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Diamanti: "Gioco per la gloria. Nella mia carriera ho sempre fatto di testa mia"TUTTO mercato WEB
mercoledì 1 giugno 2022, 16:23Serie A
di Micol Malaguti

Diamanti: "Gioco per la gloria. Nella mia carriera ho sempre fatto di testa mia"

Intervistato ai microfoni di Radio Nettuno Bologna Uno, il recentissimo campione d'Australia, Alessandro Diamanti, ha ripercorso le tappe più importanti della sua carriera calcistica, dagli albori alla maglia della Nazionale. Di seguito le sue parole.

Da qualche giorno sei campione d'Australia con il tuo Western United. Quali sono le tue vibes per questo traguardo?
"Siamo veramente felici, abbiamo fatto un percorso incredibile. Al solo terzo anno di vita del Club siamo riusciti a vincere il campionato e questa è una grande soddisfazione. Quando si inizia un Club da zero ci vuole tanto lavoro e tanta passione, quindi questo traguardo è una soddisfazione enorme per tutti. Sono felice per me, per i miei compagni e per tutti quelli che hanno lavorato a questo obiettivo che per noi è un punto di partenza: siamo molto ambiziosi".

Facciamo un passo indietro: Come ti sei avvicinato al calcio?
"Io sono cresciuto in un campo da calcio. Mio nonno aveva un centro sportivo e io giocavo a calcio dalla mattina alla sera in più mio padre faceva l'allenatore: sono cresciuto a pane e calcio. I primi passi li ho fatto da mio nonno a Santa Lucia, poi sono andato a Prato e dopo ho iniziato a girare... Ho giocato a calcio per tutta la vita".

Nel 2006/2007 arriva l'offerta del Livorno. Come fu quel triplo salto dalla C2 alla Serie A?
"Io trovai più facile la serie A perché in serie C ti picchiano, c'è meno qualità e per un giocatore come me era difficile. In serie A, in un campionato più tecnico, mi sono trovato meglio. Ho dovuto lavorare tanto il primo anno per ottimizzare la mia forza fisica, ma una volta raggiunta quella ho trovato più mia la Serie A che la C".

Come hai vissuto gli anni da protagonista a Livorno e che legame hai con la città?
"Sicuramente un legame molto stretto... Lì sono cresciuto, è nata la mia prima figlia, ho ottenuto la mia prima vittoria importante e sono sempre stato l'idolo dei tifosi. E' stato un inizio importante per me, io e la città ci siamo trovati. Lì ho trovato tanti compagni importanti che mi hanno accolto sotto la loro ala e sono stati due anni che ricordo con molto affetto".

Nel 2009 arriva il West Ham. Come fu la prima esperienza all'estero della tua carriera?
"Fu un'esperienza diversa, il campionato inglese non era quello di adesso. Il calcio era molto più fisico, non ci si fermava mai, c'erano tanti allenatori inglesi e nelle prime 10/12 partite ho faticato molto perché nonostante stessi bene fisicamente non avevo capito il tipo di calcio. Col passare del tempo mi sono ambientato, ho capito come muovermi in campo e sono riuscito a fare uscire le mie qualità concludendo un'annata pazzesca con 10 gol in attivo, da centrocampista".

Quanto ti senti di essere migliorato quell'anno?
"Sono migliorato perché ho vissuto un calcio molto fisico che mi ha dato un bagaglio di fisicità importante quindi quando sono tornato in Italia ero più pronto ai duelli che mixavo alla tecnica".

Nel 2010 passi al Brescia, squadra che ti permette di entrare anche nel giro della Nazionale... Come fu quell'annata?
"Dal punto di vista personale fu un anno importantissimo, ma la squadra non era pronta per la serie A, anche se ai giorni d'oggi con quella squadra ci saremmo salvati tranquillamente. Io tornai in Italia per raggiungere il sogno della Nazionale e visto il risultato fu un'annata davvero significativa per me".

Nel 2011 arriva il Bologna. Che cosa ha significato per te l'esperienza in rossoblù?
"Tutti sanno quanto sono legata a Bologna, è la città dove vivo in Italia e quelle sono state le annate più importanti della mia carriera. Quando Bisoli mi chiamò, nonostante le richieste di altre squadre decisi subito per Bologna... C'ero stato vicino anche in precedenza e credo fosse un segno del destino. E' stata una bella storia d'amore".

