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Napoli, perché Ibrahimovic è il perfetto post Higuain. Juve, Allegri è peggio di Conte. Occhio al Real Madrid, panchina vacante. Il Leicester non è una Cenerentola. La turbolenza è del Milan, occasione buttata dalla Roma

Napoli, perché Ibrahimovic è il perfetto post Higuain. Juve, Allegri è peggio di Conte. Occhio al Real Madrid, panchina vacante. Il Leicester non è una Cenerentola. La turbolenza è del Milan, occasione buttata dalla RomaTUTTO mercato WEB
© foto di Lorenzo Di Benedetto
domenica 27 marzo 2016, 00:002016
di Andrea Losapio

Torta pasqualina. Pappardelle con asparagi o tagliatelle con i carciofi. Di secondo agnello con le patate. Poi una colomba e un uovo. E magari la grigliata per il giorno dopo, con la gita fuori porta. Per la prima volta da quindici anni al tavolo di Pasqua non si sentirà parlare di calcio. Almeno non quello internazionale, quello del gran galà, tra Champions ed Europa League. Le nostre squadre si leccano le ferite dopo un'annata strana: Roma e Juventus non hanno demeritato, il Napoli ha avuto anche sfortuna, la Lazio è andata più avanti rispetto alle altre ma è incappata in una serata stortissima, come tutta una stagione ai limiti del grottesco. La Fiorentina, invece, non ha grossi rimpianti: il Tottenham era più forte.

Così, nelle chiacchiere davanti al Casatiello - dolce o salato che sia - si fanno le carte al futuro di Gonzalo Higuain. Nell'estate scorsa più di una fonte, riservata, parlava di un malcontento del centravanti argentino, perché il Napoli si stava ridimensionando. O meglio, non si stava rafforzando, con l'arrivo di Allan, Valdifiori e Hysaj. Solo Reina era un nome di richiamo, comunque una sorta di minestra riscaldata. Invece gli azzurri hanno dimostrato, grazie a un Sarri meraviglioso, di potere fronteggiare una Juventus comunque più forte, almeno nei singoli. Così Higuain, dall'alto dei suoi 29 gol, ora è tutt'altro che scontento. Ma c'è un altro fattore che va considerato: la necessità, e la volontà, del Pipita di giocare in una grande squadra. Insomma, dovesse arrivare il Bayern Monaco con un'offerta sarebbe difficile dire di no. Ok, magari non con la clausola in mano, ma con una ottantina di milioni ci si siederebbe al tavolo, trovando un accordo. Più o meno come Ezequiel Lavezzi. Chi per sostituirlo? Giuntoli proverà uno come Lukaku, identikit da club di altissimo livello - pur non giocandoci al momento - con la possibilità di rivenderlo. La scelta perfetta sarebbe Zlatan Ibrahimovic, invece, per due motivi: arriverebbe a parametro zero, quindi è vero che costerebbe moltissimo di stipendio ma bilancerebbe con il mancato pagamento all'altro club. E poi perché ha vinto tutti i campionati a cui ha partecipato tra Olanda, Spagna, Italia e Francia. Facendo un paio di conti, anche spendendo 40 milioni lordi (in due anni) il Napoli ne avrebbe altri 40 da spendere sul mercato. Avendo comunque un gran sostituto, ipotetico, come Manolo Gabbiadini.

Ibra ha vinto tutti gli allori degli ultimi anni, tranne uno. Quello con Massimiliano Allegri, al Milan, nel suo secondo anno. Non può essere una coincidenza, come non lo è il fatto che la Juventus sia prima. Non è solo farina del sacco dei calciatori, perché l'allenatore è fondamentale in questi casi. Allegri sta facendo benissimo, gestendo un gruppo alla perfezione, con un girone praticamente intonso dopo la sconfitta contro il Sassuolo. Anzi, di più: con l'esclusione dalla Champions, paradossale, i piemontesi sono i favoriti d'obbligo. Potrebbero concludere un double, battendo Napoli - di rincorsa - e Milan, tra campionato e Coppa Italia. E poi? C'è una variabile impazzita, nel giro degli allenatori. Mourinho allo United, Guardiola al City, Conte al Chelsea, Ancelotti al Bayern, Di Francesco al Milan (da vedere e confermare), forse Wenger via dall'Arsenal. E il Real Madrid? La panchina dei Galacticos è realmente vacante, a meno di una conferma - al momento molto difficile, usando un eufemismo - di Zinedine Zidane. Così il jolly che può sparigliare le carte è quello del Real, con Allegri che potrebbe rivestire il ruolo di candidato principe: finale di Champions con la Juventus, doppio Scudetto (e doppio double) se dovesse riconfermarsi quest'anno, oltre a un'eredità presa da Antonio Conte alla grande.

