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Bologna, tre motivi per la cessione di Diamanti: lascia il ricordo dei suoi gol, cincin Cina!

Bologna, tre motivi per la cessione di Diamanti: lascia il ricordo dei suoi gol, cincin Cina!
domenica 23 febbraio 2014, 00:002014
di Italo Cucci
Nato a Sassocorvaro il 31 maggio 1939, allievo di Gianni Brera, Severo Boschi, Aldo Bardelli ed Enzo Biagi. Collabora con la Rai come opinionista/editorialista sportivo.

Scrivo prima di Bologna-Roma perchè ho idea di parlare di Alino Diamanti e non voglio essere influenzato dal risultato della partita. Uscito di scena lui, il Bologna ha ottenuto una sorprendente vittoria sul campo del Torino e subìto una beffarda sconfitta a San Siro, con quel magico gol di Balotelli. Scrivo di Alino Diamanti perché un gruppo di gentlemen si è scatenato contro di lui, contro l'unico giocatore di alta qualità sbarcato sotto le Due Torri dai tempi di Beppe Signori e Marco Di Vaio (avrei voluto dire Baggio ma scherza coi fanti e lascia stare i santi). Alino ha scelto di andare in Cina, a Canton, al seguito di Lippi, non tanto per far felice la moglie Silvia Hsieh, nativa di Taiwan, ma per tre buoni motivi:

1)Un contratto favoloso che può garantirgli per sempre una vita agiata, alla faccia di chi sbaverebbe per avere un decimo di quegli euromilioni.

2) La sensibilità di capire che la sua stagione bolognese stava arrivando al capolinea (perdendo anche il Mondiale) quando nel disastro generale restava solo lui a garantire una minima qualità del gioco, senza peraltro poter garantire successi e salvezza, purtroppo messi in dubbio dalla sostanza collettiva - molto discutibile - e dalle guide tecniche.

3) Guaraldi doveva pagare gli stipendi e solo le svanziche cinesi potevano aiutarlo: senza infamia nè lode, il presidente ha pensato al club, agli altri giocatori, anche allo stipendio del tecnico, e ha fatto l'affare. Amen.

Le stelle di Diamanti - milioni di milioni - hanno salvato il glorioso Bologna dalla bancarotta e inoculato energia per tentare la salvezza nell'anno in cui si dovrebbe festeggiare il Cinquantesimo e ultimo Scudetto . Peccato non avere in rossoblù, quel giorno, Alino Diamanti. Quando Gino Corioni - il presidente bresciano che alla guida del Bologna fece godere una città - lo "regalò" al Bologna fui fra i pochissimi ad accoglierlo a braccia aperte: tifavo per lui fin dai giorni di Livorno, mi parve subito degno della tradizione tecnica rossoblù.

Dagli altri, prima pernacchie, poi l'amorosa marcia indietro ai primi gol, ai primi naturali colpi di classe che avevano innamorato anche Prandelli. Ma sapete cosa succede: quando uno è costretto a smentirsi davanti a fatti nuovi, fa finta d'esser felice ma sta sempre pronto a cogliere il primo accenno di... raffreddore per tornare a sparare; Alino è così passato dai fischi agli applausi, dalle critiche astiose ai peana finchè ha capito che stava tornando la bufera critica. Amato solo dai tifosi competenti, ha preferito lasciare a Bologna il ricordo dei suoi gol, delle sue sgroppate, del suo amore nato improvvisamente sul campo di Haller e Bulgarelli. E adesso, cincin, Cina!