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Quattro mesi dopo, l'Atalanta risponde sul campo ad Agnelli: è giusto che sia in Champions
Quattro mesi fa Andrea Agnelli si chiedeva se fosse giusto che l'Atalanta fosse in Champions League dopo un solo anno positivo. La sua idea non era tanto un attacco ai nerazzurri quando una difesa corporativa per Ajax e Roma, squadre con una storia certamente maggiore e che non avevano avuto la possibilità di giocare in Champions League.
Da qualsiasi punto lo si guardasse poteva rappresentare solamente uno scivolone, considerando un'Atalanta che vince 4-1 agli ottavi di finale di Champions con il Valencia. Da lì in poi c'è stato poco calcio e moltissima cronaca, con il Coronavirus che ha colpito duramente Bergamo e tutta la sua popolazione, nell'epicentro europeo di una pandemia mondiale. Questo conta poco nelle scelte, ma è da sottolineare per quel che sta succedendo ora: l'Atalanta segna da 22 partite consecutive nelle tre competizioni - l'ultimo è un pari a reti bianche con la Sampdoria - ha vinto 9 partite di fila, è ai quarti di Champions League dopo aver battuto a domicilio il Valencia, ha 15 punti sul Napoli e 12 sulla Roma.
La domanda è da fare al contrario. Se i nerazzurri non fossero andati in Champions la scorsa stagione, sarebbe giusto escluderli solo per censo o per storia? Anche la Lazio avrebbe questo problema, a dir la verità, considerato da quanti anni non giocano la coppa più prestigiosa. È giusto che Lazio e Atalanta non giochino la Champions e Milan o Roma (o Napoli) sì? Il discorso di Agnelli andava a parare su una Superlega e, soprattutto, sull'avere assicurati certi diritti. Insomma, non perdere mai certi diritti come i 40-50 milioni della Champions, per evitare di andare incontro a un disastro finanziario. Lo sport non funziona così, una volta di più. L'Atalanta lo ha dimostrato a Valencia, lo sta facendo capire in Serie A. Con buona pace di Agnelli.
Da qualsiasi punto lo si guardasse poteva rappresentare solamente uno scivolone, considerando un'Atalanta che vince 4-1 agli ottavi di finale di Champions con il Valencia. Da lì in poi c'è stato poco calcio e moltissima cronaca, con il Coronavirus che ha colpito duramente Bergamo e tutta la sua popolazione, nell'epicentro europeo di una pandemia mondiale. Questo conta poco nelle scelte, ma è da sottolineare per quel che sta succedendo ora: l'Atalanta segna da 22 partite consecutive nelle tre competizioni - l'ultimo è un pari a reti bianche con la Sampdoria - ha vinto 9 partite di fila, è ai quarti di Champions League dopo aver battuto a domicilio il Valencia, ha 15 punti sul Napoli e 12 sulla Roma.
La domanda è da fare al contrario. Se i nerazzurri non fossero andati in Champions la scorsa stagione, sarebbe giusto escluderli solo per censo o per storia? Anche la Lazio avrebbe questo problema, a dir la verità, considerato da quanti anni non giocano la coppa più prestigiosa. È giusto che Lazio e Atalanta non giochino la Champions e Milan o Roma (o Napoli) sì? Il discorso di Agnelli andava a parare su una Superlega e, soprattutto, sull'avere assicurati certi diritti. Insomma, non perdere mai certi diritti come i 40-50 milioni della Champions, per evitare di andare incontro a un disastro finanziario. Lo sport non funziona così, una volta di più. L'Atalanta lo ha dimostrato a Valencia, lo sta facendo capire in Serie A. Con buona pace di Agnelli.
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