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Nei pressi del vulcano Pichincha è cresciuto Moises Caicedo, il nome nuovo dell'Ecuador mondialista che avrebbe potuto cambiare il Manchester UnitedTUTTO mercato WEB
mercoledì 10 agosto 2022, 12:08Editoriale
di Carlo Pizzigoni

Nei pressi del vulcano Pichincha è cresciuto Moises Caicedo, il nome nuovo dell'Ecuador mondialista che avrebbe potuto cambiare il Manchester United

Giornalista, scrittore, autore. Quattro libri, tanti viaggi. Tutti di Calcio. Su Twitter è @pizzigo. Su Twitch con @lafieradelcalcio
“L’Ecuador”, scrive non senza lirismo lo storico John McCarthy, “è il cuore autentico del nord del Sud America: senza di esso, la forza centripeta del Venezuela spingerebbe il subcontinente verso gli Stati Uniti“. Terra decisiva per l’equilibrio del fragile equilibrio sudamericano, non a caso unico luogo d’incontro dei due principali Libertadores dell’America Latina: Simón Bolívar e José de San Martín si ritrovano in quel convegno passato alla leggenda come “La Entrevista de Guayaquil”, Bolívar e San Martín discutono su quale sia la forma di governo più adatta agli Stati che cominciavano a sbucare dalle ceneri del dominio spagnolo e dell’impero portoghese. Molte delle istanze, molte delle speranze di quei giorni, parliamo dell’anno di grazie 1822, non sarebbero state rinnovate, dopo le celebrate decolonizzazioni. La Gran Colombia voluta da Bolivar si frantuma, e la parte a sud prende il nome dall’equatore che taglia in due il Paese, oltre che il planisfero. Politicamente indipendente, però sempre insignificante a livello continentale, la Republica del Ecuador diventa sempre più ambiente di diseguaglianze, con le due città principali, Guayaquil e Quito a spartirsi prebende e corruzione, e la zona centrale abbandonata a se stessa. Quando però la politica poco alla volta riesce a interessarsi di quelle aree, l'Ecuador conosce un vero, anche se non sempre felice, sviluppo. Guadagna in autostima. Le popolazioni indigene e quelle afro-discendenti sono sempre più coinvolti nei processi di sviluppo statale.

Ri-nasce il calcio
Rinasce (o forse si dovrebbe dire nasce, se parliamo di un livello di competitività continentale) il calcio. Nel 2002 per la prima volta l’Ecuador si qualifica a una Coppa del Mondo, e fa poi tre su cinque sulle successive edizioni. Da zero a tutto, nel continente dove Brasile e Argentina staccano sempre il ticket e al concorrenza rimane agguerrita sul resto. Saranno anche in Qatar, i ragazzi della Tricolor, guidati dalla panchina da un esperto tecnico argentino, Gustavo Alfaro, e in campo da un giovanissimo prodigio, Moises Caicedo, nato nel novembre del 2001 e già protagonista assoluto nel campionato più importante del Mondo, la Premier League, dove nel match di esordio ha umiliato il Manchester United, a domicilio, col suo Brighton. “ Una situazione davvero paradossale”, mi scrive un dirigente dei Diavoli Rossi, “perché quel ragazzo lo avevamo preso noi”. La Legge di Murphy è diventata il Codice di riferimento a Old Trafford, ma torniamo in Ecuador. Un mio amico direbbe così: Nei pressi del vulcano Pichincha, sopra Quito, sorge una squadra chiamata Independiente del Valle. Io sopra Quito ci sono andato, ricordo anche che arrivato a Salgonqui, ho chiesto al tassista di procedere sullo sterrato per poi arrivare ai campi di allenamento della suddetta squadra. Un paradiso per la formazione dei ragazzi che il club è andato a cercare in ogni angolo del Paese. Mi dice il responsabile, Roberto Arroyo: “Nel 2010 abbiamo raggiunto la Serie A e negli ultimi anni siamo sempre stati nei primi tre posti della classifica del campionato ecuadoriano. La visibilità di questi successi ci ha permesso di attirare sponsor e buona parte dei proventi l'abbiamo investiti nelle strutture che vedi (niente lusso, ma tutto perfettamente funzionale: il proprietario era un architetto, NDR) e nello scouting. Viaggiamo per tutto il Paese, io con alcuni collaboratori, discutiamo coi nostri tecnici, che abbiamo formato internamente, ci alterniamo, vediamo più partite in diverse parti dell'Ecuador. Siamo alla ricerca di ragazzi, ma soprattutto cerchiamo di formare soprattutto uomini, persone: la condizione necessaria per avere ottimi giocatori, far crescere il lato umano.” Cose che avete già sentito? Può darsi, qui però davvero lavorano in questa direzione, e sono diventati un modello assoluto per tutto il Subcontinente e non solo. Perché? Sono arrivati i risultati: l’Independiente del Valle, anzi, rispettiamo la corretta dizione: il Club de Alto Rendimiento Especializado Independiente del Valle, non solo è competitivo in patria ma guadagna visibilità all’estero, sfiorando la vittoria in Copa Libertadores, nel 2016, sconfitto in finale dall’Atletico Nacional di Medellin. Ma quella squadra è formata quasi totalmente nel settore giovanile del club: il processo iniziato nel 2010 ha già dato incredibili dividendi.


