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TMW RADIO - Ravanelli: "Sarri non dipende dal Lione. A questa Juve manca un Mandzukic"TUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
venerdì 7 agosto 2020, 17:25Serie A
di Dimitri Conti

TMW RADIO - Ravanelli: "Sarri non dipende dal Lione. A questa Juve manca un Mandzukic"

Fabrizio Ravanelli intervistato da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini
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Intervista ai microfoni di TMW Radio con Fabrizio Ravanelli. L'ex attaccante comincia nel suo intervento a Stadio Aperto, trasmissione condotta da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini, dall'esordio della Juventus in Champions League, questa sera contro il Lione: "Loro hanno giocato una finale e 120' in cui non hanno preso gol: difficile studiare l'avversario in queste condizioni così differenti tra Serie A e Ligue 1. Non sarà facile per la Juve, così come per il Lione cui mancano partite".

Come ha visto Sarri?
"Condivido le idee del mister, la storia dice che la Juventus non prende mai decisioni affrettate, ma le pondera tutte. Società che ha veramente tanta pazienza, vedendo il bicchiere sempre mezzo pieno: c'è molta intelligenza, se hanno deciso di andare avanti con lui, lo faranno a prescindere da questa partita. Idem se interrompono".

In quale aspetto ha visto più distanza tra le richieste dell'allenatore e la squadra?
"Fare il gioco che voleva Sarri, con questa Juventus, era praticamente impossibile. I giocatori della Juventus sono più forti fisicamente e tecnicamente ma meno dinamici: è un gioco diverso, in cui serve pazienza perché le qualità del singolo può risolvere l'incontro. Dico che si è visto poco il suo calcio: quando si è visto il palleggio si è vista anche una bella Juve. Ma spesso hanno fatto fatica col dinamismo e la capacità di riempire l'area. L'abbiamo vista spesso recuperare palla e poi non riuscire ad andare in area di rigore. Manca la fisicità di Mandzukic, e questa è stata una grossa difficoltà. Un'altra sono stati i terzini: né Alex Sandro né Danilo hanno sopperito a questa annata, a fronte di un Cuadrado che di là è riuscito ad adattarsi".

Se si dice che manca feeling tra CR7 e Sarri, perché ha segnato più dell'anno scorso?
"Tutti sanno che Ronaldo non ami fare il centravanti, così come che a volte capita che si segnino più gol, ma che siano anche meno determinanti ai fini del risultato. A uno che fa 40 gol ma ti fa giocare peggio la squadra, preferisco uno che mi faccia quei 10 gol determinanti ma che allo stesso tempo mi faccia quel lavoro sporco che serve per l'equilibrio di squadra, e perché anche lo stesso Ronaldo sia più lucido".

Uno come Milik?
"Potrebbe fare comodo alla Juventus. L'unica cosa in cui mi lascia un po' perplesso è che lui spesso si fa male... Negli ultimi anni il problema della Juventus in Europa, al momento in cui fare il salto e in cui ci sono le partite decisive, vengono a mancare giocatori fondamentali. Quest'anno c'è Dybala a mezzo servizio, manca uno come Douglas Costa che sarebbe servito come il pane, ma anche i Chiellini e Khedira che hanno la mentalità vincente e necessaria per i traguardi importanti. Non è per trovare giustificazioni, ma è così. Milik quindi potrebbe essere giusto per qualità, anche se mi lascia perplesso per gli infortuni".

Alla Juve serve un peso massimo di livello europeo per interrompere questa carestia di coppe?
"Nella prossima campagna acquisti dovrà essere portata avanti un'idea. Qui c'è bisogno di continuare a vincere e, oltre ai Kulusevski e gli Arthur, c'è bisogno di giocatori importanti, che riescano ad essere leader in campo sin da subito. Anche perché Chiellini ha 38 anni ed è reduce da un brutto infortunio... A centrocampo poi ci vorranno almeno due giocatori di spessore, idem per gli attaccanti visto che Higuain dovrebbe andare via. Gente di spessore, ma soprattutto uomini. Credo che quest'anno Dybala, oltre a una grandissima stagione in campo, abbia dimostrato maturità anche fuori: questi sono i giocatori che fanno fare la differenza alle società e agli allenatori".


Non le pare che il suo ex compagno di squadra Conte?
"Chi non lo conosce bene può pensare che stia esagerando, logico che abbia sbagliato i tempi di qualche esternazione, ma bisogna capire dove voleva andare a colpire. Cercava di stanare quelle persone che in casa Inter non vogliono crescere: questa è la mia opinione, ha voluto mettere benzina su qualche dirigente, qualcuno che magari non ha ascoltato i suoi consigli. Non dico che sia la verità, ma solo l'idea che mi sono fatto conoscendolo da tanti anni".

Cosa pensa del tema squadre B e multi-proprietà? Per un giovane oggi è più complicato?
"Il calcio giovanile è cambiato perché sono cambiati gli interessi societari. A buon intenditore, poche parole... Tutti sanno come vanno i settori giovanili, c'è poca professionalità mentre ci vorrebbe cuore, senso di appartenenza e della professione. Dobbiamo riportare il calcio giovanile a qualche anno fa, quando riuscivamo a crescere i migliori talenti. Di giovani italiani forti ce ne sono, dovremmo smettere di cercarne da fuori, anche quelli che magari hanno meno talento ma portano altre cose".

Si è persa un po' l'identità nel nostro calcio?
"Questo è al centro di qualsiasi discorso... Nove undicesimi della Juve con cui abbiamo vinto la Champions erano italiani, gli unici stranieri erano Paulo Sousa e Didier Deschamps. Eravamo gente pronta a morire per la causa juventina... Oggi si sa che il mondo è cambiato: appena finito in campo si va subito sui social, si passa meno tempo nello spogliatoio con i compagni. C'erano grandi campioni e grandi uomini, questi ultimi, fidatevi, anche oggi fanno la differenza. Gattuso ad esempio per me è uno di quelli che ti entra nel cuore ma anche uno degli allenatori più preparati che ci sono. Ha dato mentalità e gioco al Napoli, un senso d'appartenenza... Vedo quello che fa, ed entra davvero dentro per la sua trasparenza, portando però anche un'idea di calcio. Se non entri nel cuore ai ragazzi, non te la faranno mai quella corsa in più. Questo vale soprattutto per i settori giovanili, in cui serve chi sappia mostrare ai giovani cosa serve, quali sacrifici e mentalità servano. Che sia una scuola di vita".

Lei fu uno dei primi a sdoganare il fenomeno dell'"italiano all'estero".
"Quando siamo andati a fare l'Europeo del '96 in Inghilterra sono rimasto a bocca aperta perché ho visto sportivi corretti e passionali, che avessero il sorriso qualsiasi fosse il risultato. Mi sono ritrovato in una realtà totalmente diversa dall'Italia, dicendomi che avevo voglia di fare quest'esperienza. Quando è arrivata una possibilità, l'ho presa al volo, e ne ho avuto tante soddisfazioni".

Cosa le riserverà il futuro?
"Qualcosa bolle in pentola, speriamo di riuscire a tornare ad allenare e che le situazioni si concretizzino da qui a qualche settimana".