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In difesa di Federico Bernardeschi, di Florenzi e Giaccherini
Federico Bernardeschi è un soldato da salvare. Patisce colpe non sue, o almeno non del tutto. Perché se un giorno essere camaleonte è una virtù, l'altro non può significare essere un ibrido. Le responsabilità partono da lontano, da Antonio Conte ed Emanuele Giaccherini. E siccome chi scrive con il Giac ha l'affinità dell'85, del 5 maggio e pure della toscanità, sia messo a verbale che anche nei confronti del trequartista del Chievo Verona questa è in parte una difesa.
Che cosa è, Federico Bernardeschi? Con Paulo Sousa divenne esterno e fludificante, sembrava avere i binari giusti per poter prendere la fascia e renderla il suo regno. Poi ha dimostrato d'avere più velleità offensive, perché nasce dieci, e l'istinto di attaccare non lo togli neppure se lo disarmi un trequartista. Massimiliano Allegri prima e Maurizio Sarri poi gli hanno cucito addosso stracci di vestito che lo fanno a tratti splendere, altri sembrare non un istrione ma metà campione e forse neppure. Interno di centrocampo, benino ma. Dietro la punta, sì però. Esterno d'attacco, è vero ma... E così via, per il falso nueve, con Roberto Mancini, per l'ala.
E' la sindrome di Giaccherini, che poi è di Florenzi, che è di Bernardeschi. Mettersi a disposizione anima, corpo e ruolo, per poi finire il compito a metà. Per poi vedersene assegnare un altro e puoi sudare quanto vuoi, ma è l'abitudine a far l'uomo bravo. Ecco, Federico Bernardeschi è tutto e niente, ancora. Lo capisca lui e pretenda, lo intendano Sarri e Mancini e rispondano. "Questo sei". Comandano loro. Ma decidano. E lui si applichi, per diventare uno, piuttosto che centomila, piuttosto che nessuno. Ha il talento e i colpi per diventare uno dei migliori giocatori dei grandi campionati. Rischia di sprecarlo, di disperderlo in troppe frazioni.
Che cosa è, Federico Bernardeschi? Con Paulo Sousa divenne esterno e fludificante, sembrava avere i binari giusti per poter prendere la fascia e renderla il suo regno. Poi ha dimostrato d'avere più velleità offensive, perché nasce dieci, e l'istinto di attaccare non lo togli neppure se lo disarmi un trequartista. Massimiliano Allegri prima e Maurizio Sarri poi gli hanno cucito addosso stracci di vestito che lo fanno a tratti splendere, altri sembrare non un istrione ma metà campione e forse neppure. Interno di centrocampo, benino ma. Dietro la punta, sì però. Esterno d'attacco, è vero ma... E così via, per il falso nueve, con Roberto Mancini, per l'ala.
E' la sindrome di Giaccherini, che poi è di Florenzi, che è di Bernardeschi. Mettersi a disposizione anima, corpo e ruolo, per poi finire il compito a metà. Per poi vedersene assegnare un altro e puoi sudare quanto vuoi, ma è l'abitudine a far l'uomo bravo. Ecco, Federico Bernardeschi è tutto e niente, ancora. Lo capisca lui e pretenda, lo intendano Sarri e Mancini e rispondano. "Questo sei". Comandano loro. Ma decidano. E lui si applichi, per diventare uno, piuttosto che centomila, piuttosto che nessuno. Ha il talento e i colpi per diventare uno dei migliori giocatori dei grandi campionati. Rischia di sprecarlo, di disperderlo in troppe frazioni.
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