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FOCUS TMW - Il Decreto Crescita è legge: come incide sui costi del calcioTUTTO mercato WEB
© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport
venerdì 28 giugno 2019, 18:45Serie A
di Ivan Cardia

FOCUS TMW - Il Decreto Crescita è legge: come incide sui costi del calcio

Un aiutino. Meno grande di quanto fosse all'inizio, ma pur sempre un aiuto: la conversione in legge del Decreto Crescita consentirà un risparmio ai nostri club calcistici, anche se in misura minore rispetto ad altre realtà economiche italiane. Il Parlamento, prima la Camera e poi il Senato, ha infatti approvato oggi il disegno di legge relativo al D.L. 34/2019, modificando in modo sostanziale, per quel che riguarda gli sportivi professionisti, e quindi anzitutto i calciatori, i vantaggi fiscali inizialmente previsti da quello che è noto a tutti come Decreto Crescita.

Tassazione sul 50%. Nessun favore a Napoli e Lecce. In via generale, l'articolo 5, dedicato al "rientro dei cervelli" (nel nostro caso soprattutto dei piedi), prevede che, per i lavoratori residenti all'estero che si trasferiscano in Italia, l'imponibile sia ridotto al 30%. Per le regioni del Mezzogiorno, inoltre, è prevista una riduzione ulteriore del 10%. Misure di favore previste anche per il calcio nel testo originale, modificato dalle camere: per gli sportivi professionisti, la detassazione è limitata al 50% dell'imponibile. Inoltre, probabilmente per evitare disparità tra società del nord e del sud, è stato escluso, per gli sportivi professionisti, il regime di favore che interessa il mezzogiorno.

Esempio Pogba. Andiamo sul concreto e facciamo un esempio. Immaginiamo che la Juventus acquisti Paul Pogba e che il suo stipendio netto sia pari a 15 milioni di euro tutti di parte fissa, escludendo per semplicità eventuali bonus. Con la precedente normativa, e l'aliquota IRPEF al 43% (senza considerare altre imposte), il lordo ammonterebbe a un totale annuo di 26,3 milioni. Con la precedente versione del DL Crescita, la Juve l'avrebbe visto tassato soltanto al 30%: di conseguenza, con la stessa spesa, avrebbe potuto garantire a Pogba uno stipendio netto da 22,9 milioni all'anno. O viceversa, con l'obiettivo di offrirgli uno stipendio netto da 15 milioni, avrebbe dovuto spendere più o meno 17,2 milioni all'anno. Un risparmio di circa 9 milioni, oppure la possibilità di offrire uno stipendio di molto maggiore a quello possibile prima della defiscalizzazione. Se invece ad acquistarlo fosse stato il Napoli, il risparmio sarebbe stato ancora maggiore. Nel testo approvato dal Parlamento, invece, oltre a non fare distinzioni nord-sud, le cose cambiano: su un lordo di 26,3 milioni, lo stipendio netto scende a 20,7 milioni. O ancora, ipotizzando di voler fare il calcolo opposto e tenere il netto a 15 milioni, la spesa lorda diventa di 19,1 milioni all'anno. Su un contratto quinquennale, si tratta di un risparmio di circa 35 milioni di euro. Non certo noccioline.


Il primo anno si risparmia di meno. Restiamo nell'esempio e approfondiamo ulteriormente, perché in realtà la normativa entrerà a regime soltanto dal 2020. Di conseguenza, i primi sei mesi della stagione calcistica 2019/2020 ne rimarrebbero esclusi. Rimanendo al caso Pogba, per quanto riguarda il primo anno vi sarebbe così da fare una nuova distinzione: nel primo semestre, l'IRPEF va calcolata sull'intero imponibile. Quindi lo stipendio netto, con una spesa lorda da 13 milioni (a semestre), resta 7,5 milioni. Nel secondo semestre, invece, l'IRPEF si calcola su metà dell'imponibile, per cui lo stipendio sale a 10,2. Pur sempre un guadagno, per il giocatore (17,7 milioni netti anziché 15), o un risparmio per la società. Dal secondo anno in poi, viceversa, la detassazione riguarda l'intera stagione e, con una spesa annua da 26 milioni, si arriva appunto a quei 20,7 milioni netti. Analogamente, volendo mantenere lo stipendio netto a 15 milioni annui, la società spenderà leggermente di più nel primo anno (22,6 milioni, comunque meno dei 26,3 precedenti alla novità legislativa), per poi andare a risparmiare in maniera più significativa in quelli successivi.

In Italia almeno per due anni, le condizioni. Il lavoratore che arrivi in Italia deve rimanervi per almeno due anni, altrimenti decadrebbero i benefici fiscali per la sua società, con l'obbligo di restituire i soldi risparmiati. Inoltre, tutto dipende dalla residenza e su questo ovviamente la differenza sarà da valutare caso per caso. Per fare un altro esempio, anche l'Inter potrebbe aver risparmiato diversi milioni sullo stipendio di Antonio Conte, a patto che il tecnico salentino abbia trasferito la propria residenza a Londra nel suo periodo al Chelsea e ora la riporti in Italia. Nessun risparmio, invece, per la Juventus nel caso di Maurizio Sarri: i benefici si applicano soltanto ai lavoratori che non siano stati residenti in Italia nell'ultimo anno. Considerato che il toscano difficilmente ha trasferito la sua residenza all'estero quando allenava il Napoli, ammesso che lo abbia fatto nella sua unica stagione londinese, ricade tra gli "esclusi" dai vantaggi fiscali. Da verificare, infine, se i decreti attuativi che seguiranno alla firma di Mattarella prevederanno una disciplina apposita per i bonus, spesso decisivi nel determinare i costi annuali per le nostre società.

Legge Beckham all'italiana? Considerata la versione iniziale del testo normale, in molti vi avevano visto un parallelo con la cosiddetta legge Beckham. Si trattava di una legge spagnola, introdotta nel 2005 e poi abrogata nel 2010, che fra le altre cose prevedeva un'aliquota di tassazione ridotta dal 43% al 24% per tutti i lavoratori stranieri in Spagna con introiti superiori ai 600.000 euro annuali. Tornando al caso di Pogba, lo stipendio netto che avrebbe percepito con una spesa lorda da 26,3 milioni di euro sarebbe stato di 20 milioni, anziché 20,7 come previsto dalle nuove norme italiane. Non siamo così lontani, in effetti.