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Cacia: "Il calcio è un business. Non vorrei essere nei panni di chi dovrà decidere"
Un momento particolare per il mondo, di conseguenza anche per il calcio, con l'Italia che, a differenza di altri paesi, sta faticando a trovare una via di uscita: mille le incertezze, ma domani il Consiglio Federale potrà deliberare in un senso o nell'altro.
A ogni modo, un parere sull'attualità, è stato richiesto, dai microfoni di TuttoMercatoWeb.com, allo svincolato Daniele Cacia, che fino a dicembre ha vestito la maglia del Piacenza.
Il calcio ha risentito della pandemia ma, a differenza di altre aziende che stanno ripartendo, vive ancora nell'incertezza. Che idea ti sei fatto della situazione?
"E' un momento difficile non solo per il calcio ma per tutte le attività del paese, ed è normale che il mondo del pallone sia passato in secondo piano, anche se in Italia ha un giro di business molto importante e tutti i giorni ne vengono fuori delle nuove. Però, anche se si intravede un piccolo spiraglio di luce, non è la cosa più importante in questo momento".
Non è quindi giusto parlare della possibile ripartenza?
"Non dico questo. Anzi, su questo tema fatico a dire la mia, perché se da un lato da giocatore vorrei ripartire, dall'altro non conosco le reali condizioni sanitarie del paese e i protocolli per dire se è davvero possibile una ripartenza: la decisione da prendere non è facile, e non vorrei essere nei panni di chi dovrà esporsi".
Dici "da giocatore": ma degli svincolati, che potevano accasarsi entro il 31 marzo, non ne parla nessuno. Si parla solo di contratti in essere.
"Chi aspettava come a casa una chiamata, è passato adesso in quarto, se non quinto, piano. Nonostante questo, io mi ritengo tra i fortunati, ai giovani è andata peggio: a ogni modo penso anche al futuro, perché sto bene e non ho intenzione di smettere, sarebbe un peccato. Ma valgono sempre i paletti che mi ero messo, accetterò solo una Serie B, altrimenti smetterò, come dissi quando rescissi con il Piacenza".
A proposito di Piacenza, ti aspettavi la situazione attuale in casa biancorossa?
"Onestamente no, non mi aspettavo una situazione di questo genere, ma chi gestisce la programmazione spero abbia avuto dei buoni e validi motivi per agire così, spero ci abbiano visto lungo soprattutto in caso di ripresa del campionato. Undici giocatori in rosa comunque credo li abbiano, andranno avanti così fino a fine stagione".
Hai giocato poco in C, ma come hai visto questa categoria?
"Sono stato in C nell'ultimo anno e mezzo, ed è la categoria più difficile per quanto riguarda la gestione, i costi, gli stimoli, le strutture: ho visto realtà che credevo esistessero solo in Prima Categoria, serve rivedere il concetto di professionismo e tornare a una C blasonata come qualche anno fa. IL calcio non si inventa, va rimodernizzato in qualcosa, e il semiprofessionismo potrebbe essere un'idea valida".
A ogni modo, un parere sull'attualità, è stato richiesto, dai microfoni di TuttoMercatoWeb.com, allo svincolato Daniele Cacia, che fino a dicembre ha vestito la maglia del Piacenza.
Il calcio ha risentito della pandemia ma, a differenza di altre aziende che stanno ripartendo, vive ancora nell'incertezza. Che idea ti sei fatto della situazione?
"E' un momento difficile non solo per il calcio ma per tutte le attività del paese, ed è normale che il mondo del pallone sia passato in secondo piano, anche se in Italia ha un giro di business molto importante e tutti i giorni ne vengono fuori delle nuove. Però, anche se si intravede un piccolo spiraglio di luce, non è la cosa più importante in questo momento".
Non è quindi giusto parlare della possibile ripartenza?
"Non dico questo. Anzi, su questo tema fatico a dire la mia, perché se da un lato da giocatore vorrei ripartire, dall'altro non conosco le reali condizioni sanitarie del paese e i protocolli per dire se è davvero possibile una ripartenza: la decisione da prendere non è facile, e non vorrei essere nei panni di chi dovrà esporsi".
Dici "da giocatore": ma degli svincolati, che potevano accasarsi entro il 31 marzo, non ne parla nessuno. Si parla solo di contratti in essere.
"Chi aspettava come a casa una chiamata, è passato adesso in quarto, se non quinto, piano. Nonostante questo, io mi ritengo tra i fortunati, ai giovani è andata peggio: a ogni modo penso anche al futuro, perché sto bene e non ho intenzione di smettere, sarebbe un peccato. Ma valgono sempre i paletti che mi ero messo, accetterò solo una Serie B, altrimenti smetterò, come dissi quando rescissi con il Piacenza".
A proposito di Piacenza, ti aspettavi la situazione attuale in casa biancorossa?
"Onestamente no, non mi aspettavo una situazione di questo genere, ma chi gestisce la programmazione spero abbia avuto dei buoni e validi motivi per agire così, spero ci abbiano visto lungo soprattutto in caso di ripresa del campionato. Undici giocatori in rosa comunque credo li abbiano, andranno avanti così fino a fine stagione".
Hai giocato poco in C, ma come hai visto questa categoria?
"Sono stato in C nell'ultimo anno e mezzo, ed è la categoria più difficile per quanto riguarda la gestione, i costi, gli stimoli, le strutture: ho visto realtà che credevo esistessero solo in Prima Categoria, serve rivedere il concetto di professionismo e tornare a una C blasonata come qualche anno fa. IL calcio non si inventa, va rimodernizzato in qualcosa, e il semiprofessionismo potrebbe essere un'idea valida".
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