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Carr, lambrusco e delusioni

Carr, lambrusco e delusioni
lunedì 2 febbraio 2009, 00:002009
di Germano D'Ambrosio

Un caso particolare, quello di Franz Carr, colored inglese dall'incerta collocazione tattica: è considerato "meteora" sia in Italia che nel Regno Unito. Tanto che ancora adesso, quando sbarca in Premier League qualche trottolino senza piedi, c'è sempre qualcuno che esclama: "Ecco, è arrivato il nuovo Carr!". Humour velenoso, quello inglese. Ma cosa avrà mai combinato questo giocatore per guadagnarsi una fama del genere? Ecco com'è andata.

Franz Carr nasce il 24 settembre 1966 a Preston, grosso centro dell'Inghilterra nord-occidentale. Inizia a giocare a calcio nella vicina Blackburn, ma dopo la trafila nelle giovanili non riuscirà mai ad ottenere un posto in prima squadra con i Rovers. All'età di 18 anni, dunque, si trasferisce al Nottigham Forest (all'epoca in Premier League), dove si imbatte in un giovanissimo Des Walker, futura meteora della Sampdoria. La cessione di Carr, nell'agosto dell'84, frutta al Blackburn circa 25 mila sterline, cifra non trascurabile in quel periodo. Il debutto in Premier avviene il 12 ottobre del 1985, in occasione del match vinto per 2-1 contro l'Aston Villa. Il ragazzo, utilizzato come ala destra, mette subito in luce i pregi e i difetti che lo accompagneranno nel corso di tutta la sua carriera: grandissima velocità (in allenamento riesce a correre i cento metri in poco meno di 11 secondi), eccellente dinamismo, ma scarse capacità tecniche. Il tecnico Brian Clough è convinto che con la maturazione anche i piedi torneranno ad addolcirsi, tanto da consigliare la convocazione di Franz a Dave Sexton, il tecnico della Nazionale Under 21 inglese. E così il giocatore riesce pure a giocare con i Young Lions, debuttando il 9 settembre 1986 nell'amichevole contro la Svezia: seguiranno altre otto apparizioni, condite da un gol contro la Jugoslavia (il 10 novembre '87, è l'Under 21 di Paul Gascoigne). Con la maglia del Nottingham, Carr gioca con buona continuità almeno fino al 1989, quando le sue quotazioni iniziano a scendere. Nel gennaio del '90 viene ceduto in prestito per sei mesi allo Sheffield Wednesday, ma al suo ritorno il centrocampo del Nottingham, a cui nel frattempo si è aggiunto un certo Roy Keane, è più affollato che mai. Nel '91 un altro prestito: stavolta al West Ham, in seconda divisione, dove però gioca soltanto tre partite. Poco male, perché nel giro di pochi mesi il nostro Franz compie un (presunto) salto di qualità: per 250 mila sterline viene acquistato dal Newcastle, caduto due anni prima negli inferi della Championship ma desideroso di tornare ai fasti di un tempo. In realtà il club bianconero si salverà per un soffio dal baratro della Terza Divisione (grazie al ritorno di Kevin Keegan, in veste di allenatore), ma non certo per colpa di Carr, il quale infatti riesce a giocare solo le prime undici partite e le ultime tre della stagione, a causa di un brutto infortunio al ginocchio. L'annata 1992/93 - che si concluderà con il ritorno dei Magpies in Premier League - sembra iniziare invece sotto i migliori auspici: dieci presenze e un gol, nella prima parte della stagione. Poi Kevin Keegan, stanco di vedere il giocatore prodigarsi in cavalcate sulla fascia che si concludono con dei cross a dir poco sbilenchi, decide di metterlo sul mercato. Nel gennaio del '93 Franz si trasferisce di nuovo a Sheffield, ma stavolta sponda United, e a titolo definitivo (il Newcastle incassa solo 180 mila sterline dalla sua cessione). Qui il tecnico Dave Bassett lo trasforma in attaccante, ma con scarsi risultati: in un anno e mezzo di militanza, Carr segna quattro gol in 18 partite, e lo Sheffield nell'estate del '94 si ritrova retrocesso in Championship. Pochi mesi dopo il giocatore viene ceduto in prestito al Leicester City, che (dopo 13 presenze tutto sommato decenti) prima lo riscatta e poi lo cede all'Aston Villa a marzo. Ma qui il ragazzo è perennemente chiuso da Dwight Yorke e Savo Milosevic, e viene impiegato con il contagocce. La sua carriera sembra essere giunta in una pericolosa fase di flessione, e in questi casi non c'è niente di meglio che cambiare aria. A fine settembre '96, tra lo stupore generale, trova un ingaggio in serie A con la neo-promossa Reggiana. I tifosi emiliani, prevalentemente ignari di quali fossero i veri trascorsi del giocatore, non possono che sgranare gli occhi di fronte a questo "jolly offensivo" (così lo descrive il Corriere della Sera), prelevato da un club prestigioso come l'Aston Villa per aggiungere fantasia alla manovra d'attacco. Sarebbe bastato fare qualche ricerca su Google - strumento all'epoca ancora in fase di progettazione - per smorzare ogni entusiasmo.