Settimana di Nazionale, settimana di sbadigli. Tranne stavolta: la prova degli azzurri, con la Spagna, è stata più che convincente. Forse, al di là dei nomi che mancano - Pellè ed Eder sono la coppia d'attacco peggiore degli ultimi trent'anni - c'è però un gioco, una mentalità che è differente. Ripartenze e contropiede, con manovra veloce e pungente. Conte ha finalmente impostato un'Italia da vedere e non solo da soffrire, in attesa dell'Europeo. Ed è per questo che, in una mera classifica, si può dire che sia meglio del suo successore alla Juventus. Con Allegri difficilmente i bianconeri avrebbero avuto questa crescita esponenziale, invece l'aumento (e la moltiplicazione) del fatturato si deve molto alle scelte lungimiranti dell'attuale commissario tecnico. Che, al Chelsea, rischia di diventare una variabile impazzita, uno dei migliori allenatori d'Europa (se non lo è già).

Uno sguardo al campionato: il Milan vive una fase di turbolenza, prego allacciare le cinture. Mihajlovic è già in aria d'addio, Berlusconi pare lo abbia licenziato con una lettera, Galliani lo aveva già fatto a novembre senza bilancio in mano. Troppa euforia quando va bene, troppo sconforto nei momenti critici, è questo il problema del Milan. Spendere novanta milioni di euro per tre giocatori è una buona base di partenza, ma bisogna avere un progetto ad ampio respiro: pensando che il migliore del centrocampo è Bonaventura, arrivato quasi per caso a Milano un anno e mezzo fa (e solo perché saltato Biabiany, ma senza piano B). Improvvisazione che è propria pure della Fiorentina. Da Salah a Neto, passando per i Mammana e i Lisandro Lopez della scorsa sessione di mercato. I Della Valle dovrebbero passarsi una mano sul cuore e una sul portafogli per rendere i viola più competitivi, ma spesso ci riescono con la sola scelta dell'allenatore. Il problema è che non basta per arrivare fra le prime tre. Firenze sognava, ora al massimo legge le parole e si fa una amarissima risata. Parlare di pallone per due terzi del campionato e poi abbandonare il treno Champions anzitempo appare davvero mefistofelico. Idem l'Inter, che ha qualche problema in più - dovuto a un Thohir che potrebbe svincolarsi dagli impegni a novembre, dopo aver capito l'entità e la portata del nostro calcio - anche per una questione fair play finanziario. L'occasione buttata, però, è tutta della Roma: un anno fa la panchina di Rudi Garcia incominciava a scricchiolare, trascinandosi stancamente al secondo posto. Cambiare in estate sarebbe stata una ventata d'aria fresca. È arrivata solo ora: con una partenza così ad handicap, della Juventus, i giallorossi erano i favoriti d'obbligo, dopo la faraonica campagna acquisti. Sabatini è giusto che saluti, ma Iturbe potrebbe essere un bel colpo per la prossima stagione. Spalletti, dopo El Shaarawy, riuscirà a rigenerare pure lui?

Chiosa dedicata ovviamente al Leicester. Ranieri sta facendo un lavoro meraviglioso. Ma definire i Foxes come una Cenerentola è un errore. Perché possono spendere più di una società di alta Serie A, grazie ai quasi 100 milioni di euro di diritti televisivi. Considerando che è un club che si è salvato per il rotto della cuffia e che dal mercato ha pescato solo un paio di colpi realmente decisivi (Kanté e Fuchs) è chiaro che tutti possano fare il tifo per loro. Senza conoscere la reale grandezza (economica) di un club più ricco della Fiorentina.