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Mihajlovic, De Leo: "Dal '98 al Bologna. Vi racconto i miei dieci anni con Sinisa..."TUTTO mercato WEB
sabato 28 gennaio 2023, 14:05News
di Lalaziosiamonoi Redazione
per Lalaziosiamonoi.it
fonte Niccolò Di Leo - Lalaziosiamonoi.it

Mihajlovic, De Leo: "Dal '98 al Bologna. Vi racconto i miei dieci anni con Sinisa..."

Una vita calcistica insieme, per dieci anni fianco al fianco, davanti a tutte le difficoltà che per il mestiere, ma non solo, si ponevano davanti. Da quando, come c.t. della Serbia, Mihajlovic decise di prendere con sé un ragazzo che nel 2009 iniziò a mandargli la sua disamina tattica delle avversarie. Non sapeva chi fosse, non era un volto noto, ma solamente uno studioso e un appassionato di calcio, Sinisa, però, ne rimase stupito. Nel 2012 inizia in maniera definitiva la storia tra Emilio De Leo e Sinisa Mihajlovic, inizia con una scelta, quella dell'ex Lazio, inaspettata: quella di far entrare nel proprio staff l'allora giovanissimo allenatore dell'Aquilotto Cavese, squadra di terza categoria campana. Mihajlovic se ne fregò dell'inesperienza, non gli interessò che De Leo tra i professionisti non c'era mai stato: ne rimase colpito e lo mise sotto la sua ala. Quel ragazzo imparò tutto da lui dal punto di vista calcistico nelle esperienze con la Serbia, la Sampdoria, il Milan, il Torino e il Bologna e dal punto di vista umano, fino a sostituirlo, come uno scherzo del destino, quando arrivò la malattia. Intervenuto ai microfoni di Sky Sport, De Leo ha voluto raccontare la loro storia, il loro legame e la stima che da sempre ha provato nei confronti di Sinisa.

DALLA FOTO NEL '98 ALLA SERBIA - "Sinisa era in ritiro a Vigo di Fassa con la Lazio, stava preparando la stagione con Eriksson, era il 1998. Io ero un appassionato di calcio che correva appresso ai campioni e chiaramente quel giorno incontrai lui per la prima volta. Quello fu l'inizio di un percorso incredibile, condiviso in questi anni. E' stata un'avventura incredibile passare 10 anni con lui. Da un punto di vista professionale ho iniziato a vivere di emozioni forti, abbiamo vissuto tante gare l'uno di fianco all'altro in Serie A e dal questo punto di vista si sono realizzati i sogni di quel bambino nel '98. Dal punto di vista umano sono cresciuto con lui. Ho ben chiari e nitidi i momenti che abbiamo vissuto dal primo incontro a casa sua a Roma, da quando abbiamo iniziato la collaborazione, a Belgrado. Ogni giorno è stato un insegnamento. Ricordo la prima vittoria con la nazionale serba, contro il Galles per 6-1 e a fine partita ci abbracciamo e io sentii tutta la mia gratitudine per lui"

SINISA UOMO E ALLENATORE - "Sinisa era un perfezionista, era esigente e dovevi calarti nel suo modo di ragionare, nella sua voglia di spostare sempre l'asticella, anche dopo un periodo positivo e si sentiva la necessità di staccare la spina. Lui non te lo permetteva. Oggi mi manca tanto, perché (si commuove, ndr) visualizzare il suo nome era motivo d'orgoglio per me. Lui mi prendeva in giro perché sono un collezionista, mi chiamava 'feticista'. Tanto è vero che una volta presi i suoi scarpini d'allenamento che aveva messo da parte per cambiarli, come faceva sempre, perché per me erano un cimelio, rappresentavano le sedute di allenamento insieme e pensare che lì dentro c'era stato il suo sinistro era emozionante. Era il calciatore divenuto allenatore e io ero al suo fianco".

LA MALATTIA - "Quando con lo staff abbiamo saputo che era peggiorata la situazione siamo andati in clinica a Roma, poche ore prima del triste epilogo. Oggi ci fa piacere pensare che, in qualche modo, siamo riusciti a essere, anche se per un attimo, di conforto alla famiglia con la nostra vicinanza e a dargli un bacio. Spero che gli sia in qualche modo arrivato".

I DIECI ANNI CON SINISA - "Da questi dieci anni mi porterò la fiducia da dare alla persona che ho di fronte, aldilà di quale sia stato il suo percorso. Lui lo ha fatto con me e io cerco e voglio continuare a farlo con le persone con cui mi capiterà di lavorare. Mi porterò la sua capacità di essere lucido, perché lui veramente è riuscito con determinazione e con grinta a guardare in faccia le sue difficoltà, la sua malattia. Se potessi dirgli qualcosa, gli direi 'Tu hai vinto, perché non ti sei tirato indietro e lo ringrazierei'".