Negli anni Bolognesi hai formato alcuni dei tridenti d'attacco più amati dal tifo felsieno. Come hai dialogato con giocatori come Ramirez, Di Vaio e Gilardino?
"Giocare coi giocatori forti è più facile... Ricordo il primo anno quando i giornalisti avevano il dubbio sul fatto che io e Ramirez potessimo o meno giocare insieme. Alla fine giocavamo l'uno per l'altro e per far fare gol a Marco. Ci completavamo, anche perché avevamo alle spalle un centrocampo importante che ci sosteneva. Era una squadra fatta per non retrocedere ma alla fine trovammo con Pioli una bella alchimia e arrivammo noni".


In quegli anni sei stato anche capitano. Come hai vissuto l'onere di indossare quella fascia?
"E' sempre stato un onore per me. Io poi sono quasi sempre stato capitano nelle mie avvenute ma penso che la fascia di capitano sia sì importante, bensì io sono sempre stato un leader a prescindere da quella. Le responsabilità e le pressioni sono maggiori ma ho sempre combattuto per i colori e per la città, ovunque sia stato. Sono sempre uscito dal campo con la maglia sudata..."

Che cosa ti ha legato a Bologna in quegli anni?
"Io sono stato così bene Bologna da mettere su casa. E' un luogo dove si vive bene, è una città d'artisti e con la mia famiglia ho deciso di mettere le nostre radici italiane a Bologna. Siamo contenti della nostra scelta".

Nel 2014 passi in Cina. Come fu quel cambiamento totale di vita professionale e privata?
"Fu un cambiamento strano... Forse non ero nemmeno tanto pronto per fare un'esperienza come quella in Cina, ma dopo aver fatto una certa scelta è necessario portarla in fondo. Sono andato la dove ho vinto un campionato, mi sono divertito e ho guadagnato un'ulteriore bagaglio di esperienza. Ma se a quasi 40 anni mi si chiede se ero pronto ad andare, rispondo forse no".

Dal 2015 torni in Europa. Hai sentito un particolare gap tra il campionato cinese e quello nostrano?
"No, le persone parlano della Cina e degli altri campionato da ignoranti, per lo meno la maggior parte. Il calcio di adesso è molto meno tecnico e molto più fisico, e al giorno d'oggi se non stai bene fisicamente non puoi giocare né in Cina né in Italia. Io quell'anno li sono stato fortunato perché Prandelli non mi chiamò al Mondiale ma secondo me fu una scusa. Ora per fortuna questa teoria del campionato estero è un po' cambiata ma ricordo che quando venni via dalla Premier League lo feci per tornare in Italia e raggiungere la Nazionale perché l'allora ct Lippi non riteneva il campionato inglese idoneo al giocare in Nazionale".

Gli anni a Bologna ti hanno permesso di rimanere in pianta stabile in maglia azzurra: com'è stato vestirla?
"Io ho avuto la fortuna di stare in un gruppo straordinario e indossare quella maglia, e ho sempre cercato di mantenere alta la bandiera del Bologna, cosa che mi faceva stare bene".

Ci racconti i momenti più iconici del tuo percorso in nazionale?
"E' difficile ricordarne alcuni in particolare. Per me anche stare in panchina e andare a Coverciano è sempre stato bello, poi è chiaro che il momento del rigore con l'Inghilterra è stato importantissimo..."

Chi ti ha aiutato a crescere maggiormente nel calcio?
"Ci sono state tante persone che hanno cercato di darmi una mano. Parto dalla mia famiglia e da mio nonno e mio padre che calcisticamente mi hanno inculcato i veri valori. Poi cito il direttore Gianluca Nani che mi portò al West Ham, Pierpaolo Bisoli che è sempre stato una persona importante per me, Stefano Pioli con il quale a Bologna avevo un rapporto speciale e che mi ha fato diventare un giocatore che la domenica poteva fare la differenza".

Sei il perfetto fantasista un ruolo che sta scomparendo nel calcio moderno... Cosa ti da maggiore eccitazione quando sei in campo?
"Un ruolo che è scomparso, possiamo dirlo. Quando sono in campo mi piace tutto, ritorno bambino. Alla mia età gioco per la gloria, per lo stare con i compagni, non certo per soldi... Qua in Australia ho ritrovato l'essenza del calcio".

Che messaggio speri di aver lasciato con la tua storia sportiva?
"Io non voglio lasciare nessun messaggio. Ho fatto la mia professione in maniera abbastanza singolare: ho sempre sfidato tutte le persone negative, ho sempre odiato quelli che si lamentavano, ho sempre pensato con la mia testa e fatto tutto con grande passione. In una carriera di 23 anni qualcosa sbagli, qualcosa non eri pronto a farla... Ma questi sono errori che fanno parte di una percorso e io ai miei ragazzi cerco di insegnare che cos'è davvero giocare a calcio, i veri valori che ti porti dietro tutti i giorni come passione e rispetto".