Spalletti il grande imputato: il limite di carattere dell’Inter dell’ultimo mese rispecchia il valore della squadra o i limiti del tecnico? Napoli a testa alta, pagato solo il rodaggio iniziale di Ancelotti.Europa League: perché fa per il Napoli
Cos’è peggio nella vita: un due di picche, o rimanere con il dubbio che sarebbe potuta andare bene se ci avessi provato? L’Inter esce dalla Champions manco fosse un adolescente impacciato, che si intreccia le mani mentre cerca in tasca il coraggio per rivolgere la parola alla ragazzina con cui si scambia gli sguardi, e mentre perde tempo arriva lo studentello inglese in trasferta che dice due scemenze e la bella se la porta via.
Sarebbe anche quasi romantico se fosse così, e invece è francamente deprimente la maniera in cui l’Inter ha buttato giù per l’Europa League praticamente un anno e mezzo di lavoro.
Alla fine hanno pensato tutti al Camp Nou, pure i giocatori, ed è ovvio che sarebbe stato così, ma non è ovvio come Spalletti si sia fatto trascinare dagli eventi. Ancora una volta, come era successo a Londra - dove però la sconfitta ci poteva stare.
O come forse è stato quasi sempre nei momenti topici della carriera del vate di Certaldo, una carriera con uno standard minimo sempre di alto livello, ma inciampando praticamente sempre nel momento topico, facendolo prima nella testa che nel gioco.
Perché l’Inter era entrata anche bene in partita, sfiorando tre volte il gol, e l’inizio del disastro di Asamoah che aveva regalato il gol andavo registrato alla voce “episodi di gioco”, che sono poi il 50% nel calcio.
Però gli episodi capitano, quello che non può capitare è perdere la testa dopo 20 minuti. Un’Inter che si è buttata modello assalto all’arma bianca, sfilacciata, alla ricerca del pareggio, manco fosse l’80’ invece che il 25’, un atteggiamento senza logica che ha ricordato la clamorosa eliminazione con il Villarreal del 2006, quando l’Inter forse esteticamente più bella degli ultimi 30 anni passò gli ultimi 30 minuti di gioco a singhiozzare invece che a giocare, sapendo di perdere la possibilità di un’autostrada per la finale.
Quella però era un’altra Inter, questa è invece una a cui bisogna certo dare merito di aver lottato con squadre superiori fino all’ultimo minuto.
Ma il problema è che non è uscita per meriti degli altri come sarebbe stato naturale e giustificabile, ma per demeriti propri.
E non per demeriti tecnici, come sarebbe stato naturale e giustificabile, me per demeriti psicologici.
A Londra smise di giocare negli ultimi 10 minuti, sperando che bastasse. Contro il PSV, dopo il pareggio, ha aspettato che passassero i minuti, confidando nella vittoria del Barcellona. E quando è arrivato il pareggio, non ha avuto alcuna reazione, nemmeno uno sconclusionato assedio finale per cercare la fortuna.
Non si sa se l’Inter può crescere, ma ha avuto paura di farlo.
E’ questo il limite massimo dell’evoluzione possibile con Spalletti?
La questione Napoli è profondamente diversa. Ha perso solo 1-0, certo sul piano del gioco avrebbe meritato una sconfitta più larga, ma del resto ha anche sprecato due gol fatti. Era forse il massimo che si potesse fare nel gruppo, e il rimpianto rimane per i due punti persi a Belgrado, davvero l’unica cosa che si può appuntare ad Ancelotti.
Da quel punto di vista il Napoli non ha imparato la lezione: tanto l’anno scorso quanto quest’anno, il calendario gli aveva proposto immediatamente una partita dove perdere punti avrebbe potuto già ammazzare le opzioni. E conta relativamente che il Napoli poi si fosse portato avanti in classifica, perché la trasferta a Liverpool era una sentenza solo rinviata.
A giustificazione di Ancelotti c’è che quello era ancora il periodo di rodaggio e di adattamento, e insomma forse doveva semplicemente andare così.
Adesso in Europa League abbiamo sicuramente Napoli, Inter e Lazio, e il Milan avrebbe molte opzioni di aggiungersi. Se ovviamente il Napoli ha più forza delle altre per puntare al successo, ma chi davvero deve pensarci di più?
Di nuovo, proprio il Napoli: perché le altre sono coinvolte in una lotta per la Champions che le terrà impegnate fino alla fine, e l’Europa League può essere una perdita di tempo letale, quando ovviamente per la sopravvivenza economica la qualificazione al bersaglio grosso è quella che conta molto di più.
Il Napoli invece, se la Juve non commetterà un suicidio improbabile anzi impossibile, allora dovrebbe veleggiare pacificamente a distanza di sicurezza tanto dal primo quanto dal terzo posto.
E un successo europeo - o un successo di qualsiasi tipo, a dire il vero - manca davvero a una squadra giunta a piena maturazione.
E se c’è un allenatore capace di darti consapevolezza in Europa, quello è Ancelotti (a cui manca solo quella coppa tra quelle ancora esistenti).
E allora forza. Visto che il Napoli è stato eliminato in Inghilterra, chissà che la partita di Liverpool non possa tra qualche mese essere ricordata con l’espressione inglese “a blessing in disguise”, una benedizione nascosta.