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Io sono il virus. E quello che voi vedrete io non lo vedrò maiTUTTO mercato WEB
mercoledì 11 marzo 2020, 08:54Editoriale
di Tancredi Palmeri

Io sono il virus. E quello che voi vedrete io non lo vedrò mai

Io sono il virus.
E vivo grazie a quello che voi non vivete. Io sono tra voi, non mi vedete, ma vedete quello che mi porto via. Io sto drenando la linfa vitale dalle vostra città: come un albero a cui lentamente vengono essiccati i circoli, così le strade si vanno prosciugando di vita. Si stanno aprendo gli spazi, il vuoto, che è il vuoto della paura che si apre dentro di voi.
Io sono il dubbio dell’ignoto, il timore della normalità. L’incertezza di cosa sapevate essere certo. Gli abbracci, l’affetto, la naturale spontaneità verso il prossimo, quell’infinito tendere alla ricerca del contatto umano e della condivisione, quello che è la vostra natura, in quello io mi nascondo, in quello io vi minaccio.
Voi chiudete gli occhi, e li aprite, e non sapete più quale sia la realtà che vi terrorizza più della fantasia. Perché questo sono io.

Voi non mi vedete. E avete paura. E fate bene. Perché io vedo tutto.
Vedo i volti che si girano dall’altra parte. Vedo gli sguardi che si impauriscono ad andare verso l’orizzonte. Vi vedo arretrare e lasciarmi il mondo. E fate bene, sapete? Perché è proprio nei passi avanti che fate che io vi vengo a prendere.
Più vi abbracciate, più mi date un’opportunità.

Voi non vedete quello che vedo io.
Quando sono nei corpi dove dormo e poi mi risveglio, voi non vedete l’ansia. L’incertezza. La disperazione.
Non vedete dove mi portano. Nelle ambulanze, da lì negli ospedali, e poi il neon del soffitto delle corsie che mi passa sopra veloce, e il tubo in cui mi chiudono, sperando di cacciarmi via.

Voi non vedete quello che vedo io.
Voi non vedete le facce dei dottori e dottoresse e infermiere e infermieri chini sopra di me.
Voi non li vedete. Voi non potete vederli mentre non arretrano di un passo, mentre non esitano un minuto, mentre vanno oltre la stanchezza che non pensavano nemmeno fosse possibile conoscere, mentre sono un cordone di vita che si tende attorno e prova a infondere alla persona che abito la forza di resistere.

Voi non vedete quello che vedo io.
Pensavo fosse facile. Vi ho visto uscire, fregarvene, mischiarvi, sottovalutarmi, e ho pensato: “E’ fatta”. E poi invece ho incontrato loro, questo esercito vestito di bianco, di cui vedo solo gli occhi, fessure di forza e volontà che non si stanca di spingermi via.

Voi non vedete quello che vedo io.

E per questo io vi odio.

Perché quello che voi vedrete, io non lo vedrò mai.
Il giorno in cui tornerete a corrervi incontro per abbracciarvi, I giorni in cui incontrerete da qualche parte questi soldati vestiti di bianco, e ogni volta le lacrime diranno il grazie che non riuscirete a pronunciare. Voi lo vedrete.
Voi vedrete cosa sarà per voi tornare allo stadio a gridare come bambini e a saltarvi addosso di gioia per un gol. Io non ci sarò e non potrò vedere come vi incontrerete al bar a scherzare per chi ha vinto il campionato, a darvi pacche sulle spalle e a offrirvi il caffè. Io non vedrò l’amicizia che voi vivrete.


Quello che voi vedrete, io non lo vedrò mai.
Voi vedrete di nuovo stringervi a coorte per l’inno nazionale, sentirvi liberati di essere tornati a essere fratelli, emozionarvi e abbracciarvi in piazza per l’Italia all’Europeo.

Torneranno tutte queste cose e io non ci sarò più.
Quello che voi vedrete io non lo vedrò mai.

Le mani che si stringono. Che si tengono, si sorreggono, si rialzano.
Quelle che adesso non vi potete più dare. Io non le vedo le strette di mano.

Eppure anche adesso, le potete dare, senza che io vi veda.
Il vostro gesto. La vostra umanità. Strette di mano virtuali. Come quella che potete dare all’Ospedale di Desenzano del Garda cliccando qui per una donazione: è in una delle zone più colpite, i due figli del dirigente ospedaliero vivono fuori dall’Italia e non sono potuti tornare, e hanno organizzato questa raccolta fondi in cui si può donare anche solo 1€ per poter comprare i ventilatori che mancano in terapia intensiva.

Mani che si stringono anche adesso che non possono.
E poi arriverà il giorno in cui vi stringerete di nuovo la mano. Vi direte: “Come stai?”.
E in realtà vi starete dicendo l’un altro: “Ti voglio bene”.

Voi vedrete quel giorno che io non vedrò mai.

Perché io, il virus, quel giorno non ci sarò.
VOI, INVECE, CI SARETE