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L'addio alla Cina (e al calcio?) di Lavezzi. Mai stato un grande goleadorTUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
giovedì 28 novembre 2019, 08:00Il corsivo
di Andrea Losapio

L'addio alla Cina (e al calcio?) di Lavezzi. Mai stato un grande goleador

Il quindici agosto del 2007 il Napoli vinse in Coppa Italia contro il Cesena, con un secco 4-0. Era l'alba della prima stagione in Serie A dell'era De Laurentiis, affrontata con Hamsik e Domizzi, con Calaiò e Paolo Cannavaro, passando per il Pampa Sosa e Iezzo. Una squadra che doveva salvarsi facilmente, ma che poi arrivò a pochi passi dall'impresa, perché l'approdo in Europa League venne poi frustrato dal Benfica nei preliminari del successivo ottobre, nel 2008. Davanti, con Calaiò, c'era un capelluto attaccante, giovane e guizzante, che pochi anni prima doveva essere del Genoa, se non ci fosse stato l'affaire Maldonado (fatalità, giocava nello stesso Napoli) e il caso Preziosi. Ezequiel Lavezzi al San Lorenzo era già quasi un idolo, mai in doppia cifra ma quasi sempre esaltante perché saltava l'uomo con una facilità stordente. Facile in Argentina, dicevano i più, forse scottati da chi era passato dopo l'avvento di Maradona: un nome su tutti, José Luis Calderon, diverse qualità ma stesso curriculum. Convocato in nazionale, ma non in Copa America, dove Calderon era stato protagonista nel 1997, senza mai segnare. Un po' come a Napoli.

Invece ci è voluto poco per aggiornare le statistiche del Pocho, alla sua prima esperienza italiana. Dal quindici si passa al diciotto, ancora Coppa Italia, stavolta contro il Pisa. Tripletta, la prima dopo quattordici anni per un giocatore del Napoli, e il San Paolo ha il suo nuovo idolo. Oltre a Hamsik, protagonista nella cavalcata verso la Serie A, oltre all'arciere Calaiò. Lavezzi non è mai stato il miglior realizzatore che potesse esserci, ma aveva la forza di un ciclone nel ribaltare la partita, nel creare superiorità numerica, seppur non sempre lucidamente. Un po' come Gervinho, la sua rapidità e il baricentro basso davano la possibilità di essere letale in pochi metri, involandosi sulla fascia e lasciando l'avversario fermo.


È sintomatico che nel corso della sua carriera Lavezzi non sia mai andato in doppia cifra. Non gli è successo in Argentina, in Italia o in Francia. Poi è andato all'Hebei Fortune, in Cina, dove ha incominciato male (zero gol) salvo poi montare come una valanga. Venti il secondo anno, dodici il terzo, quasi a testimoniare che la sua rapidità, contro club meno attrezzati fisicamente, poteva davvero essere quel qualcosa in più. D'altro canto ha fatto benino anche a Parigi, nelle sue stagioni più fortunate, alternandosi con grandi campioni in ruoli di primo piano, nei tre d'attacco. Quest'anno, però, solamente due reti e l'idea di lasciare, definitivamente.

Così sfila via la sua carriera, dopo l'addio alla Cina probabilmente toccherà anche al professionismo. La sua bacheca vanta 1 oro olimpico a Pechino 2008, 1 campionato argentino, 1 coppa Italia, 3 campionati francesi, 3 supercoppe francesi, 2 coppe di lega francese e una Coppa di Francia, più il secondo posto in Brasile, nel 2014, forse uno dei rimpianti in una discreta carriera, da 650 presenze e 165 reti. Non male per chi non è mai stato un grande goleador.