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Speciale Newcastle: perché era tutto naufragato e poi è stato ceduto. La ricostruzioneTUTTO mercato WEB
© foto di Insidefoto/Image Sport
martedì 12 ottobre 2021, 18:30Serie A
di Marco Conterio

Speciale Newcastle: perché era tutto naufragato e poi è stato ceduto. La ricostruzione

Capitolo 3: ecco perché si è riaperta la trattativa. Tutto era legato ai diritti tv e ai rapporti tra Qatar e Arabia Saudita, tra beIN Sports e la pirateria di beoTQ
Alla fine del luglio 2020, la trattativa tra il Fondo d'Investimento Pubblico Saudita e il Newcastle di Mike Ashley è naufragata. Il PIF, come ha fatto poi negli scorsi giorni, aveva intenzione di acquisire l'80% dei Magpies, lasciando il restante 20% a due parti di cui una guidata dalla broker Amanda Staveley. Le tematiche che allora fecero andare prima tutto in stallo e poi crollare il castello, furono due: pirateria sui diritti televisivi e violazione dei diritti umani.

In campo il WTO
L'Organizzazione Mondiale del Commercio scese in campo, accusando l'Arabia Saudita di piratare gare di calcio internazionale, comprese quelle di Premier League. Una tematica delicata e anche politica, visto che i diritti erano dei qatarioti di beIN Sports. Attraverso Beotq, poi rimosso da Arabsat (di cui l'Arabia è azionista di maggioranza), venivano trasmesse le gare in modo pirata. I report di MarkMonitor del 2019 confermavano questo dato: inoltre, beIN, qatariota, è oscurata in Saudi (anche se in questo anno i rapporti tra gli stati si stanno ricomponendo).


La situazione si è sbloccata
Tramite un ricchissimo (pare quasi bilionario) arbitrato, la situazione tra Qatar e Arabia Saudita è andata sulla via della risoluzione, permettendo così al popolo arabo di poter vedere senza ricorrere a sistemi illegali il calcio internazionale, Premier compresa. Anche perché l'operazione, raccontano le stime, era costata in termini di perdite al Qatar circa un miliardo per gli anni 2018 e 2019. E i diritti umani? Non sembrano esser centrali nella scelta da parte della Premier League, come sottolineato anche da Amnesty International, che si è preoccupata di come "dovrebbe cambiare i test per proprietà e dirigenze sui diritti delle persone". Prima quelli televisivi.