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Le parole di Acerbi come quelle di Chiellini. Ma Sarri alla Lazio avrà più tempo per lavorare
Leggete con attenzione queste dichiarazioni. Sono quelle rilasciate nella serata di ieri da Francesco Acerbi, centrale della Lazio dopo la sconfitta in Europa League sul campo del Galatasaray: "Stiamo lavorando molto per amalgamare difesa, centrocampo e attacco che devono andare in sintonia. E’ il lavoro che stiamo facendo con Sarri si sa che ci vuole tempo. Cerchiamo di diminuire questo tempo, testa alta e bisogna dare qualcosina in più da parte di tutti oltre che lavorare con il sorriso. E’ anche una questione mentale perché ci metti talmente tanta anima per far bene quello che dice il mister che a volte cedi, vuoi fare una cosa in più e non riesci a fare quel che dovresti".
Queste invece, tornando indietro di circa due anni, solo le dichiarazioni che rilasciò Giorgio Chiellini, dopo qualche mese di lavoro con Sarri alla Juventus. Era il 3 dicembre 2019, in occasione della premiazione del Gran Galà della Serie A: "Le squadre di Sarri anche negli anni scorsi riuscivano a mantenere solidità difensiva quando riuscivano a mantenere alta intensità e pressione sulla palla lontano dalla porta. Quando, per vari motivi, si trovavano a difendere vicino alla propria porta si trovavano in difficoltà, perché è una ricerca costante di stare nell'altra metà campo anche in fase difensiva. Con Allegri, invece, era diverso: o si provava a recuperare subito la palla o si tornava indietro, difendendo dietro la linea della palla anche con otto o nove giocatori. Un modo di giocare che aveva vantaggi e svantaggi, perché chiaramente quando recuperi la palla più basso fai più fatica ad andare avanti. Ci stiamo lavorando, anche se c'è poco tempo perché giochiamo ogni tre giorni".
Sono dichiarazioni che hanno diverse passaggi in comune, che spiegano anche le difficoltà di una Lazio che dopo aver illuso - nella ripresa di Empoli e contro lo Spezia - di aver già appreso al 100% i dettami del suo allenatore è poi inciampata in due sconfitte, con la prestazione di Milano anche più infelice di quella di ieri.
Per Sarri ieri è stato fatto un passo avanti e non ha tutti i torti. Ma le difficoltà difensive sono evidenti, e al netto di un difensore centrale in più che sarebbe servito - eccome se sarebbe servito - c'è da fare i conti con una fase difensiva che più delle altre è cambiata. Venti, 30 anche 40 metri più avanti rispetto a quando c'era Inzaghi, una difesa che deve aggredire gli avversari con l'aiuto del centrocampo e scappare indietro solo come ultima alternativa, accettando a quel punto l'uno contro uno.
E' un'altra cosa. Un modo di difendere rispetto all'era Inzaghi, che deve necessariamente coinvolgere tutta la squadra per non mandare sistematicamente in difficoltà i difensori. A Napoli, soprattutto dalla seconda stagione in poi, si cominciarono a vedere i risultati. Alla Juventus Sarri - per sua stessa ammissione - ha invece presto alzato bandiera bianca.
Alla Lazio però è diverso: come a Napoli, non c'è l'esigenza di anteporre la vittoria a tutti i costi. Fin da subito. Ecco perché le parole di Acerbi, pur risuonando oggi come quelle di Chiellini di due anni fa, non saranno il prologo di un identico finale.
Queste invece, tornando indietro di circa due anni, solo le dichiarazioni che rilasciò Giorgio Chiellini, dopo qualche mese di lavoro con Sarri alla Juventus. Era il 3 dicembre 2019, in occasione della premiazione del Gran Galà della Serie A: "Le squadre di Sarri anche negli anni scorsi riuscivano a mantenere solidità difensiva quando riuscivano a mantenere alta intensità e pressione sulla palla lontano dalla porta. Quando, per vari motivi, si trovavano a difendere vicino alla propria porta si trovavano in difficoltà, perché è una ricerca costante di stare nell'altra metà campo anche in fase difensiva. Con Allegri, invece, era diverso: o si provava a recuperare subito la palla o si tornava indietro, difendendo dietro la linea della palla anche con otto o nove giocatori. Un modo di giocare che aveva vantaggi e svantaggi, perché chiaramente quando recuperi la palla più basso fai più fatica ad andare avanti. Ci stiamo lavorando, anche se c'è poco tempo perché giochiamo ogni tre giorni".
Sono dichiarazioni che hanno diverse passaggi in comune, che spiegano anche le difficoltà di una Lazio che dopo aver illuso - nella ripresa di Empoli e contro lo Spezia - di aver già appreso al 100% i dettami del suo allenatore è poi inciampata in due sconfitte, con la prestazione di Milano anche più infelice di quella di ieri.
Per Sarri ieri è stato fatto un passo avanti e non ha tutti i torti. Ma le difficoltà difensive sono evidenti, e al netto di un difensore centrale in più che sarebbe servito - eccome se sarebbe servito - c'è da fare i conti con una fase difensiva che più delle altre è cambiata. Venti, 30 anche 40 metri più avanti rispetto a quando c'era Inzaghi, una difesa che deve aggredire gli avversari con l'aiuto del centrocampo e scappare indietro solo come ultima alternativa, accettando a quel punto l'uno contro uno.
E' un'altra cosa. Un modo di difendere rispetto all'era Inzaghi, che deve necessariamente coinvolgere tutta la squadra per non mandare sistematicamente in difficoltà i difensori. A Napoli, soprattutto dalla seconda stagione in poi, si cominciarono a vedere i risultati. Alla Juventus Sarri - per sua stessa ammissione - ha invece presto alzato bandiera bianca.
Alla Lazio però è diverso: come a Napoli, non c'è l'esigenza di anteporre la vittoria a tutti i costi. Fin da subito. Ecco perché le parole di Acerbi, pur risuonando oggi come quelle di Chiellini di due anni fa, non saranno il prologo di un identico finale.
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