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Myllyoja e Novellino. Due lezioni di vita su come il calcio possa essere anche una medicinaTUTTO mercato WEB
martedì 17 marzo 2020, 07:45Calcio femminile
di Tommaso Maschio
fonte TMW Magazine

Myllyoja e Novellino. Due lezioni di vita su come il calcio possa essere anche una medicina

Raccontare una malattia – che sia la leucemia o gli attacchi d’ansia (troppo spesso sottovalutati) – non è mai cosa facile. Perché si tratta di mettere a nudo tutte le proprie fragilità, di raccontare qualcosa di privato e intimo, senza sapere quale potrà essere la reazione altrui. Se poi sei un personaggio famoso, una calciatrice, sai che quello che racconti avrà un’eco ancora maggiore e in qualche modo diventerai un esempio. In questo senso è da elogiare il coraggio di due calciatrici della Pink Bari hanno raccontato, una in un’intervista e una in un post social, la propria battaglia contro la malattia e di come il calcio sia stato ancora di salvezza e sprone per vincere e tornare alla vita normale. Si tratta di Paula Myllyoja, portiere classe ‘84, e di Debora Novellino, difensore classe ‘97: la prima 13 anni fa ha rischiato di dire addio al pallone a causa della leucemia, la seconda invece ha vissuto un ultimo anno combattendo contro un male oscuro come l’ansia (che è poi l’anticamera della depressione) riuscendo a tenerla sotto controllo seppur la sua ombra resta sempre presente e la giovane calciatrice ne è pienamente consapevole. Due storie, due lezioni di vita che vanno oltre il calcio e che possono rappresentare un esempio per tante e tanti che con questi e altri mali stanno combattendo la propria battaglia.

“Tredici anni fa ho avuto la leucemia. L'ho combattuta, l'ho vinta e oggi sono una calciatrice professionista che difende la porta della propria nazionale. E non potrei essere più felice". Parla così Paula Myllyoja svelando la sua battaglia contro la malattia: “All’improvviso mi sentii male su quel pullman, ebbi un’emorragia celebreale e mi diagnosticarono la laucemia. Mi dissero che sarebbe stato difficile guarire e solo a nominare il calcio i dottori cambiavano bruscamente argomento. Seguirono sei mesi di cure, cinque cicli di chemioterapia e tantissimi controlli, ma io non riuscivo a stare senza pallone, era una terapia utile a farmi tornare sana. I controlli sono durati due anni e mezzo, ma io ero tornata alla mia vita di sempre. Dopo la chemioterapia, ricordo, riacquistare le forze e il tono muscolare da atleta, fu un'impresa titanica. Ma tutto è possibile quando si è spinti dalla passione, dalla voglia di farcela. Oggi quel ricordo mi è di grande aiuto in partita”


“Ho lottato tante volte, e non mi sono mai esposta più di tanto, ho lottato quando il mio corpo e la mia testa non ce la facevano più. - ha scritto a fine febbario, dopo una doppietta contro l’Inter, Debora Novellino - Ma non ho mai dato modo alla gente di parlare, perché mi sono fatta sempre vedere con il sorriso... da tanti mesi vivo ogni giorno con ansia e anche qualche attacco di panico, affronto ogni giorno la paura di uscire, ma per chi non lo sa mi dice, “debby non sembra che hai questo problema”... piango senza un motivo, scherzo e rido, ma dopo due minuti mi arrabbio con il mondo, il mio umore cambia costantemente, soprattutto quando inizio a pensare e a fissarmi su qualcosa. Quest’estate volevo lasciare il calcio, perché avevo paura di continuare a fare tutto della mia vita, ma soprattutto avevo paura di sentirmi male, succede ancora, molto spesso. Ma quest’oggi posso dire che anche se l’ansia non è mai andata via da quel primo luglio, il calcio è stata la mia unica salvezza! Alcune volte bisogna avere il coraggio per parlare con tutti e di non vergognarsi, ed io non la chiamo vergogna, ma forza di rinascita. Ogni giorno è un nuovo inizio”.