Il futuro di Allegri e della Juve, al di là di Cardiff. Inter, Spalletti ma non solo (e su Gabigol…). Milan: i legittimi festeggiamenti e il "benefattore" dietro Li. Napoli: il piano di Sarri per fare ancora meglio
Succedono un sacco di cose. Una è che settimana scorsa mentre scrivevo codesta articolessa sul cellulare ho preso una capocciata devastante contro un palo della luce. Ve lo giuro. Sono un cretino. Mi sono fatto talmente male che ho deciso di prendermi una settimana di pausa: per la gioia dei “puristi” niente troiate oggi, solo qualcosa in fondo all’editoriale, perché sfidare il destino non fa bene, soprattutto alla mia testa.
Parliamo di cose serie, che argomenti ce ne sono eccome.
(Getto la maschera: tutta ‘sta manfrina serve a nascondere il fatto che anche questa settimana sono in devastante ritardo sulla consegna del pezzo, ciò che leggerete qua sotto è già stato scritto in precedenza. La verità è che per scrivere puttanate ci vuole tempo e oggi ce n’è poco, pochissimo).
QUI INTER
Potremmo indicare la giornata appena terminata come l’inaugurazione della nuova era nerazzurra. Walter Sabatini ha messo fisicamente piede nel mondo-Inter, anche se ha cominciato a farlo lontano da Milano. A Roma è andato in scena il primo faccia a faccia operativo tra lo stesso Sabatini, Ausilio e Zhang junior. Durante il colloquio è intervenuto in conference call da Nanchino anche Zhang senior, segnale evidente che il patron ha compreso la necessità di essere presenza attiva nelle riunioni nerazzurre e non patron "delegante". Sotto il cielo romano si sono fissati i primi paletti per il progetto dell’Inter "che verrà" , dai movimenti sul mercato alla definizione dei ruoli nell’organigramma tecnico (Oriali, probabilmente anche Baccin), fino all’allenatore, ad oggi la priorità. Sappiamo che la società ha già stilato una lista di quattro nomi, tra i quali non si inserirà alcun outsider, e si è data tempo fino a (massimo) il 15 giugno per l’annuncio (ovviamente è probabile e auspicabile che lo faccia prima). Il preferito rimane Conte, una pista definita “tiepida” (come del resto lo era settimana scorsa): l’offerta all’ex ct è già stata inoltrata da tempo, la palla ora è nelle sue mani, o meglio in quelle di Abramovic. Se il patron del Chelsea soddisferà tutte le richieste del pugliesone (rinnovo del contratto per ulteriori 3 anni, oltre ai due rimanenti, per permettere alla famiglia di trasferirsi a Londra senza paura di ulteriori traslochi, un mercato tarato sul doppio impegno da affrontare nella prossima stagione, uno staff più ampio e qualche uomo di fiducia da inserire nella dirigenza), allora Antonio rimarrà tecnico dei Blues. Altrimenti gli basterà alzare il telefono e accettare l’offerta nerazzurra. Conte darà una risposta definitiva dopo la finale di FA Cup di sabato prossimo contro l’Arsenal, ma l’Inter non vuole dipendere da lui e si è portata avanti nei discorsi con Spalletti, soprattutto grazie alla conoscenza con Sabatini: ad oggi, il tecnico toscano è quello con la “percentuale nerazzurra” più alta.
La verità è che l’Inter oggi deve ricostruire con calma e Spalletti potrebbe essere l’uomo adatto per “proteggere” questo processo. Non si può permettere, il club, di procedere per tentativi, come è stato fatto troppo spesso. Ci vuole un progetto e difficilmente - Conte a parte - si troveranno allenatori migliori del toscano nell’accettare e valorizzare un disegno logico di crescita di una squadra. Alla Roma ha fatto così, si è inserito dovendo riportare i giallorossi al livello adeguato e l’anno scorso l’ha fatto. Mentre quest’anno la porterà oltre, ovvero a chiudere il campionato con 87 punti, che sono i punti di una squadra “da scudetto”, senza tra l'altro un gran mercato rispetto all’anno precedente, quindi “valorizzata” dal suo allenatore (pensiamo a Fazio a Emerson, giocatori senza aspettative ora titolari fissi, per non citare la rinascita di De Rossi).
Veloce considerazione su Gabigol. Il ragazzo si è incazzato per non essere entrato, ha sbagliato a reagire, pagherà una multa e comunque ha chiesto scusa, chiudendo con dignità la faccenda. Tutto è comunque rimasto nei limiti dell'"accettabile". Non accettabile, invece, sono le cifre relative al suo acquisto (e relativi pagamenti "laterali") ma questo è un altro discorso...
QUI MILAN
Andiamo veloci come treni in corsa.
I fatti sono tre.
