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La differenza tra Italia e Argentina è (quasi) tutta nei due tridenti scesi in campo
L'Italia fa fatica a segnare. Dopo la vittoria dell'Europeo, questa squadra ha segnato più di un gol solo contro Lituania, Belgio e Turchia. Calcolando che le ultime due erano gare inutili, arrivate dopo il mancato accesso alla finale di Nations League e dopo il mancato pass per il Mondiale, il problema assume una rilevanza ancora maggiore. Abbiamo dilagato solo a Sassuolo contro i lituani, poi un gol contro la Bulgaria, un gol contro la Svizzera (in due partite), 0 contro la Nord Irlanda e altrettanti contro la Nord Macedonia. Così come ieri sera.
Il problema è chiaro anche a Mancini: "Dopo l'Europeo abbiamo fatto una grande fatica a far gol e dobbiamo trovare soluzioni in questo senso, dobbiamo essere veloci e non sarà semplice mettere una squadra che ci dia soddisfazioni a breve tempo", ha detto il ct subito dopo la partita. L'attacco è il problema principale e in effetti, mettendo a confronto i due tridenti scesi in campo ieri, si spiega tutta o quasi la differenza vista sul prato di Wembley: da un lato Bernardeschi-Belotti-Raspadori, dall'altro Di Maria-Lautaro-Messi. Sulla carta non c'era confronto e il campo l'ha confermato.
Detto che quello sceso in campo non era il tridente dell'Europeo, che Mancini per l'occasione ha dovuto fare a meno di Chiesa, Berardi, Immobile e alla fine anche Insigne, c'è da interrogarsi sul futuro di un attacco che, più degli altri reparti, soffre il ricambio generazionale. Sicuramente si ripartire da Raspadori e Chiesa, molto probabilmente anche da Berardi, ma per gli altri il mancato accesso al Mondiale potrebbe far rima con la fine della loro avventura azzurra.
Il problema però è nelle alternative: ieri dal 46esimo in poi è entrato Scamacca e sarà molto probabilmente lui, d'ora in avanti, a guidare l'attacco azzurro. Gli altri attaccanti italiani (in prospettiva 2024) che hanno raggiunto la doppia cifra nell'ultima Serie A sono Andrea Pinamonti (convocato, poi s'è infortunato) e Federico Bonazzoli. Insomma, stando ai gol dell'ultima Serie A l'Italia dovrebbe affidarsi per il futuro a tre attaccanti che, nell'ultima stagione, hanno giocato con Sassuolo, Empoli e Salernitana.
Vien da sé, quindi, che se questi giocatori non faranno il salto di qualità, anche a livello di club, difficilmente potranno rappresentare una garanzia per i prossimi 10 anni. E infatti nell'ultimo gruppo dei 30 c'era Gnonto, classe 2003 che è andato a Zurigo pur di giocare e non stagnare tra Primavera e prestiti.
Il rischio è fare come Belotti, che non ha fatto il salto di qualità quando doveva e ieri - in un palcoscenico di primissimo piano come quello di Wembey - ha dimostrato di non essere all'altezza del compito che Mancini gli aveva affidato.
Il problema è chiaro anche a Mancini: "Dopo l'Europeo abbiamo fatto una grande fatica a far gol e dobbiamo trovare soluzioni in questo senso, dobbiamo essere veloci e non sarà semplice mettere una squadra che ci dia soddisfazioni a breve tempo", ha detto il ct subito dopo la partita. L'attacco è il problema principale e in effetti, mettendo a confronto i due tridenti scesi in campo ieri, si spiega tutta o quasi la differenza vista sul prato di Wembley: da un lato Bernardeschi-Belotti-Raspadori, dall'altro Di Maria-Lautaro-Messi. Sulla carta non c'era confronto e il campo l'ha confermato.
Detto che quello sceso in campo non era il tridente dell'Europeo, che Mancini per l'occasione ha dovuto fare a meno di Chiesa, Berardi, Immobile e alla fine anche Insigne, c'è da interrogarsi sul futuro di un attacco che, più degli altri reparti, soffre il ricambio generazionale. Sicuramente si ripartire da Raspadori e Chiesa, molto probabilmente anche da Berardi, ma per gli altri il mancato accesso al Mondiale potrebbe far rima con la fine della loro avventura azzurra.
Il problema però è nelle alternative: ieri dal 46esimo in poi è entrato Scamacca e sarà molto probabilmente lui, d'ora in avanti, a guidare l'attacco azzurro. Gli altri attaccanti italiani (in prospettiva 2024) che hanno raggiunto la doppia cifra nell'ultima Serie A sono Andrea Pinamonti (convocato, poi s'è infortunato) e Federico Bonazzoli. Insomma, stando ai gol dell'ultima Serie A l'Italia dovrebbe affidarsi per il futuro a tre attaccanti che, nell'ultima stagione, hanno giocato con Sassuolo, Empoli e Salernitana.
Vien da sé, quindi, che se questi giocatori non faranno il salto di qualità, anche a livello di club, difficilmente potranno rappresentare una garanzia per i prossimi 10 anni. E infatti nell'ultimo gruppo dei 30 c'era Gnonto, classe 2003 che è andato a Zurigo pur di giocare e non stagnare tra Primavera e prestiti.
Il rischio è fare come Belotti, che non ha fatto il salto di qualità quando doveva e ieri - in un palcoscenico di primissimo piano come quello di Wembey - ha dimostrato di non essere all'altezza del compito che Mancini gli aveva affidato.
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