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L'Inter è una storica band che torna in concerto e lascia ancora il segno
Lo capisci subito che l'Inter giocherà una partita perfetta: sempre prima sui palloni, copertura straordinaria degli spazi, Conte che non la smette di alzare le braccia per muovere a memoria le sue pedine, Lukaku che richiama cinque volte "Hakimi" reo di aver un attimo alzato la voce nei confronti di Doveri, il gol pesantissimo di (uno dei più criticati) Arturo Vidal che della Juventus è stato simbolo insieme al suo condottiero. L'Inter ha giocato la sua miglior partita proprio contro i dominatori d'Italia che però adesso sembrano ben lontano dal continuare a farlo. Comincia il match e hai la sensazione che la partita sia stata preparata da tempo. Ogni cosa accade perché era stata pensata in quel modo lì, ogni movimento è scandito da un metronomo che batte su una sinfonia meravigliosa. L'Inter è avanti, ma lo spartito non cambia, casomai si perfeziona, trova - ogni istante che passa - la sua massima espressione. Triangoli, dai e vai costanti, tocchi di prima, difesa che sembra un muro umano, Hakimi che incendia San Siro, Barella e Vidal che si mangiano Rabiot e Ramsey, Lukaku che non lo butti giù nemmeno se ti chiami Bonucci o Chiellini (in decadenza evidente), CR7 che impotente sprofonda con la sua nave difettosa. L'Inter è una band storica che dopo anni torna in concerto e, manco a dirlo, lascia ancora il segno. Nerazzurro. Offre una vittoria che ribalta le gerarchie, che cancella i dubbi, che spazza via ogni straccio di sceneggiatura vista e rivista. Fuochi d'artificio prima e dopo. E chi se li scorda più.
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