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Il destino di Tonali, i pericolosi effetti collaterali della Coppa Italia, i 30 gol di Vlahovic, il prossimo futuro di Inzaghi, il moltiplicatore Pioli. E il “supervalutato” LautaroTUTTO mercato WEB
martedì 10 maggio 2022, 08:19Editoriale
di Fabrizio Biasin

Il destino di Tonali, i pericolosi effetti collaterali della Coppa Italia, i 30 gol di Vlahovic, il prossimo futuro di Inzaghi, il moltiplicatore Pioli. E il “supervalutato” Lautaro

Eccoci. Mancano due giornate e archiviamo il campionato. Qualcuno lo disprezza, ma in giro per l’Europa son già tutti più o meno in vacanza e da noi, invece, ci si diverte come matti (più o meno).
Domani tra l’altro c’è la finale di Coppa Italia che – diciamolo - è più di una finale di Coppa Italia. Il motivo è semplice: si sfidano le due “migliori nemiche” di sempre e, quindi, se vinci hai vinto “solo” la coppetta, ma se perdi ti condanni a una sfiancante presa per il culo. È il consueto gioco delle parti e non potrebbe essere altrimenti, soprattutto se, come pare, lo scudetto si colorerà di rossonero. La Juve rischia gli “zero tituli”, l’Inter poco più (Supercoppa e stop), è chiaro che il match dell’Olimpico sarà la discriminante tra l’amarezza totale e un gustoso brodino.
Considerazioni personalissime.
Inzaghi.
Da ieri gira il domandone: “Se Inzaghi non vince lo scudetto la sua stagione si può considerare un fallimento?”. Quante cazzate. L’allenatore dell’Inter, alla prima stagione in nerazzurro, ha portato il club agli ottavi di Champions dopo 11 anni, ha conquistato la Supercoppetta, mal che vada sarà finalista in Coppa Italia e secondo in campionato. Porca miseria, il termine “fallimento” deve avere un peso, altrimenti ci si prende per il culo, suvvia. Sapete qual è la verità? Da questa parte della trincea abbiamo bisogno di trovare sempre e per forza qualcuno da massacrare.

Vlahovic.
Per l’attaccante della Juve valgono gli stessi principi esposti qua sopra. Siccome non segna da una manciata di partite e ha il muso, allora fa già tutto schifo. Lo stesso tipo di ragionamenti si facevano un paio di mesi fa per Lautaro Martinez (“un attaccante qualunque…”), ora son tutti qui ad esaltarlo e “guai a venderlo!”. Manca la misura, come sempre. Vlahovic e il suo allenatore devono certamente “capirsi”, ma questo non significa che l’incastro sia impossibile, anzi. Riproponiamo la scommessa: il qui presente prevede 30 gol stagionali “tutto compreso” per Vlahovic la prossima stagione. Fatevi avanti.
Tonali.
Ecco, per dire, un anno fa si recitava il “requiem sportivo” per ‘sto ragazzo di 21 anni. “Un bluff” era il commento più carino e in pochissimi si erano posti il problema della riconferma (“torni pure al Brescia”). Ecco, il suo allenatore ha avuto il merito di stra-crederci e con lui ci ha creduto lo stesso Tonali: mi taglio l’ingaggio, resto, dimostro. Il resto è storia di questi mesi, con questo ragazzo che è il volto di un Milan capace di ovviare a tutti i suoi limiti grazie a due cose: l’unità d’intenti e il carattere. Pioli.
Le due prossime partite, ovviamente, faranno tutta la differenza del mondo, ma già adesso possiamo dire una cosa: questo allenatore ha alzato il valore (almeno virtualmente) di tutti o quasi i giocatori che gli sono passati tra le mani da quando si è seduto sulla panchina del Milan. E questa è una certezza. Decisamente non male.


Ancora su Tonali e su quelle che quelli bravi chiamano “sliding doors”.
C’è stato un momento, non troppo lontano nel tempo, in cui Sandro Tonali, era a un passo dall’Inter. Cioè, ormai è tardi e nessuno lo ammetterà mai, ma le cose erano serenamente apparecchiate: si trattava di trovare la formula giusta per accontentare Cellino al Brescia e i nerazzurri avrebbero avuto il loro giovane talento da allevare. Era l’estate del 2020, quella “pandemica”, quella di Conte che perde la finale di Europa League e si incazza parecchio con i suoi dirigenti, sbatte i pugni, dice “dobbiamo capire, dobbiamo sistemare, dobbiamo programmare”. Va in scena la mitica riunione di Villa Bellini, le parti scelgono di proseguire la strada insieme e ci si viene incontro: il tecnico accetta un mercato tutt’altro che faraonico e “di opportunità”, la società gli concede di andare su giocatori un filo stagionati ma “funzionali alla sua idea di calcio”. E allora l’Inter, a malincuore, molla Tonali. E porta a Milano Aleksandar Kolarov (all’epoca 34enne) e Arturo Vidal (all’epoca 33enne). Vidal, il cileno che qualche giorno prima aveva detto più o meno pubblicamente così: “Se mi chiama la Juve io ci sono”. Ma poi ha scelto il nerazzurro e 7 milioni di ingaggio (euro più, euro meno).

Il resto della storia la conoscete: Tonali, oggi 22 anni, abbraccia la squadra per cui fa il tifo, il Milan, trascorre un anno ad apprendere e inghiottire bocconi amari e, infine, si trasforma in un’iradiddio del centrocampo.
Morale: gli allenatori devono allenare. Punto.
E con questa arrogantissima sentenza, salutiamo cordialmente.