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Quest'Inter divisa in clan è meglio di loro
martedì 19 marzo 2019, 00:00Editoriale
di Alessandro Cavasinni
per Fcinternews.it

Quest'Inter divisa in clan è meglio di loro

L'Inter vince il derby, riconquista il terzo posto, si impadronisce nuovamente dell'autostima e si gode una sosta quantomai agognata. Luciano Spalletti sorride sornione, sa di aver giocato un brutto scherzo a chi lo descriveva da giorni come un Dead Man Walking. Lucio è vivo e lotta insieme a noi. Vivo, forse, come mai prima. Vivo come chi è stato sull'orlo del baratro e si è saputo risollevare. Adesso è tornato il sereno, perché i 3 punti contro il Milan hanno cancellato isterismi e zittito critiche. Critiche peraltro eccessive, viste le contingenze: tra casi, infortuni, FFP e squalifiche, il cammino in Europa League era stato sporcato in maniera evidente. Così come quello in campionato – tra Firenze e Cagliari – lo era stato a causa di arbitraggi osceni. Ma sembrava non importare a nessuno. Bersaglio fisso sulla panchina e bum.

Ma c'è una frase che lascia percepire la voglia di riscatto dei nerazzurri, ed è quella proferita sia da Handanovic che da D'Ambrosio dopo il 3-2 di domenica sera: "Eravamo già stati meglio di loro negli ultimi anni e pure nel match d'andata. Ci davano per spacciati, ma non ci abbiamo mai creduto. Siamo superiori al Milan e dovevamo solo dimostrarlo". Una presa di coscienza non banale, che denota grande forza d'animo e convinzione nei propri mezzi. Un'unità d'intenti sottolineata a fine gara anche dal presidente Steven Zhang, visibilmente orgoglioso della prova dei suoi che hanno saputo rispondere con una vittoria fondamentale alle tante maldicenze dette e scritte sul loro conto.

Come sempre, a cadenza annuale, è tornato pure l'ormai usurato concetto dei clan. La famigerata "polveriera Inter", versione con sfumature da giallo della più usuale "Crisi Inter". Racconti che si arricchiscono di dettagli inquietanti, con ricostruzioni che farebbero invidia ad Agatha Christie. La divisione in fazioni dello spogliatoio nerazzurro, decretata più dal passaporto che da convinzioni radicate su come stare al mondo. Una sorta di Royal Rumble che alla fine dovrebbe stritolare Spalletti, la cui ora sarebbe dovuta scoccare dopo il derby. Premesso che in uno spogliatoio – come in ogni altro ambito lavorativo – non ci si può aspettare che tutti siano amici con tutti, non vuole per forza dire che tutti siano contro tutti. Il campo dovrebbe far fede. E il campo dice che l'Inter è uscita dalla Champions League per un gol subito su rimpallo alla prima giornata del girone, che ha perso con la Lazio in Coppa Italia ai calci di rigore, che in Europa League è arrivata senza metà squadra (e nell'altra metà che è scesa in campo c'era chi non stava affatto bene). E, soprattutto, c'è da dire che in Serie A è terza. Dopo la Juve e il Napoli, c'è l'Inter. E nessun altro.

Magari Spalletti non sarà simpatico a tutti. Magari Lautaro non avrà lo stesso numero di follower di Icardi. Magari De Vrij e Skriniar non sanno vendersi così bene come Chiellini e Bonucci. Magari Brozovic non avrà l'appeal di Fabian Ruiz. Magari Nainggolan non sarà politicamente corretto. Magari D'Ambrosio non avrà un nome esotico. Eppure l'Inter è lì, esattamente lì. Al terzo posto. Meglio di loro.

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