante.

Cosa fai nella vita?
"Io lavoro in una ditta dove facciamo sanificazioni, ci occupiamo di tutto. Lavoriamo con gli appalti del Comune, ospedali, cliniche, RSA".

Immaginiamo più del previsto
"Adesso lavoriamo il doppio, purtroppo è l'altra faccia della medaglia perché c'è gente che sta perdendo il lavoro. Lavoriamo a Mantova ma anche fuori regione: è un bel lavoro".

Rischi?
"Noi quando facciamo questo tipo di lavori siamo coperti, abbiamo tutte le coperture che possiamo avere. Dalla mascherina alla tuta. I rischi sono dappertutto. Se previeni una situazione è il meno. Fortunatamente non è successo niente, siamo fortunati e bravi e gestire la situazione difficile".

C'è stato un passato, ma anche un presente nel mondo del calcio
"Sono rimasto in questo mondo. Mi piace allenare i bambini. Alleno i 2009 in una scuola calcio. Vivo a Mantova, ho allenato anche i ragazzini ma adesso col lavoro preferisco qualcosa di più gestibile. La squadra si chiama 'La Mantovana Junior'. Sono direttore tecnico e allenatore".

Non ti manca il calcio dei 'grandi'?
"Certamente, ma a una certa età devi fermarti. Posso dire che mi sono divertito tantissimo. Del calcio attuale sto vedendo che c'è poco interesse a far crescere i giovani e mi dispiace".

Sei cresciuto in un settore giovanile importante come quello del Napoli
"Ai miei tempi era un'altra cosa, la società faceva per i giovani i salti mortali. E infatti sono usciti fuori giocatori come Ferrara e Fabio Cannavaro".

Forse anche il talento è diminuito
"Può darsi, perché la vita è cambiata. Vengo dalla strada, da un paesino di mare dove non c'era altro. Ci organizzavamo, prendevamo un pallone, facevamo i pali con le scarpe. Ora con i telefonini, playstation e altro è cambiato tutto e dispiace".

A Napoli hai potuto vedere l'epoca Maradona
"Guai a chi tocca il Pibe, un grande. Si è comportato con noi da persona eccezionale. Sono arrivato nel 1987 a Napoli, nell'anno del primo scudetto. Ricordo quando eravamo a Soccavo, loro venivano in ritiro al sabato, giovedì le partitelle e vederlo giocare era uno spettacolo".

A 19 anni l'esordio in Serie A
"C'erano campioni come Zola e Careca. Avevo esordito prima in Coppa Italia con Claudio Ranieri, poi in campionato con Ottavio Bianchi. Due allenatori diversi tra di loro, due grandi allenatori".

Rimpianti per non aver visto un seguito con gli azzurri?
"Il calciomercato è strano. Ero in comproprietà con l'Ancona e i due club non si accordarono. Alle buste la spuntarono i marchegiani. Da lì altra comproprietà, stavolta col Foggia. Anche lì si va alle buste e l'ha vinta il Foggia".

A Foggia e poi Lecce hai trovato due tecnici che sono andati lontano: Delio Rossi e Giampiero Ventura
"A livello tattico Ventura faceva già vedere di essere un allenatore importante. Mi volle a Lecce perché io gli feci gol da avversario. Mi spiace per come sia finita in Nazionale ma l'hanno messo in difficoltà. Resta per me un grande allenatore, che sa leggere la partita e tatticamente è preparato. Delio Rossi provò a seguire la filosofia di Zeman a Foggia: eravamo partiti per vincere il campionato e ci siamo salvati perché tolsi la palla dalle mani del portiere del Cesena nel finale. E poi segnai a Pistoia. Ricordo il ritiro con Delio Rossi, mai fatto uno così pesante. Era preparato, un po' schivo. Ma come allenatore è molto buono".

Il miglior tecnico avuto?
"Quello che mi è rimasto più impresso è Ranieri, soprattutto sotto il profilo umano. Io mi ero fatto un'idea degli allenatori, che non davano confidenza. Ranieri era davvero vicino a noi giocatori, dava fiducia e considerazione anche ai più giovani".

Dopo il calcio giocato cosa è successo?
"Non mi piace propormi però nel mondo del calcio, perché forse volevo collaborare di più con i giovani. Mi sono fermato a Mantova dove abbiamo vinto due campionati. Ho conosciuto mia moglie e mi sono fermato qua".

Cosa ti ha portato a cambiare mestiere?
"Grazie a un mio amico mi ha detto: vuoi venire a lavorare con noi, ci serve della gente fidata. Mi sono messo in gioco e devo dire che mi piace. Alleno, lavoro e sono contento. Da tre anni mi occupo di sanificazioni. Facendo l'allenatore eri sempre sul 'chi va la'. Qui ho un posto sicuro, mentre il calcio di oggi non è sicuro".

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