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Al 90% la Serie A non finirà entro agosto. Se non decide adesso, rischia tuttoTUTTO mercato WEB
mercoledì 8 aprile 2020, 00:00Editoriale
di Tancredi Palmeri

Al 90% la Serie A non finirà entro agosto. Se non decide adesso, rischia tutto

Mettiamo le cose molto in chiaro, e molto direttamente. Ogni discussione sul futuro prossimo del calcio dovrebbe avere il pudore di tenere presente la realtà che stiamo vivendo.
E' ben lecito tenere a cuore la propria continuità, ed è assolutamente ragionevole prepararsi alla ripresa, e dunque fare in modo di farsi trovare pronti per quando sarà il momento (se verrà...).
Ma quello che sembra stia ancora per mancare, di nuovo, al calcio, è il senso della realtà circostante. Un vizio che può essere anche un vezzo detestabile ma condonabile in tempi normali, ma non sicuramente in tempi staordinari, anzi unici, come quelli che stiamo vivendo.
Non siamo fortunatamente ai livelli del lugubre balletto di inizio marzo, quando il miserabile tira e molla sulle porte aperte mentre il mondo attorno implodeva ha scritto la pagina più squallida della storia del calcio italiano, anche oltre calciopoli e il calcioscommesse.
Ma se pensavate che l'incapacità dirigenziale del calcio in Italia avrebbe dato un scatto in avanti in tempi d'emergenza dovrete ricredervi.
Due sono le cose su cui deve decidere: la riduzione dei costi, e il piano di uscita da questa stagione – due decisioni certo importanti, ma non che in questi giorni nel calcio abbiano molto altro da fare. E per carità, non si vuole ridurre alla semplificazione, ma il problema è che ancora una volta si sta perdendo il senso della realtà.
Perché bisognerebbe prendere decisioni avendo ben chiara una premessa di fondo ineludibile: altro che programmazione, la stagione è letteralmente appesa a un filo. E in queste condizioni, l'unica cosa che si può fare è approntare delle alternative, semplici e pronte, ma avendo chiaro a sé stessi, e mettendo in chiaro per tutti, che la probabilità di non tornare a giocare è probabilmente prossima al 90%.
Venerdi scorso a Stadio Aperto su TMWRadio abbiamo avuto ospite l'ex medico della Nazionale, il mitico Enrico Castellacci, nonché attuale presidente dell'associazione dei medici nel calcio, con cui finalmente abbiamo messo il dito nella piaga delle operazioni preliminari necessarie prima di dare il nullaosta medico al ritorno all'attività agonistica. Tempo 24 ore, è stato rilasciato il protocollo a cui tutte le società dovranno attenersi per poter tornare a giocare: un imbuto strettissimo con un sacco di esami medici, test di coronavirus ogni 4 giorni, e monitoraggio continuo di tutti i giocatori.
Morale della favola: non solo è tremendamente complicato tornare a giocare in tempi brevi (2 mesi da ora), ma a ripresa dell'attività sarà praticamente sufficiente che anche solo 1 giocatore, o 1 membro di uno staff tecnico, o 1 membro di un club, sia testato positivo, per provocare l'ulteriore sospensione del campionato, e a quel punto con la vera impossibilità di tornare in tempi utili.

E dunque, in questa realtà dei fatti che o non è abbastanza chiara ai protagonisti, o non è stata sufficientemente chiarita a tutti, litigare e giocare di tattica come se si avesse tutto il tempo del mondo a disposizione è prima di tutto stupido, secondariamente nocivo per la propria stessa sopravvivenza economica, e ultimo ma non ultimo irrispettoso per la realtà circostante dove si lotta per salvare la vita.


Non c'è molto che il calcio possa fare: preparare un piano di lavoro per ripartire il 7 giugno; approvare un piano ragionevole di tagli degli stipendi, senza arroccarsi nelle discussioni sindacali; e preparare una sentenza automatica nel caso si finisca. Peggio sarebbe soltanto danneggiare non solo questa stagione, ma anche la prossima. Quasi – quasi – la soluzione più ragionevole sembrava quella proposta da Gravina: play-off e play-out per ridurre al minimo il tempo necessario di gioco. Subito bocciata dai club, che forse il tempo costringerà a ricredersi.
Certo poi ci si è messo lo stesso Gravina, che domenica alla Domenica Sportiva ha dichiarato che veniva contemplata l'opzione di finire la stagione a settembre-ottobre, giusto 24 ore dopo che Ceferin in mezzo a tante opzioni aperte solo su una aveva chiuso la porta dicendo chiaramente: “Non si può giocare questa stagione a settembre-ottobre”.

Il calcio italiano deve capire una cosa: in tempi straordinari bisogna avere la prontezza di cambiare in maniera straordinaria. Serve per sopravvivere. Perché altrimenti verrai spazzato via.