Il processo
Per questo nel 2017 ero lì, a sentirmi dire, sempre da Arroyo: “ Siamo partiti dalla nostra zona e poi abbiamo organizzato una rete di osservatori in ogni parte del Paese. In ogni area ci vengono segnalati ragazzi, sul territorio facciamo il primo filtro e poi, quelli che riteniamo pronti, li invitiamo al nostro centro. Organizziamo provini per circa 3-4mila ragazzi all'anno, di solito rimangono da noi una o due settimane, così possiamo valutarli con attenzione, in tutti i loro aspetti. Tutti ricevono un rimborso, siamo l'unica squadra che fa questo in Ecuador. Una volta scelti quelli che pensiamo possano fare al caso nostro, vengono inseriti nella società. La nostra prima categoria è per gli undicenni, abbiamo squadre giovanili fino ai 18, poi i migliori fanno parte della nostra prima squadra. Tutti i nostri ragazzi ricevono un'istruzione, abbiamo un collegio interno, in collaborazione con il Ministero dell'Educazione, li accompagniamo dal punto di vista del regime alimentare, e versiamo loro anche un piccolo contributo economico mensile, oltre a fornire tutti gli indumenti di gioco e due paia di scarpe all'anno. Pensiamo a tutto.” Molti di questi ragazzi, con cui mi intrattengo, arrivano dalle regioni più povere del Paese, quelle appena entrate, finalmente nella storia dell’Ecuador. E che la storia calcistica del Paese l’hanno cambiata, e sono stati richiesti da diversi club sudamericani, e non solo. Nel 2020 l’Independiente del Valle si gioca la Copa Libertadores under 20. A osservare il torneo finale, in Paraguay, tanti scout europei. Il capitano della squadra sta risultando il migliore ma è già stato inserito nella prima squadra che ha una gara decisiva in campionato e non vuole rinunciarvi. Moises Caicedo prende l’aereo dal Paraguay, vola a giocare contro la Liga di Quito, termina la gara, dorme a Salgonqui e il giorno dopo ritorna in Paraguay per dominare semi e poi la finale col River Plate: Independiente campione. Caicedo diventa il primo nome di ogni osservatore europeo, ma c’è chi ha anticipato tutti: il Manchester United che lo aveva già adocchiato nel torneo giovanile Generation Cup di Dallas, dove peraltro non avrebbe dovuto andare: nessuno della famiglia aveva i documenti. Arroyo fa il suo e il ragazzo ha un permesso per entrare negli USA. Lo United che ha bloccato il giocatore non riesce a tesserarlo, e qui iniziano le ricostruzioni barra scuse: poco convinti? mancanza di permesso di lavoro? Varie ed eventuali. Il ragazzo va al Brighton per circa 5 (cinque) milioni. Dopo un prestito in Belgio, è tornato nel gennaio scorso in Premier. Per dominarla.

Da fenomeno
Nel frattempo. L'Independiente del Valle ha vinto una Copa Sudamerica e investito in nuovi talenti, lo United ha preso una serie di centrocampisti quasi mai convincente (l’ultimo Adrien Rabiot, per più di 15 milioni), e l’Ecuador è pronto a giocare il Mondiale in Qatar. Con Moises, che nell’ultimo semestra ha forse detto cinque parole, ma ha letto fin da piccolo uno dei cartelli motivazionali che sono appesi a Salgonqui, sopra Quito, nei pressi del vulcano Pichincha: “Mi mayor enemigo es la soberbia, mi mayor virtud la humildad.” Dà anche la palla via da fenomeno.
Caicedo