Menu Serie ASerie BSerie CCalcio EsteroFormazioniCalendari
Eventi LiveCalciomercato H24MobileNetworkRedazioneContatti
Canali Serie A atalantabolognacagliariempolifiorentinafrosinonegenoahellas veronainterjuventuslazioleccemilanmonzanapoliromasalernitanasassuolotorinoudinese
Canali altre squadre ascoliavellinobaribeneventobresciacasertanacesenalatinalivornonocerinapalermoparmaperugiapescarapordenonepotenzaregginasampdoriaternanaturrisvenezia
Altri canali serie bserie cchampions leaguefantacalcionazionalipodcaststatistichestazione di sosta
tmw / juventus / Il punto
Quanto è difficile essere Paulo Dybala. L'argentino specchio di una Juve spenta. Ora il settimo scudetto torna stimolante, ma servono gli attributiTUTTO mercato WEB
martedì 24 aprile 2018, 00:35Il punto
di Ivan Cardia
per Tuttojuve.com

Quanto è difficile essere Paulo Dybala. L'argentino specchio di una Juve spenta. Ora il settimo scudetto torna stimolante, ma servono gli attributi

Nasce a Bari il 23.02.1988 e di lì in poi vaga. Laurea in giurisprudenza, titolo di avvocato e dottorato di ricerca: tutto nel cassetto, per scrivere di calcio. Su TuttoMercatoWeb.com

Quanto deve essere complicato essere Paulo Dybala in questo momento. Sei il miglior giocatore di una squadra, devi uscire al 45’ di una partita fondamentale, perché in quella partita di fatto non sei mai entrato. La fotografia di una Juventus che soffre l’assenza, nel momento del bisogno, dei suoi uomini migliori. Che aveva delle certezze, e le vede sgretolarsi in pochi secondi. È il contraccolpo di Madrid? È la troppa sicurezza? È logico, in questo momento, che l’amarezza prenda il sopravvento sull’oggettività. Ma anche quest’ultima sembra piuttosto amara.

A Torino non hanno neanche vinto i profeti del bel gioco, definizione che vuol dire tutto e nulla. Ha vinto l’unica squadra che ha provato a giocare, cioè il Napoli. Il risultato è perfino troppo modesto, è l’ultimo retaggio di quella solidità che resta alla Juve, è il primo problema e anche l’ultimo. E l’analisi della sconfitta, che è propria dei perdenti ma in questo caso pare necessaria, è sommaria, lacunosa. Napoli fa festa come se avesse vinto lo scudetto? Non dovrebbe importare. La Fiorentina si scansa e l’Inter no? Anche questo non dovrebbe importare. Sono ragionamenti piccoli, che nell’ambiente bianconero siamo poco abituati a sentire. 

Cosa resta della sconfitta di Torino? Può essere un punto di partenza, a patto di capire che la stagione rischia di essere davvero compromessa. Il calendario in campionato di qui alla fine è in salita. E un eventuale secondo posto potrebbe avere le sue conseguenze in Coppa Italia, ammesso che di quest’ultima importi davvero a qualcuno. L’uscita di Dybala certifica ciò che sembrava ma di cui non vi erano prove: la Juve ha imparato, in appena quattro partite, a giocare meglio senza il suo numero 10. E l’argentino non è stato talmente convinto, e convincente, da riprenderla. La gestione di Allegri, questa volta, certifica invece quel che era ovvio: non tutte le ciambelle riescono col buco, e il livornese non ha la soluzione a tutti i problemi. Non per questo diventa un brocco, ma ha da fare autocritica come tutta la squadra. 

Un vantaggio, almeno, c’è. Un bicchiere mezzo pieno, più di quel punticino di vantaggio che sa davvero poco di tranquillità. La Juve, almeno, è riuscita a rendere stimolante l’inseguimento del settimo scudetto. Ne avremmo fatto a meno, ma tant’è. Se a qualcuno erano venute meno le motivazioni, adesso almeno sa dove trovarle. Si riparte, per una volta, non dai moduli, dalle scelte tattiche, dagli errori tecnici. È finito un ciclo, e lo sappiamo tutti da tempo. Ma non è stato questo a far perdere la Juventus contro il Napoli. Più di tutto questo, contro gli azzurri, è mancata la voglia. Sono mancati, francesismo o no, gli attributi. E riesce davvero difficile credere che un gruppo così straordinario li abbia persi tutti in un colpo, per un rigore discutibile al 93’.