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TMW RADIO - Bellinazzo: "Certi vincoli sui nuovi stadi sembrano pretesti per non fare nulla"
SCANNER: La casa dei club è diventato un crocevia nel processo di crescita imprenditoriale: la situazione
Con Giulio Dini, Francesco Benvenuti, Niccolò Ceccarini. In collegamento Marco Bellinazzo
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Marco Bellinazzo, giornalista de Il Sole 24 Ore, parla così del tema stadi nel corso del suo intervento a Scanner, trasmissione di TMW Radio: "Certi vincoli più che una tutela sembrano pretesti per non fare nulla. Ok, ci può essere una forma d'arte ma si deve pensare alla funzione sociale degli stadi, che possono rigenerare intere aree delle città, a differenza di vincoli storici che spesso lasciano il tempo che trovano".
Cosa pensa del caso Franchi?
"Ho l'impressione che si siano un po' incartati nella solita esigenza politica di non creare nuove strutture in determinate zone, perché magari non confacenti del tutto alle esigenze di chi ci abita: in certi disastri che solitamente accompagnano le opere pubbliche, con dispersione di denari e risorse, i vari comitati del no fioriscono. Gli stadi che si andranno a costruire non dovranno essere pensati solamente per la partita, e non per questo diventare centri commerciali, anche se lo sono già, ma entrare nel tessuto urbano offrendo servizi che non ci sono, aumentando il valore dell'area e fornendo elementi migliorativi sulla vita delle persone. A quel punto si potrebbero superare anche limiti architettonici e urbanistici".
Manca una volontà politica?
"Sinceramente ho sempre pensato di sì, e il mio sospetto in questi anni si è andato corroborando di tante esperienze... Sono poche le realtà delle grandi piazze che siano riuscite a dotarsi di uno stadio. Non sono un talebano dei nuovi stadi, ma in una città come Roma, se il progetto è del 2014, ci si aspetta una risposta definitiva, che sia sì o no. Se prevalgono gli interessi pubblici, l'opera si fa da un'altra parte. Il primo plastico è addirittura del 2012, e non possiamo accettare sia normale così. Questa zona grigia fa perdere tempo e crea disincentivo, visto che a Roma non avranno uno stadio nuovo almeno per i prossimi cinque anni".
Cosa pensa del caso Franchi?
"Ho l'impressione che si siano un po' incartati nella solita esigenza politica di non creare nuove strutture in determinate zone, perché magari non confacenti del tutto alle esigenze di chi ci abita: in certi disastri che solitamente accompagnano le opere pubbliche, con dispersione di denari e risorse, i vari comitati del no fioriscono. Gli stadi che si andranno a costruire non dovranno essere pensati solamente per la partita, e non per questo diventare centri commerciali, anche se lo sono già, ma entrare nel tessuto urbano offrendo servizi che non ci sono, aumentando il valore dell'area e fornendo elementi migliorativi sulla vita delle persone. A quel punto si potrebbero superare anche limiti architettonici e urbanistici".
Manca una volontà politica?
"Sinceramente ho sempre pensato di sì, e il mio sospetto in questi anni si è andato corroborando di tante esperienze... Sono poche le realtà delle grandi piazze che siano riuscite a dotarsi di uno stadio. Non sono un talebano dei nuovi stadi, ma in una città come Roma, se il progetto è del 2014, ci si aspetta una risposta definitiva, che sia sì o no. Se prevalgono gli interessi pubblici, l'opera si fa da un'altra parte. Il primo plastico è addirittura del 2012, e non possiamo accettare sia normale così. Questa zona grigia fa perdere tempo e crea disincentivo, visto che a Roma non avranno uno stadio nuovo almeno per i prossimi cinque anni".
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