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Non sarà una Serie A già scritta in partenza

Non sarà una Serie A già scritta in partenzaTUTTO mercato WEB
© foto di Image Sport
sabato 19 settembre 2020, 08:00Serie A
di Marco Conterio

La Serie A riparte da blocchi di ripartenza caduchi e provvisori, con certezze che latitano, dove la speranza è angoscia, dove l'attesa è dubbio. Dove i sogni s'intrecciano con l'incubo di una nuova serrata, spalti vuoti, stadi chiusi, quattro mura, il freddo fuori, il gelo dentro. Il virus, infinitesimale particella di male, ha stravolto le nostre vite ma elevarlo a Caronte dei nostri animi è opera di puro masochismo. Prender quel che è, sperando in quel che sarà, allora. Prendere il calcio che c'è, questo campionato, incerto, disegnato per questa vita strana. Solo che saranno in molti adesso a dover gettare la maschera, Antonio Conte e la sua Inter su tutti. Ha costruito una squadra d'esperienza, con quel che resta del budget cinese. Kolarov e Vidal, più che usato e più che sicuro, sono la macchina già pronta in griglia. Hakimi è l'enfant prodige, perché il talento non ha carta d'identità ma le gambe che tremano alle prime alla Scala sì. Però è innegabile che questa sia un'Inter cotta e mangiata, fatta per vincere e per prendersi il trono d'Italia.

Se cui c'è la Juventus, che però è andata via col rischio, scegliendo un imberbe con le medaglie ma in altre battaglie. Via Maurizio Sarri, e a posteriori forse prendersi è stata la scelta sbagliata. Lasciarsi quella naturale, poli troppo opposti per trovare un'asse comune attorno a cui gravitare. Parte da favorita, perché dopo nove Scudetti di fila, se hai Cristiano Ronaldo, Dybala, Chiellini, Bonucci e fior di campioni, non può che esser così. Cercherà la Decima, come lei nessuno mai. Però l'estate è stata turbolenta, Pirlo è un affascinante mistero poi. Certo, ha già subito grandi pressioni, ha già vissuti i grandi momenti. E' stato grande, ma cambia l'abito e del monaco a volte non c'è traccia. Sicché questa Juventus è un punto sospeso, seppur il primo della lista.

Dietro c'è un solco profondo, scavato con le altre. L'Atalanta ha fatto un capolavoro e un miracolo. Chiederle di ripetersi sarebbe pregare per un'altra grazia. L'appetito vien mangiando, è vero, ma far lo stesso, o far solo qualcosa in meno, non vorrebbe dire fallire per Gasperini. Ha costruito qualcosa di splendido, vedere e capire è l'unica ricetta davanti a una squadra che è caduta solo davanti ai mostri quasi sacri di Parigi. Il Napoli ha un bel manico, Gennaro Gattuso, ma non è quel Napoli che al via sembrava poter arrivare al Parco della Vittoria a braccia alzate. La Juventus è scappata, l'Inter è quella che a gambe levate la rincorre più da vicino e in mezzo c'è aria, spazio, quasi vuoto, almeno ora che il campionato parte.

La Lazio si è fermata a quel che era. Ovvero una squadra che su un binario corre spedita, ma che quando ha dovuto esser trina, ha perso identità, gioco e risultati. E' profonda come un fiume in secca, l'errore che Lotito e Tare devono rimediare in questi ultimi giorni di mercato sarà quello di non concedere a Inzaghi secondi all'altezza dei primi, perché poi il dolce svanisce sul più bello. La Roma ha cambiato stelle ma non strisce. Nuovi americani, da Pallotta che è stato lontano da tutto, e quindi anche dal cuore, a Friedkin. Il primo passo, quello di far mettere le tende vicino al Colosseo al figlio e Presidente Ryan, è stata la mossa che in un decennio non ha fatto il predecessore. Se son rose fioriranno, il mercato ha avuto il sussulto Kumbulla ma pure la cessione del centro di gravità Dzeko. Starà a Milik, suo erede, e agli altri che arriveranno dopo un'attesa sin troppo lunga. Non pare però da corsa per il livello delle primissime, come la concittadina.

