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Il peso di 3 giorni (o di tre giornate)TUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
giovedì 16 settembre 2021, 14:48Editoriale
di Luca Marchetti

Il peso di 3 giorni (o di tre giornate)

3 giorni d’Europa, 3 giornate, primi giudizi, a volte definitivi.
E ci si interroga, naturalmente, se tutto questo non è frenetico. In alcuni casi certamente sì. Gli umori, le interpretazioni, gli stati d’animo vengono necessariamente condizionati dai risultati. Ma si tende sempre a vedere, almeno per gran parte delle considerazioni, solo l’ultimo. Spesso “dimenticando” quanto successo in precedenza. Alle volte - è vero - una vittoria può risollevare un ambiente, come per esempio nel caso della Juve. Può aiutare a far tornare il sorriso e quindi a lavorare meglio durante la settimana, può sciogliere le tensioni e le tossine di un avvio di campionato non all’altezza.
In molti (tifosi) chiedono come mai Allegri goda di benevolenza da parte della stampa: i risultati ottenuti finora non sono certo migliori di quelli di Sarri o Pirlo che sono stati esonerati e ai quali non è stata concesso appello. Posto che non mi pare che Allegri sia stato risparmiato dalle critiche, in questo avvio, lo stesso metro di giudizio è stato dato per tutti. L’allenatore è parte di un progetto, molto più ampio. E’ sicuramente uno dei punti focali della costruzione di una squadra, ma non l’unico. E per far funzionare bene tutto, deve funzionare bene tutto il resto: l’allenatore da solo non basta.

Può essere più efficace uno rispetto ad un altro, si può funzionare meglio in un ambiente piuttosto che in un altro. Ma non si può fare tutto da soli. Ecco perché quindi le difficoltà che sono iniziate ad esserci con Sarri, che poi sono proseguite con Pirlo poi sono arrivate anche ad Allegri. In mezzo c’è la società, il mercato, le avversarie e i tuoi giocatori. Allegri avrebbe potuto fare meglio: certo che si. Ma il lavoro non può essere sempre e solo valutato attraverso un risultato (o 3).
E quindi perché sono arrivati ben due esoneri dopo appena 3 partite? La situazione era davvero così compromessa? Partiamo dal presupposto che un esonero è sempre un fallimento. Non solo dell’allenatore che viene sollevato dall’incarico. Ma di un progetto che deve essere accantonato, di un rapporto che si è sfilacciato. E in queste due categorie, probabilmente, rientrano i due esoneri di Cagliari e Verona.
A Cagliari, vi ricorderete, avrebbero voluto cambiare allenatore in estate. E’ stato corteggiato Juric, che poi è andato a Torino. Evidentemente già da allora il rapporto con Semplici non era oliato. E quando si inizia con questi presupposti il campionato non è mai una buona cosa. Le sconfitte (soprattutto quelle dolorose come l’ultima con il Genoa) possono risultare devastanti.

Certo il raziocinio inviterebbe a dire che allora la scelta si sarebbe dovuta fare in precedenza. Per iniziare un progetto nuovo, se non c’era abbastanza fiducia in precedenza. E’ stato confermato Semplici, si pensava durante il mercato, anche il rinnovo di contratto. Non è arrivato ed è arrivata la comunicazione della fine rapporto. Qualche segnale insomma c’era stato. Al di là dell’umoralità di alcune decisioni che da sempre hanno fatto parte del mondo del calcio e che non hanno mai lasciato la Sardegna.
Discorso diverso invece a Verona. Vista da lontano è sembrata più una mancanza di feeling piuttosto che un problema di risultati. L’eredità di Juric non era semplice e la “scommessa” Di Francesco era ponderata. Sul valore dell’allenatore non c’erano dubbi, nonostante le esperienze post-Roma non proprio positive. La strada che avrebbe voluto tracciare Di Francesco era secondo le sue idee e il suo carattere, come è giusto che fosse. Un approccio diverso da quello di Juric, ma non per questo meno efficace. Quello che è mancato, se l’addio è arrivato dopo appena 3 giornate e dopo delle prestazioni non certo scandalose, è stato il feeling. Per certi aspetti, se volete, anche la fiducia. L’innesto non ha attecchito. Mettiamola così: Di Francesco in questo mondo Verona non ha funzionato. E allora, per il bene comune, per evitare di trascinare un rapporto logorandolo e rischiando davvero di romperlo, meglio fare una scelta controcorrente e separarsi. Certo questa, immaginiamo, non sia stata una volontà da parte dell’allenatore. Che avrebbe voluto dimostrare il suo valore in una piazza ambiziosa. Ma le valutazioni di questi due primi mesi di lavoro hanno portato la dirigenza e la proprietà a una decisione tanto clamorosa quanto netta: cambio. Andando a prendere un allenatore con magari meno esperienza del suo predecessore, ma con un feeling (si augurano a Verona) che possa sbocciare in un rapporto costruttivo.
Dei tre giorni di Europa, ne manca uno. Il bilancio non è certamente positivo, ma dei segnali positivi ci sono. La Juve ha fatto quello che doveva fare, abbiamo rivisto un’Atalanta tonica, abbiamo visto le milanesi lottare (anche se perdendo) contro le due big del girone. Si sarebbe potuto raccogliere di più, avrebbe fatto bene anche al morale. E forse, davvero, questo è uno dei casi in cui bisogna guardare meno il risultato e più atteggiamento e prestazione.