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Cristiano Ronaldo ha distrutto la Spagna e il suo Mondiale dal di dentro, e Allegri lo ha aiutato. Ecco come. Mancini poteva avere ragione, ma c’è un particolare fondamentale che lui e la Figc hanno dimenticato su Euro2020

Cristiano Ronaldo ha distrutto la Spagna e il suo Mondiale dal di dentro, e Allegri lo ha aiutato. Ecco come. Mancini poteva avere ragione, ma c’è un particolare fondamentale che lui e la Figc hanno dimenticato su Euro2020TUTTO mercato WEB
mercoledì 12 settembre 2018, 00:002018
di Tancredi Palmeri
Inviato di beIN Sports, opinionista per la CNN, ogni settimana presenta la Serie A in 31 paesi stranieri

E’ stato un piano perfetto. E noi distratti dal passaggio di Cristiano Ronaldo alla Juventus. Altroché. Diabolico CR7, che arrivando ai Mondiali con il Portogallo campione d’Europa, e avendo nel proprio gruppo la Spagna, ha usato tutte le armi per farla fuori, anche se non è bastato a spianare la strada alla sua nazionale.
Cospirazioni a parte, in verità in maniera indiretta è stato proprio così che la Spagna si è vista distruggere il proprio sogno mondiale, accoltellata alle spalle da Cristiano, e con Massimilano Allegri che ha spinto la lama ancora più a fondo. Come? E’ presto detto, e non è fantasia.
La Spagna ha appena polverizzato la Croazia 6-0, solo 3 giorni dopo aver rimontato l’Inghilterra a Wembley, evento unico nella storia della nazionale inglese.
Guarda caso, se la Spagna non fosse uscita contro la Russia agli Ottavi, avrebbe incontrato proprio Croazia e Inghilterra. Ovvio, il calcio non si fa con i se, e tutte le partite sono diverse, così come sono diverse le motivazioni e sono state diverse nei due frangenti differenti le formazioni messe in campo.
Però. Però è innegabile che la Spagna prima fosse una macchina potente e attraente, almeno fino all’esonero di Lopetegui 24 ore prima del calcio d’inizio dei Mondiali; dopo, durante il Mondiale, fosse regredita allo stato di banda allo sbando con ognuno che va per i fatti propri; e adesso guarda caso sia già immediatamente ritornata al suo stato di bellezza calcistica naturale.
Una Spagna che forse non avrebbe battuto la Francia, ma certo sulla carta superiore a Croazia e Inghilterra. Una Spagna distrutta da Cristiano Ronaldo. Come? Così:

1) Cristiano annuncia che lascerà il Real Madrid quando ha ancora la Champions League in mano sul campo di Kiev.

2) Zidane lascia il Real Madrid, 10 giorni dopo. Forse una decisione che avrebbe comunque preso a prescindere dall’addio di Cristiano, sicuramente una decisone che dopo l’annuncio di CR7 viene ancora più fortificata.

3) Florentino cerca un nuovo allenatore: contatta Loew e Pochettino, vaglia Antonio Conte. I primi due rifiutano, il terzo non può accettare, tutti per lo stesso motivo: sono legati da un contratto troppo vincolante, o in una situazione in cui non possono liberarsi.

E qui, entra in gioco Massimiliano Allegri.

4) Florentino contatta Allegri: rispetto agli altri, in un’altra condizione, in un’altra stagione, avrebbe anche accettato, e Agnelli non gli avrebbe fatto lo sgarbo di non lasciarlo andare. Ma Allegri ai primi di giugno sa una cosa che Florentino ancora non è sicuro di sapere: Allegri sa che, se nulla osta, allenerà Cristiano Ronaldo, e diventerà il primo favorito per la Champions. E allora che senso ha andarsene proprio in quel momento al Real Madrid a ricostruire?

5) Florentino contatta Lopetegui: una settimana prima che inizi il Mondiale, e pochi giorni dopo che Lopetegui abbia già firmato il prolungamento di contratto come ct della Spagna fino al 2020. Lopetegui perde la testa per il Real Madrid; Florentino perde la testa e annuncia l’ingaggio senza avvisare la Federcalcio spagnola; il presidente della federazione spagnola Rubiales perde la testa e lo caccia a meno di 24 ore dall’inizio dei Mondiali.

Zidane se ne sarebbe andato via comunque, probabilmente. Ma se Cristiano non se ne fosse andato, allora Allegri avrebbe accettato. Lopetegui sarebbe stato al suo posto. Che Spagna avremmo visto.
Cristiano, che delitto perfetto…

Se torniamo invece nel campo della realtà, c’è Mancini che adesso sta scoprendo l’insostenibile pesantezza dell’essere ct della Nazionale, nel periodo peggiore della storia poi. Altro che cocco dei media: lo stanno crocefiggendo per un livello tecnico scadente, e per una mancanza di fiducia.
Ma sono situazioni che hanno cause una nelle deficienze strutturali del calcio italiano, e l’altra nelle deficienze decisionali dell’ex ct.
Però. Però Mancini una responsabilità ce l’ha eccome, nell’aver cambiato nove degli undici titolari, e aver mandato in campo una squadra senza uno straccio di automatismi.

Dice: l’ho fatto perché devo dare l’occasione di crescere e giocare a tutti, mi serve in prospettiva per le qualificazioni di Euro2020.
Ok.
Ma a parte che è tutto da vedere se cambiarne così tanti contemporaneamente sia veramente un vantaggio per tutti (ma questa è un’opinione personale); tuttavia quello che non è un’opinione è la valutazione della situazione: una valutazione errata.
Perché, mettendo anche da parte l’errore del non valutare la Nations League come una competizione e non come un laboratorio (errore molto grosso), la lacuna principale di Mancini - e verrebbe da dire anche della Figc che si è trovata d’accordo in merito - è che eventualmente arrivare ultimi nella Nations League possa essere utile per le qualificazioni di Euro2020.
Come a dire: “baratto una eliminazione qui, ma guadagno esperienza per Euro2020”.
No: così si guadagna una condanna.
Che non è solo la condanna del retrocedere nella Lega B. Ma ci riferiamo a qualcosa davvero di più materiale.
Infatti va ricordato che il ranking per effettuare il sorteggio alle qualificazioni a Euro2020 sarà fortemente influenzato dai risultati in Nations League.
Il nostro ranking è già pessimo. Ma vincere il gruppo potrebbe (avrebbe potuto…) migliorarlo sensibilmente.
E ancora peggio: venire retrocessi lo peggiorerà ulteriormente, addirittura cominciando a farci temere per la qualificazione a Euro2020, dove peraltro saremo anche tra i 12 paesi organizzatori, includendo la partita inaugurale.
Ecco, questo è il rischio che ci siamo presi valutando la Nations League come un test.
E dire che pensavamo di aver toccato il fondo.