Il Milan ha dimostrato di avere un'idea. Di avere l'orgoglio dei tempi perduti, e al momento solo quello. Però tenere Hernandez e Bennacer, arpionarsi a Ibrahimovic che è stato anche migliore delle più verdi speranze, prendere Tonali, confermare in attesa del rinnovo anche Donnarumma, è un segnale di fumo. Presto per dire dove porterà, perché in fondo il fondo può vendere anche presto. Niente Rangnick ma di fatto il Milan ne ha assimilato gli insegnamenti e fatta in parte sua la strategia sul mercato, confermando Pioli con caparbietà. Il tempo ne racconterà la bontà della scelta ma in tempo di azzardi, invenzioni e improvvisate, è grasso che cola.

Chi può essere la sorpresa è il Sassuolo, che ha tenuto i migliori, che non si son lamentati di restare. E quando è così, quando in panchina hai uno con idee consolidate come De Zerbi, significa che hai tracciato la strada verso il tuo sogno. Lo stesso ha fatto l'Hellas Verona, anche se ha scelto di cambiare gli addendi. Via tutti i migliori, o quasi, sperando che le intuizioni della dirigenza siano buone come e più che in passato per Juric. Il Torino ha scelto Giampaolo come una religione, affidandogli casa, chiesa e giocatori. Pretoriani e il giusto dell'entusiasmo, ma anche tra le altre ci son dubbi e pochi voli pindarici. Certo, il Cagliari di Di Francesco intriga per gioco e idee, Godin sarà una ciliegina anche se qualcosa manca ancora. L'obiettivo quale può essere? Davanti la schiera è folta e servirà qualcuno che cada e crolli. Lo spera pure la Fiorentina che ha fatto un mercato d'esperienza, di quelli che devi puntare per forza a qualcosa. Se i Viola dovessero raggiungere l'Europa, allora scegliere adesso Borja Valero, Bonaventura e altri over, si sarebbe rivelata scelta opportuna. Altrimenti, solo un appesantimento delle casse senza risultato immediato e prospettiva concreta, al netto delle pur importanti conferme. Sul Bologna hanno ragione Sabatini e Mihajlovic: dà l'impressione di partire per salvarsi, per accontentarsi e il salto di qualità arriverà quando lo faranno giocatori e ambiente. Ovvero quando vorranno andare oltre l'ostacolo, provarci con convinzione, e non solo per casualità e per il momento.

Sul Parma il giudizio è sospeso e legato a quel che in questi dieci giorni darà alla rosa l'americano Krause. Per adesso è da parte destra senza dubbio alcuno. Genova sogna poco: la Sampdoria ha confermato Ranieri, preso Keita ma gli investimenti latitano. Lo scorso anno è stata a lungo vicina al baratro, per adesso per migliorarsi è stato fatto forse poco. Ha fatto la rivoluzione il Genoa, e quando stravolgi serve tempo e in quest'annata ce n'è pochissimo. Servirà un miracolo, per svoltare subito, perché manico, Maran, e uomini, ci sono. Tempus fugit, però, e questo è tiranno. L'Udinese ha smesso da anni di essere nell'emisfero di chi sogna, galleggia da anni e resta ancora una squadra attorno alla quale in questo antipasto di campionato c'è poco appetito e attesa. Le neopromosse si sono mosse su binari diversi ma con una direzione simile. Il Benevento ha mantenuto l'ossatura ma inserito tanti giocatori. Ancor di più il Crotone, da Magallan a Riviere. Per adesso a piccoli passi lo Spezia, ultimo a salire e col rebus allenatore fino in fondo. C'è curiosità per le lezioni di Italiano ma sul mercato serve più esperienza nella massima serie.

Si parte, oggi, forse nel campionato meno atteso, perché precoce, ma più incerto degli ultimi anni. Non v'è certezza, perché non c'è stata sosta, pausa, respiro. Tanti hanno confermato perché ci sono pochi denari circolanti, tanti per paura di rivoluzionare, altri perché hanno avuto poche idee e per lo più confuse. Però si riparte, anche se con gli stadi vuoti, o con qualche fortunato nel deserto degli spalti. Forse mille, come un tempo, quando l'Italia si unì. Forse nessuno. Magari centomila. Per ritrovare una normalità perduta, anche adesso che siamo ai blocchi di partenza, quasi su un binario parallelo, come se nulla fosse invece tutto è. E chissà quel che sarà. Prendiamoci questo calcio. Sperando di darne uno al virus quanto prima.

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