1) Anche a costo di perdere la stima degli affetti più cari (quel rossonero di mio padre mi ha detto “ho festeggiato sette coppe dei Campioni, non spreco neppure una Moretti da 66 per la qualificazione ai preliminari di Europa League”) vado controtendenza. Sono andato a riprendere le tipiche “previsioni di agosto”. Tutti noi giornalisti e presunti esperti dicevamo: “Questo Milan arriverà tra il 5° e il 6° posto”. Per una volta, insomma, ci abbiamo azzeccato. Ebbene, invece di bullarci, sprechiamo tempo a dire “cazzo festeggia Montella?”. Il Milan ha vinto la Supercoppa, ha valorizzato il suo parco giocatori, ha raggiunto l’obiettivo stagionale in campionato, e non dovrebbe festeggiare? Chi la pensa così (mio padre) si ricorda del passato remoto, ma ha scordato quello recente.
2) Cose più serie e interessanti (che infatti non sono farina del mio sacco). Vi propongo un sunto del pezzo che oggi potete trovare su Libero a firma Tobia de Stefano: spiega un po’ di più cosa si nasconde dietro l’affare-Milan portato avanti da mister Li e parla del colosso Huarong, ovvero del nuovo, vero, “papà” del Diavolo.
A) Il governo cinese sta per sbloccare definitivamente il famoso “protezionismo”, ovvero i paletti sugli investimenti all’estero causa degli slittamenti del closing. Li prossimamente potrà “scongelare” (ma lui non ha mai avuto dubbi) gli investitori cinesi convinti della bontà dell’affare-Milan.
B) La prossima acquisizione del Parma e del Crystal Palace (quest’ultima per cifre multi-milionarie) da parte di gruppi cinesi è uno dei segnali che Pechino sta a poco a poco togliendo i paletti sugli investimenti all’estero.
C) Tra gli investitori del Milan c’è Huarong (capitalizzazione superiore ai 15 miliardi di euro, ricavi per 9, utile a 1.8 miliardi). Non è una novità, ma le cifre fanno impressione: 190 milioni dei 520 versati a Fininvest arrivano dal colosso finanziario cinese, lo stesso contribuirà in maniera consistente al prossimo aumento di capitale (60 + 60).
3) Il mercato. Forte di codeste “spalle coperte” Fassone e Mirabelli stanno alimentando un mercato di ottima fattura. Musacchio ha fatto le visite mediche ed è pronto a firmare, Kessié e Rodriguez seguiranno. Continuano i contatti con l’Atalanta per Conti, Petagna e soprattutto Papu Gomez, dopo che la Juve ha sorpassato tutti per Keita. Restano da definire gli altri obiettivi a centrocampo - Luiz Gustavo è un’idea - e soprattutto in avanti: Morata costa tanto e non parlerà con nessuno prima della finale di Champions League, mentre potrebbe muoversi qualcosa per Belotti. La clausola voluta da Cairo fissa un prezzo importante, le contropartite tecniche potrebbero aiutare ad abbassare la cifra se Mihajlovic rimarrà l’allenatore del Torino dopo la rivolta dei giocatori, meno attaccati alla maglia granata del piccolo Lorenzo Bonucci.
“Senza Berlusconi si rischia un salto nel vuoto”, si diceva. Forse è vero, lo vedremo, ma al momento la grande Loredana lo definirebbe un interessante “volo a planare”.
QUI NAPOLI
Per il Napoli vale lo stesso discorso della Roma: dovesse vincere nell’ultima partita contro la Samp, la squadra di Sarri terminerebbe il campionato con 86 punti. In una condizione di normalità basterebbero per vincere lo scudetto, non in presenza della Juventus dei record. Risulta difficile muovere critiche ai partenopei, anzi vanno solo elogiati per i record che stanno firmando. Oltre a quello relativo ai punti (83) e quello eguagliato di gare vinte in una stagione in A (25, come nella precedente), fa impressione quello di gol fatti, 90, un primato storico nei campionati a 20 squadre. L’altro dato da urlo sono le 4 sconfitte, una in meno della Juve, un limite di solito indicato per le pretendenti al titolo. Vanno limati i gol subiti (37, undici in più dei bianconeri), ma il Napoli intanto sembra aver trovato quella continuità di risultati che in alcuni passaggi delle stagioni passate era mancata. Non solo, la continuità si può e deve anche riferire agli uomini: quella che verrà, a meno di sorprese, dovrebbe essere la prima estate in cui De Laurentiis non si priverà di nessun gioiello. Ora che i migliori giocatori sono stati blindati (in particolare Insigne, 17 reti, come nelle precedenti 3 stagioni in A, e Mertens, arrivato a quota 27 gol in campionato, uno in meno di Dzeko), tocca capire come si può migliorare questa squadra. Mica facile...
QUI JUVE
“Il dolce in fondo”, dicevano i latini. E, quindi, ecco la legittima celebrazione di una squadra per cui gli aggettivi sono tremendamente finiti.
Prima il mercato: per Schick c’è stata l’accelerata, su Di Maria al momento solo chiacchiere (ma lo erano anche quelle per Higuain). Allegri? Nonostante le chiacchiere e i “vedremo” non andrà via: non ci ha mai pensato quando in tanti lo vedevano come “il male”, figuratevi ora che è diventato “eroe”.
