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La fase/2 del calcio: una questione politica travestita da “amore per lo sport”

La fase/2 del calcio: una questione politica travestita da “amore per lo sport”TUTTO mercato WEB
© foto di Alessio Alaimo
martedì 5 maggio 2020, 00:00Editoriale
di Fabrizio Biasin

Ben ritrovati dalla fase 2. La fase 2 si differenzia dalla fase 1 perché puoi uscire di casa, rientrare e gridare il tuo sdegno: “Era pieno di gente! La gente non capisce che la fase 2 non è il carnevale di Rio!”. E tu: “Sì ma, scusa, anche tu eri in giro”. E lui: “Ma io ho dovuto farlo per…”. E giù una balla. E pazienza, stiamo cercando di tornare alla normalità, che il virus ce la mandi buona.
Ma veniamo alla “ciccia”, ché la fase 2 non è come la fase 1 che ti permette di perdere tempo, la fase 2 ti sta sul fiato sul collo, aumenta i ritmi e, insomma, speriamo che arrivi presto la fase 3.
La fase 2 del calcio è simile alla fase 1 solo che ci si può allenare. In solitaria. Anche nei centri sportivi. Dopo lunga trattativa questo e quel politico - in accordo con questo e quel club - hanno deciso che, sì, i calciatori possono giocare a calcio nei centri sportivi, ma da soli. E forse senza pallone. Oh, è un inizio.
L’altra cosa che differenzia la fase 2 pallonara dalla 1 è che mentre prima si provava minimamente a far finta di andar d’accordo, ora ci si manda più o meno palesemente a quel paesello. La Figc ce l’ha con Spadafora, Spadafora con la collega Lamorgese, le Regioni con il governo, qualche club vuole ripartire, qualche altro no ma dice lo stesso “sì, ripartiamo!” per provare a salvare i quattrini dei diritti. Insomma, è un bel puttanaio ma ci siamo abituati.
La cosa grottesca è che la ripartenza del campionato doveva essere una questione di buonsenso e si è trasformata in una questione vergognosamente politica. Oh, mica lo dice il sottoscritto, lo dice il capo dello Sport Malagò. Leggete qua: “Non metto la bocca in una questione politica come la ripresa della serie A. In epoca non sospette mi sono permesso di dire che il calcio e in particolare la Serie A ha il diritto e il dovere di provare a ricominciare e finire il campionato. Poi ci sono altri soggetti che possono e devono intervenire, vedi il Comitato tecnico-scientifico, se si ritiene che il protocollo non funziona. Ho solo detto che se queste cose dovessero succedere, cosa che nessuno si augura, è indispensabile avere un’alternativa”. Insomma, si può cominciare ma anche no e comunque dipende.

Perfetto “politichese”.
Dall’altra parte Spadafora sta combattendo la personalissima battaglia contro se stesso, nel senso che ogni giorno cerca un modo per controbattere allo Spadafora del giorno prima, il tutto per mantenere il punto: “Decido io”. Ieri, per dire, ha detto così: “Siamo al lavoro per il protocollo per gli allenamenti degli sport di squadra e per le linee guida per la riapertura delle strutture in cui si pratica lo sport di base. Un passo alla volta #losportriparte!”. E la gente pensa “sì, ma il calcio?”. E veniamo al punto.
Il calcio è in balia degli eventi, perché da una parte ci sono le incognite legate al virus e dall’altra le incognite legate ai chiari di luna dei protagonisti del carrozzone che, diciamolo, pensano più al rispettivo ego che al pallone. E non stiamo parlando solo di Spadafora. Il ministro, dal canto suo, l’altro giorno avrebbe “minacciato” di rimettere il mandato se Conte non provvederà a stoppare la serie A, l’opposizione ne ha approfittato per dire “Il calcio deve proseguire!” e lo dice più per rompere le balle a Spadafora e governatori vari che per reale convinzione.
Sì, è vero, il calcio deve proseguire per mille motivi: i 300mila lavoratori che ci lavorano, gli 8 miliardi di indotto, il miliardo di contributi fiscali, i diritti televisivi eccetera eccetera… Ci si deve provare, ma si deve anche trovare un modo che sia il più possibile “logico”. E “il modo”, al momento, non si trova. Si può giocare solo al sud, perfetto, ma si deve trovare una chiave per risolvere la questione “e se un giocatore risulta positivo?”. In quel caso ci si dovrebbe fermare, a meno di mettersi una mano sugli occhi e “chissenefotte”.
Totale, ci proveremo ed è giusto così, in ogni caso è essenziale smettere di temporeggiare: una decisione – bella o brutta che sia – va presa anche solo per mettere fine alla barbara caciara (e comunque l'Uefa la pretende entro il 25).
Nel frattempo, i club, riaprono. Ci si allena, i giocatori tornano in Italia. Pure Ronaldo, per dire, il cui “epico” rientro è stato raccontato come non capitava dai tempi di tale Ulisse. Cioè, dai, anche meno…
Fine. Buona fase 2 e, soprattutto, buona fortuna a tutti i negozianti/ pizzaioli/ estetisti/ parrucchieri/ ristoratori/ eccetera eccetera. Girando per Milano si notano tanti negozi chiusi, ma non "chiusi" che attendono il loro turno per riaprire, ma "chiusi" senza più l'insegna. E allora i casi sono due: o stanno cambiando tutti l'insegna o sono cazzi. Ecco, a loro, ai negozianti, del calcio attualmente frega il giusto: una mazzafionda.

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