Il tecnico Mircea Lucescu trova non poche difficoltà ad inquadrare tatticamente il nostro Franz. Di fatto è utilizzabile come ala, ma i suoi traversoni rischiano spesso di finire nel parcheggio dello stadio. Se schierato da attaccante assicura un certo dinamismo, ma poi davanti alla porta raramente la butta dentro. A risolvere il dilemma inizialmente ci pensa lo stesso Carr, che si auto-elimina infortunandosi poco dopo il suo arrivo in Italia e riesce a vedere il campo solo quando il calendario segna 1997. Ottavo straniero in rosa (ci sono anche i "soliti" Hatz, Beiersdorfer, Grun, Pacheco, Valencia e Sabau), l'inglese debutta il 6 gennaio contro il Perugia, giocando i cinque minuti finali e mettendo lo zampino sul gol del 3-1 ad opera di Parente. Stesso copione la domenica successiva contro la Fiorentina, quando Lucescu lo lancia come mezzapunta di supporto per Simutenkov al minuto 83. La velocità del ragazzo colpisce l'attenzione dei tifosi reggiani, che a gran voce chiedono al tecnico rumeno di schierarlo non solo quando il verdetto è ormai già scritto. E lui li accontenta. Contro l'Atalanta gioca ben 20 minuti, risultando però assolutamente impalpabile. Poi la grande occasione, il 26 gennaio contro la Juventus: Carr è addirittura titolare, e nei primi minuti si rivela come uno dei più pimpanti in campo. Ma i bianconeri si portano sul 2-0, le energie di Franz si esauriscono, e Lucescu a inizio primo tempo preferisce buttare nella mischia il treno Valencia. Con gli emiliani che agonizzano lentamente verso la B, per il brillante inglese - che al giornalino dei tifosi intanto confessa il suo amore per vino rosso e tagliatelle - trovare spazio in campo è un'utopia. Lo si rivede nei nove minuti finali di Reggiana-Udinese, il 23 marzo: un'apparizione totalmente inutile ai fini dello 0-0 conclusivo. L'ultima di Carr a Reggio (e in Italia) coincide con l'umiliante 6-1 beccato dalla Lazio all'Olimpico; pochi scampoli a fine partita, tanto per assaggiare l'aria primaverile di Roma. Conquistato lo status di 'bidone', non a caso a fine stagione è il Perugia a mettersi sulle sue tracce. Ma sarebbe stato troppo anche per Gaucci. Il giocatore a giugno finisce in prestito al Bolton, a far compagnia al meteorone Mark Fish. Perché, nel calcio, i bidoni più che di ferro sembrano fatti di magnetite.

A 31 anni, Carr comincia ad essere vecchiotto anche per il campionato inglese. L'esperienza con il Bolton non dà i frutti sperati (5 presenze come centrocampista, mai da titolare), e nel febbraio del '98 il giocatore si sposta a titolo definitivo al West Bromwich Albion, in Championship. Ma neanche i ritmi più blandi della Seconda Divisione riescono a farne emergere le qualità. In estate l'ultimo colpo di scena: Carr emigra verso gli Stati Uniti, partecipando alla "fondazione" sportiva del Pittsburgh Riverhounds, club iscritto alla A-League (la serie B americana). E' proprio in Pennsylvania che il nostro Franz pone fine alla sua ingloriosa carriera. Tornato in Inghilterra si trasferisce nel Derbyshire, a pochi chilometri da Nottingham (l'unica città ad avergli tributato qualche soddisfazione da giocatore), e con alcuni amici fonda la "Franz Carr Management". Sì, avete capito bene: diventa procuratore di calciatori. Assurdo. Attualmente Carr non risulta iscritto presso l'albo Fifa degli agenti, ma pare abbia diversi assistiti tra le giovanili dei club della zona. Risulta difficile immaginarci come verranno su, questi talenti in erba. Forse, se avremo fortuna, riusciremo a non scoprirlo mai.