Buffon e quella voglia matta di essere ancora protagonista: quant’è difficile smettere
Come finirà la storia di Gianluigi Buffon? Questo non lo sappiamo. Altro che fiction: il portiere più forte nella storia di questo sport sta ancora scrivendo il finale. E pare irrisolto ad accettare anche lui quel che a un certo punto sarà comunque inevitabile. Nella sua seconda vita da bianconero, ha vestito il numero 77 della Juventus e tra le altre cose ha strappato a Maldini il record di presenze in Serie A.
In questa stagione è andato tra i pali dieci volte: meno di quante se ne sente addosso, più di quante ne giochino molti altri portieri di riserva del nostro campionato. A gennaio ha compiuto 43 anni e oggi s’interroga su cosa fare da giugno in poi. Ha già sorpreso tutti sapendo essere secondo non ingombrante di un uomo di dodici anni più giovane, ma questo ruolo di vice vero e proprio pare stargli stretto, ragion per cui potrebbe cambiare aria, di nuovo. Sarebbe un film già visto: è andato in scena tre anni fa quando sposò la causa del Paris Saint-Germain, provò a inseguire la Champions che rimarrà quasi sicuramente il grande cruccio di una carriera incredibile, chiuse alle spalle di Areola, che di anni in meno di lui ne ha venti e alla fine tornò a Torino. L’alternativa sarebbe rimanere in bianconero ancora una stagione: la Juve non s’opporrebbe, lui potrebbe timidamente dare un nuovo assalto alla coppa dalle grandi orecchie. Da attore non protagonista, e il problema sta lì per uno che è stato la vera stella del calcio italiano per ventitré anni di fila. La terza ipotesi: mettere i guantoni a prendere polvere, tirarli fuori semmai per qualche partitella con gli amici, togliersi la maglia e annodare la cravatta. Prendersi un anno sabbatico, magari. Capire cosa fare da grande: è il paradosso dei calciatori, che ci sembrano vecchi e forse si sentono tali, ma in realtà finiscono giovani, tanto giovani che a quell’età in altri settori qualcuno addirittura inizia. È arrivato il momento? A dirlo può essere soltanto Buffon. Ma per il diretto interessato è sempre più difficile riconoscere l'attimo che fugge o che è fuggito.