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"Mai parlato di clausola Superlega". Di cosa si tratta e perché spaventa i club di A
“Mai parlato di clausola Superlega”. Così il presidente Paolo Dal Pino, a margine dell’assemblea di Lega Serie A di oggi, che ha rinviato ulteriormente l’approvazione del term sheet (l’ultimo documento pre-contrattuale) e quindi in sostanza la decisione finale sulla lunga trattativa per l’ingresso del consorzio di fondi CVC-Advent-FSI nella futura Media Company, ha escluso che lo scenario legato alla Superlega, peraltro formalmente osteggiata da via Rosellini, sia stato uno dei due punti che non mettono d’accordo i venti club del massimo campionato. Ma di cosa si tratta? Come raccontato da Il Fatto Quotidiano e MilanoFinanza ieri, e la Repubblica oggi, tra le varie clausole previste nell’accordo con i fondi vi sarebbe appunto quella che è stata ribattezzata “clausola Superlega”. Nello specifico, prevederebbe che per i prossimi 15 anni l’unica modifica alla Serie A accettabile senza abbassare la competitività del campionato e di conseguenza violare il contratto sarebbe l’eventuale passaggio del format da 20 a 18 squadre. Una limitazione che escluderebbe sostanzialmente la possibilità per chi invece alla Superlega continuerebbe a pensare (Juventus e Milan in primis) di parteciparvi, e che quindi unirebbe i dubbi di questi club a quelli di altre società (Lazio e Napoli su tutte) che, anche perché i rispettivi bilanci non hanno necessità della pioggia di soldi proveniente dall’accordo, sono scettiche su una operazione che rischia di “vendere” la Serie A, garantendo ampli poteri decisionali a un organo terzo in maniera sostanzialmente indeterminata (fino al 2100, anche se dal 2026 i fondi potrebbero decidere se vendere, rimanere o quotare in Borsa la propria partecipazione), con grosse incertezze anche sul rispetto della legge Melandri (che peraltro per molti andrebbe in ogni caso discussa e rivista).
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