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La paura a Bologna è passata, la spada di Damocle resta: la A riparte col timore di nuovi casi
La giornata che ha portato al via libera per la ripresa della Seria A è iniziata con una buona notizia. Il primo tampone a cui era sottoposto il membro dello staff del Bologna sospetto di essere un nuovo caso di Coronavirus aveva dato esito negativo. La seconda buona notizia è arrivata nel tardo pomeriggio, a pochissimi minuti dall’incontro Spadafora-FIGC, inevitabilmente condizionato anche dalle voci che arrivavano da Casteldebole. Anche il secondo tampone è stato negativo: la grande paura, a Bologna, è passata. Ma è basta per mettere a nudo i rischi che si annidano dietro la ripresa.
Il nodo quarantena c’è. Il Comitato Tecnico Scientifico ha detto sì al protocollo sulle partite, identico per quel che ci interessa a quello sugli allenamenti collettivi. E ha detto sì perché la FIGC e la Serie A hanno mantenuto un punto considerato essenziale dai consulenti del Governo: la quarantena di gruppo, pur potendo continuare gli allenamenti, per tutto il gruppo squadra in caso di nuovo contagio. Così, se i test svolti sul collaboratore di Mihajlovic avessero riscontrato una positività, l’intero gruppo squadra del Bologna avrebbe dovuto fermarsi, isolarsi.
Se succede durante il campionato? È un gran problema, perché fermare una squadra (e magari anche l’ultima avversaria) per 14 giorni sarebbe un ostacolo insormontabile verso la conclusione della stagione. Calendario alla mano, gli spazi non sono ridotti: sono inesistenti. A tutto questo, si aggiungono due timori speculari: che qualcuno, interessato ad andare avanti nonostante tutto, “nasconda” i contagi. O viceversa che qualcuno, per fermare di nuovo la baracca, annunci nuove positività. Sono timori esplicitati dalla stessa commissione medica FIGC, non illazioni che avanziamo noi. E per questo è stata richiesta un’autorità terza che garantisca la regolarità di questi tamponi. Anche se la speranza, nemmeno troppo celata, del calcio è che, col passare del tempo e il diminuire dei casi attivi, Governo e CTS diano il proprio benestare a un protocollo ancora meno rigido, che escluda questa vera e propria spada di Damocle. Finché pende sulle teste del nostro calcio, parafrasando Malagò, siamo sicuri di ripartire, ma nient’affatto certi di poter concludere il percorso.
Il nodo quarantena c’è. Il Comitato Tecnico Scientifico ha detto sì al protocollo sulle partite, identico per quel che ci interessa a quello sugli allenamenti collettivi. E ha detto sì perché la FIGC e la Serie A hanno mantenuto un punto considerato essenziale dai consulenti del Governo: la quarantena di gruppo, pur potendo continuare gli allenamenti, per tutto il gruppo squadra in caso di nuovo contagio. Così, se i test svolti sul collaboratore di Mihajlovic avessero riscontrato una positività, l’intero gruppo squadra del Bologna avrebbe dovuto fermarsi, isolarsi.
Se succede durante il campionato? È un gran problema, perché fermare una squadra (e magari anche l’ultima avversaria) per 14 giorni sarebbe un ostacolo insormontabile verso la conclusione della stagione. Calendario alla mano, gli spazi non sono ridotti: sono inesistenti. A tutto questo, si aggiungono due timori speculari: che qualcuno, interessato ad andare avanti nonostante tutto, “nasconda” i contagi. O viceversa che qualcuno, per fermare di nuovo la baracca, annunci nuove positività. Sono timori esplicitati dalla stessa commissione medica FIGC, non illazioni che avanziamo noi. E per questo è stata richiesta un’autorità terza che garantisca la regolarità di questi tamponi. Anche se la speranza, nemmeno troppo celata, del calcio è che, col passare del tempo e il diminuire dei casi attivi, Governo e CTS diano il proprio benestare a un protocollo ancora meno rigido, che escluda questa vera e propria spada di Damocle. Finché pende sulle teste del nostro calcio, parafrasando Malagò, siamo sicuri di ripartire, ma nient’affatto certi di poter concludere il percorso.
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