Il resto è “legittimi osanna”. Siccome quattro misere boiate le ho scritte ieri e in 24 ore non ho curiosamente cambiato idea, vi incollo qui ciò che penso (sperando di non fare incazzare nessuno).
Questo è un pezzo straordinariamente noioso. «Straordinario» perché celebra il sesto scudetto di fila di una squadra che dieci anni fa riemergeva dalla palta della serie B; «noioso» perché ogni anno siamo qui a ripetere le stesse quattro cazzate.
La Juventus - che noia, che barba - è la squadra più forte in Italia, ma soprattutto la più cinica e organizzata. La Juventus, badare bene, è un trionfo «aziendale» prima ancora che sportivo. Attorno ai colori bianco & nero dalla stagione 2011/2012 funziona praticamente tutto: il mercato, i conti, la comunicazione, la capacità di «gestire le stagioni» e quella di ammortizzare le piccole rogne che, giocoforza, disturbano anche le macchine perfette. Il tutto, poi, è infiocchettato da una delle caratteristiche che contraddistinguono i gruppi più forti: il «culo», perché senza di quello non vai da nessuna parte in nessun campo della vita.
Ora tutti si pongono il domandone: dovesse mettere in bacheca anche la Champions League, potremo considerare questa la squadra più forte di sempre in Italia? La risposta è semplice: no, non lo è. Sacchi e Capello hanno fatto cose immense, così come l’Inter di qualche decennio fa, ma certamente questo è il gruppo più «scientificamente preparato a vincere».
Il mercato senza pecche degli ultimi tre anni, la guida di un tecnico - Massimiliano Allegri - capace come nessuno di saper dividere le stagioni in settori: fino a Natale si lavora per restare attaccati a tutte le competizioni, da gennaio in avanti si opera il cambio di passo, tattico e psicologico. Una meraviglia che va oltre le frasi fatte di chi non vuol vedere: «Troppo facile, gioca contro nessuno, non ci sono le avversarie». Le avversarie ci sono eccome, Roma e Napoli sono squadre con i controcazzi che vivono solo una grande sfortuna, riassunta nelle parole di Daniele De Rossi di qualche giorno fa: «Un giorno ci accorgeremo che abbiamo lottato contro una squadra che ha fatto la storia del calcio». E davvero non puoi dargli torto.
Saluti e baci. Il finale è dedicato alla mia pelatissima testa di cazzo, che spesso combatte con il dovere (“Ricordati sempre di essere il più obiettivo possibile altrimenti non vali niente”) e a volte si scontra con rigurgiti di passione allo stato brado. L’imperdibile tema trattato non alla Sorbona, ma sulla mia pagina Facebook è “Oh, Biasin, la smetti di difendere quel fesso di Icardi?”. Tema che subito diventa pretesto per parlare di “Sabrina da Latina”. A voi (Twitter: @FBiasin @ilsensodelgol Mail: ilsensodelgol@gmail.com).
Ciao.
Questa volta sarò realmente breve.
La questione è futile e quindi di vitale importanza.
Ci tengo a rispondere a tutti quelli che mi scrivono "ma che cazzo ci trovi in Icardi? Basta difenderlo".
Avete ragione, ognuno ha le sue debolezze. Un tempo, per dire, impazzivo per tale "Sabrina da Latina", una ragazza di "Non è la Rai" che ora avrà 543 figli e una vita certamente triste perché non ha scelto il sottoscritto.
Avevo 13 anni, le spedivo decine di lettere ma lei colcazzo mi ha mai risposto. Una volta nella casella della posta è arrivata una busta con su scritto "Non è la Rai", pensavo fosse lei, una sua lettera in cui mi diceva L le tue parole mi hanno fatto innamorare anche se hai 13 anni, troviamoci a metà strada, tipo a Grosseto, e parliamone", ma invece era un volantino pubblicitario di merda con su scritto "Capodanno a Garlasco a 15mila lire con alcune ragazze non prese a "Non è la Rai", ma comunque fighe".
Ora invece penso troppo al calcio e stravedo per Maurito, che non diventerà mai Van Basten ed è tamarro come nessuno, ma mi dà l'idea di essere uno "vero". Lo so che tanti non la pensano così, ma anche "Sabrina da Latina" era poco gettonata e infatti la difendevo con tutti i miei compagni di classe che dicevano "Meglio Alessia Merz!" o "Miriana Trevisan vale 100 Sabrine e infatti Boncompagni i balletti li fa fare a lei!" o "non capisci un cazzo, guarda Cristina Quaranta che pezzo di manza!".
Andrà a fare gol da qualche altra parte? Ci prende tutti per il culo? Forse, ma come con Sabrina da Latina io me ne fotto, spero che resti capitano dell’Internazionale e alla fine riesca a convincere anche i più scettici tra gli scettici.
Sabrina, quanto male mi hai fatto.