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Arbitri, ecco perché non vanno al Var. Non è vero che il protocollo invita ad usare le riprese solo per “chiaro ed evidente errore”. Napoli, era rigore. Giacomelli, doppio errore

Arbitri, ecco perché non vanno al Var. Non è vero che il protocollo invita ad usare le riprese solo per “chiaro ed evidente errore”. Napoli, era rigore. Giacomelli, doppio errore
© foto di Federico De Luca
venerdì 1 novembre 2019, 08:03Editoriale
di Enzo Bucchioni

Sinceramente speravo di non dover vedere più episodi come quelli dell’altra sera a Napoli o Udine, ma anche di domenica scorsa a Firenze e (purtroppo) su diversi altri campi in questo tormentato inizio di stagione.

Nella mia ingenuità pensavo che dopo aver risolto il problema del gol-non gol con i sensori nelle porte e quello storico del fuorigioco con sofisticate tecnologie, con l’introduzione del Var gli arbitri riuscissero gradualmente a portare anche i grandi errori prossimi allo zero.

E invece no, siamo alla terza stagione e paradossalmente andava meglio tre anni fa quando l’esperimento è cominciato ed era più libero.

Domanda banale da uomo della strada: ma se ti danno uno strumento che ti aiuta a sbagliare meno perché tu arbitro non lo usi? O, peggio, fai finta di non averlo?

Questa, alla fine, diventa la domanda delle domande.

Non voglio scomodare Freud, la psicologia comunque c’entra.

Cosa li spinge a un masochismo purissimo che li porta a essere contestati, purtroppo anche insultati o peggio, quando invece potrebbero raccogliere dei bravo e far meglio il loro mestiere?

Misteri degli uomini col fischietto che evidentemente soffrono ancora la sindrome del marchese del Grillo riveduta e corretta: “Io sono io e il Var non è un caz…”.

Se chiedi a loro ti dicono di no, che non è vero. Se chiedi a loro sono tutti favorevoli al Var, ma accusano il bieco protocollo che costringe il Var a intervenire in determinati casi, ovvio, ma solamente quando l’arbitro in campo compie un “chiaro ed evidente errore”. Dicasi protocollo, ma più banalmente trattasi delle disposizioni impartite dai signori dell’Ifab, l’organismo che decide le regole del pallone mondiale. Bene. Ieri sono andato a riguardare questo benedetto protocollo scoprendo che non è così rigido ma, volendo, offre margini di manovra e soluzioni. Mi sono sempre chiesto, ma possibile che quelli dell’Ifab siano peggio di Dio quando promulgò le tavole della legge? Possibile che ci sia l’ottusità al governo del calcio?

Ho scoperto (voi mi direte tardi, è vero) ad esempio che nel protocollo c’è scritto in sostanza che al di là del lavoro del Var: “Una revisione in campo può essere intrapresa per una decisione fattuale se aiuterà a gestire i calciatori o la gara o rendere pienamente credibile la decisione. Ad esempio una decisione cruciale nel finale di gara”. Pari pari il caso di Napoli del quale ora parlerò.

Queste righe sono buonsenso puro. Ma l’hanno mai letto gli arbitri?

Il problema è tutto qui. Ho stima della categoria, gli arbitri fanno un lavoro complicatissimo, provate a mettervi nei loro panni, nessuno vuole metterli alla berlina, ma la mentalità va cambiata. Ora o mai più. Se non l’avessero ancora capito, è finita l’epoca dell’uomo solo al comando. Oggi c’è un unico vero obiettivo da perseguire tutti assieme con caparbietà: arrivare a sbagliare quasi niente usando la tecnologia. Si può. Si può usando il protocollo, ma anche andando oltre, adoperando il buon senso, la duttilità, abbattendo le barriere ideologiche fra l’arbitro e il varista che devono lavorare sempre più in sintonia. E se è giusto che l’ultima parola spetti all’arbitro, si deve esprimere dopo aver analizzato tutto quello che ha a disposizione per avvicinarsi il più possibile alla decisione giusta. Il protocollo c’è, ovvio, è la cornice, ma se porti a casa tutte le domeniche partite perfette tirando il protocollo dove ti conviene vuol dire far bene il tuo mestiere.

Attenzione, non sono mica per mille revisioni al Var. Ma gli arbitri lo sanno, lo annusano se c’è il caso. Lo capiscono se la decisione deve essere suffragata o surrogata. Non vorrei mai più vedere un Guida fermo tre minuti in mezzo al campo che chiede a Mazzoleni “Paolo cosa hai visto” e poi alla fine sbaglia. Ma vallo a rivedere anche tu, rivedetelo assieme. E forse servirebbe meno tempo.

Il caso di Napoli va addirittura oltre. Giacomelli vede bene lo scontro Kjaer-Llorente e non fischia niente. E’ come se si scontrassero due auto e nessuna assicurazione vuol pagare. O è colpa di Kjar o è colpa di Llorente. Giacomelli ha fatto il Ponzio Pilato e non fischiando ha condizionato anche il Var che ha avuto meno margini di manovra. Se l’arbitro avesse fischiato come avrebbe dovuto, la revisione al Var sarebbe stata più facile e soprattutto l’Atalanta non avrebbe segnato scatenando il putiferio. Ingenuità che comunque poteva essere sanata. Questo è il caso appena letto sul protocollo. Il rigore c’era, evidente. Llorente mette il braccio per proteggersi dall’arrivo di Kjar. E quelli che sostengono il contrario guardano dei frame, decontestualizzano. L’azione va vista a velocità normale e per intero per capire cosa fa Kjar, cioè va addosso a Llorente. Ma anche a Udine perché Mazzoleni (ancora lui), non ha mandato a rivedere il contatto Fazio-Okaka? Spingono entrambi, non c’era niente.

Credo che passi in avanti si faranno quando sarà pronta la sala unica del Var a Coverciano con varisti fissi, efficaci, autorevoli, capaci di vedere in fretta e segnalare errori o invitare a una rewiew.

Nel momento in cui il calcio ha imboccato la strada (per me giusta) della tecnologia, deve uscire dai bizantinismi della soggettività-oggettività e quando serve si deve intervenire. Anche se l’arbitro in campo si offende. Anche se pensa di avere ragione. Qualcuno deve avere la possibilità di impedirgli di sbagliare, ora gli strumenti ci sono. Usateli.

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